Di padre (o madre) in figlio, nelle Marche 23mila aziende fanno i conti con il giro di boa. Le incognite del cambio generazionale

Una fabbrica metalmeccanica: nelle Marche c'è un problema di passaggio generazionale
Una fabbrica metalmeccanica: nelle Marche c'è un problema di passaggio generazionale
di Maria Teresa Bianciardi
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Venerdì 20 Agosto 2021, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 17:20

ANCONA - Prima o poi il momento arriva. E quando arriva, non sempre si è preparati all’ineluttabile: chiamasi passaggio generazionale e le aziende marchigiane lo conoscono bene. Il 71% delle piccole imprese con oltre tre addetti sono a conduzione familiare, tramandano la gestione di padre (o madre) in figlio e di nipote in pronipote, quando il percorso è lineare e le scelte personali collimano con il benessere dell’azienda. Altrimenti il futuro è tutta una salita, con ostacoli e impedimenti che spuntano ad ogni curva.

 
Gli ostacoli
Qualche esempio? Fondatori che, pur in “pensione”, non lasciano realmente spazio agli eredi, conflitti tra familiari, figli talvolta non idonei al nuovo ruolo che iniziano la loro carriera dal vertice pur non avendo una formazione adeguata.

Un’analisi significativa se si considera il tessuto produttivo del territorio marchigiano: secondo i dati più recenti dell’Istat, il 71,1% delle imprese marchigiane con oltre 3 addetti - pari a oltre 23.300 aziende - è controllata da una persona fisica o da una famiglia e quasi un quinto di queste (18,3%) tra il 2013 e il 2023 ha affrontato o affronterà il passaggio del testimone. La società Studio Temporary Manager Spa ha condotto un’indagine per identificare le difficoltà maggiori incontrate in questo percorso di inevitabile cambiamento. 


La mappa 
A livello provinciale, al primo posto per incidenza c’è Macerata dove il 21,6% delle imprese con oltre 3 addetti controllate da una persona fisica o da una famiglia tra il 2013 e il 2023 si è trovata o si troverà a fare i conti con il passaggio generazionale. Seguono Ancona (18,4%), Ascoli Piceno (17,5%), Pesaro e Urbino (16,9%) e Fermo (16,1%). « Una fase delicata in quanto alla terza generazione sopravvive solo il 15-20% delle imprese - dicono gli esperti della società -. Per questo sarà importante capire se gli imprenditori sapranno gestire al meglio questa fase di transizione e se i figli saranno all’altezza dei loro genitori per garantire la continuità aziendale».A livello nazionale si vede come la motivazione principale di chi ha lasciato le redini dell’azienda è l’età ed avviene mediamente a 72 anni. 


Cosa succede
Ma c’è anche chi lo ha fatto per una questione di stanchezza generale, su pressione dei figli, costretto da problemi di salute o da morte prematura. «In ogni caso, per il 63% dei manager intervistati si è trattato di un passaggio complesso, a causa di conflitti importanti con i familiari, di un’attività non pianificata con largo anticipo, dell’incapacità da parte dell’imprenditore di gestire questa fase o per l’inadeguatezza della nuova figura, non all’altezza del ruolo». Un aspetto importante riguarda proprio la gestione del passaggio: solo il 39%, infatti, si affida a manager esterni esperti, mentre in circa la metà dei casi viene gestito direttamente dall’imprenditore senza l’aiuto di persone esterne (31%) o al massimo con il supporto di una persona di fiducia (non esperta). In media dunque, dopo due anni dal passaggio un terzo delle imprese registra un peggioramento a livello generale e il 40% nel rapporto e gestione dei dipendenti. 


Il giro di boa
Ma la situazione cambia quando il passaggio viene pianificato (anche con l’aiuto di esperti) e gli eredi ricevono una formazione adeguata al loro ruolo: oltre a eguagliare i propri genitori, migliorano le performance aziendali. La formazione, dunque, resta il punto di forza e anche il tallone di Achille delle aziende marchigiane a conduzione familiare: «Per mantenere questa peculiarità e fondamentale pianificare con netto anticipo il passaggio generazionale. Oggi solo il 15% dei titolari di azienda lo mette in pratica».

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