L'Angelo dei boschi: «Io, che ballo con i lupi». Il racconto di Giuliani, per lui salvare gli animali non è solo un lavoro

Angelo Giuliani
Angelo Giuliani
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Domenica 14 Febbraio 2021, 09:35 - Ultimo aggiornamento: 09:36

ANCONA - Nella favola bella di Angelo i lupi non fanno paura e i caprioli salutano. E c’è la superba Elena che, caduta in disgrazia per un boccone avvelenato, riapre i suoi due metri e trenta di ali e torna a librarsi nel cielo. Fiera, come solo un’aquila reale sa essere. Seguendo un filo più emozionale che scientifico, il paladino della fauna selvatica indica il passaggio per entrare nel suo mondo, che pare incantato: «Ho permesso al cervello di captare le sensazioni». Premessa indispensabile per non perdere il senso che Angelo Giuliani, sociologo economico, da sempre concentrato su paesaggi agresti e sviluppo sostenibile, dà all’ordine naturale. 

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La necessità 


In principio, c’è il suo sguardo attento e sensibile, che lui definisce imprinting, sul lupo italiano. Che arriva persino a un passo dal mare. Perché, spiega da responsabile del Cras regionale, il Centro recupero animali selvatici, «la biologia determina le loro scelte, la cultura quella degli umani». Va dove ti porta la necessità, la semplicità primordiale che è sintesi e logica pura. Quella ragion d’essere che le trasformazioni spazzano via. Come l’agricoltura intensiva che cancella la biodiversità - il grano, l’orzo e l’avena - lasciando campo libero all’anarchia degli elementi. Esaspera i toni: «Arriva l’imboschimento». Coglie le sfumature: «Cambiano i cromatismi che l’ammantano». Poi converte la poesia in effetti collaterali. Lepri, quaglie e uccellini cedono passo e terreno ai caprioli che scendono dal nord-ovest e a lupi e gatti selvatici che salgono da sud. «E l’uomo che fa? Subisce senza osservare».


Lo zampino


La favola bella di Angelo è consapevolezza innanzitutto. «Ricordo quel lupo raccolto nel 2002 in una galleria tra Cattolica e Pesaro, a mille metri dal mare.

Non era certo lì per fare una passeggiata. Cercava prede». Nella formula che enuncia c’è lo zampino, pesante, dell’uomo: lo spopolamento delle aree interne, la super urbanizzazione delle zone costiere che cambia il paesaggio, fino a rinaturalizzarlo. «Oggi i lupi sono a Pesaro, Gabicce, Gradara». Nei numeri cerca la prova delle sue convinzioni: «Nel 1960 in Italia erano tre milioni gli ettari di superficie di foresta, nel 2020 sono arrivati a 14 milioni». Fortuna l’Operazione San Francesco, parola di esperto, la prima campagna a livello nazionale per salvaguardare il lupo. Un’impresa all’avanguardia, era il 1970. Poi nel ‘73 si arrivò alla protezione totale della specie. Mai più bocconi avvelenati e tagliole. La strada era aperta: nel ‘77 s’imponeva lo status della fauna selvatica quale patrimonio indisponibile della collettività. Concetto che nel 1992 si rafforzava con una legge, la 157 dell’11 febbraio. Protezione e conservazione, imprescindibili corollari. Torna a stringere il campo sulle Marche. 

«Nel 1999 - sistema le tessere del mosaico Giuliani - ero un dirigente tecnico dell’Asur di Urbino e venni chiamato a costruire all’interno del servizio veterinario l’osservatorio epidemiologico della fauna selvatica. L’obiettivo era quello di monitorare e studiare le relazioni con gli umani». Nasceva quello che fu tra i primi Cras d’Italia, in collaborazione con la Provincia di Pesaro-Urbino che, quando nel 2015 uscì dalla scena istituzionale, come tutte le altre d’Italia, passò le competenze alla Regione. «Nel 2018 venni convocato di nuovo, questa volta a Palazzo Raffaello per creare il Cras Marche». Dalla genesi Giuliani passa agli effetti: «Abbiamo scritto la carta sui rischi stradali, che ottenne pure un riconoscimento europeo, implementato le banche dati degli istituti scientifici e contribuito a migliorare l’informazione sanitaria, soprattutto sulle zoonosi, le malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo. L’attualità del Covid dà la misura dell’essenzialità». Non cede all’amarezza. «Il nostro lavoro, nel silenzio generale, ha un peso sociale». Rammenta: «La peste suina è alle porte d’Italia. L’influenza aviaria è sempre una minaccia. Siamo presidio del territorio. La conservazione di molte specie, patrimonio indispensabile per la biodiversità».
Angelo cambia il verso alle favole. Con la storia di Furlo, il cucciolo di lupo perso dalla madre, che lo teneva in bocca, mentre attraversava una strada. Un automobilista lo raccolse e lo portò dentro il centro abitato di Furlo, dove venne sistemato in una scatola da scarpe. «Ero al ministero dell’Agricoltura, arrivai in tre ore e mezzo e mi consegnarono quella scatola. Quel piccolo essere era già svezzato, era un lupo e tale doveva rimanere». Vietato addomesticarlo, questo era l’imperativo. «Fu affidato alle cure di Paolo Del Grande, prof dell’università di Urbino. Poi, una volta cresciuto, lo portammo nell’area faunistica del Parco della Maiella». Era il 2003. Furlo visse altre dieci anni. «Quando andavo a trovarlo mi guardava dritto negli occhi con la coda alta, per segnare il territorio. Poi l’abbassava, in segno d’amicizia». 


Il laccio d’acciaio 


Sfata la leggenda del cattivo, Giuliani: «È un concetto umano». Dall’antropologia arriva alle ragioni della biologia. E aggiunge un altro nome nello scrigno delle sue fiabe da narrare: Ginevra. Era il 26 ottobre del 2019 quando venne investita in provincia di Macerata. Dopo mesi di cure presso il centro di Monte Adone, la giovane lupa venne rilasciata, con indosso un radiocollare Gps, in un luogo vicino a quello dove fu ritrovata. Da lì riprese il viaggio alla ricerca d’un suo territorio. Una “migrazione”, che dal Monte San Bartolo l’ha condotta fino al delta del Po. In 353 giorni di libertà ha percorso più di 2.200 chilometri. Lungo la via ha incontrato Darko e Valentino, padre e figlio, che il 30 aprile del 2020 sono rimasti bloccati in una trappola, un laccio d’acciaio al collo, a Tavullia. Recuperati dal Cras anche loro sono stati restituiti alla libertà. «Valentino si vede spesso passare di qui, davanti al Cras. A salutarci». Nella favola bella di Angelo i lupi non fanno paura.
 

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