Due ospedali da campo ad Ancona e Jesi e altri 70 letti a Torrette

Due ospedali da campo e altri 70 letti a Torrette
Due ospedali da campo e altri 70 letti a Torrette
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Martedì 17 Marzo 2020, 05:40

ANCONA  - L’emergenza sanitaria è un’onda che rischia di travolgere Torrette. Per fronteggiare la marea montante di pazienti e non annegare, i vertici dell’Azienda ospedaliera sono stati costretti a uno sforzo organizzativo senza precedenti. Ieri il Collegio di direzione ha approvato l’ennesima delibera che rivoluziona il presidio sanitario regionale, seguendo un percorso ormai delineato: snellire l’attività ordinaria per concentrare risorse e personale nella battaglia contro il Coronavirus, salvaguardando l’apparato dell’emergenza-urgenza. 

Il primo step è stato l’allestimento di un ospedale da campo nel piazzale esterno del Pronto soccorso, qui dove già era stato realizzato il pre-Triage: il montaggio dei 10 moduli da parte della Protezione civile e dell’ufficio tecnico terminerà oggi e da domani sarà operativa quest’area di biocontenimento dedicata ai pazienti sospetti, in attesa di risposta del tampone. I tendoni, simili a quelli usati per le gestire le emergenze da terremoto o calamità naturali, fungeranno da filtro per consentire l’ingresso all’ospedale solo dopo il referto definitivo. Conterrà 32 posti, ma si conta di utilizzarne solo una ventina per rispettare le distanze e scongiurare il rischio di contagi. Un altro mini-ospedale da campo è in corso d’allestimento all’ospedale di Jesi con sei posti letto per l’assistenza di pazienti non-Covid. 

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La maxi metamorfosi a Torrette non finisce qui. La task force coordinata dal dottor Alfredo Cordoni, direttore sanitario degli Ospedali Riuniti, ha approvato un progetto che entro la settimana produrrà altri 70 posti riservati a soggetti infettati dal Coronavirus. Verranno liberati sia il quinto piano sia il sesto, quello destinato al futuro Salesi (a proposito: per cause di forza maggiore sono slittati i lavori di realizzazione della nuova rampa nei pressi del piazzale ora occupato dall’ospedale da campo). Diventeranno a tutti gli effetti Covid Hospital: 48 posti verranno allestiti al quinto piano, sotto il coordinamento della dottoressa Lina Zuccatosta, primario di Penumologia, con una forma d’assistenza a diversa intensità per pazienti stabili o non fortemente sintomatici e pazienti che, invece, richiedono cure maggiori, pur senza ventilazione invasiva. È stato scelto il corpo U in modo da razionalizzare spazi e collegamenti, non disperdere personale, minimizzare il rischio di contagio e utilizzare gli stessi percorsi codificati con il sesto piano, dove sono stati allestiti altri 22 posti letto, trasferendo l’Urologia nel gruppo delle Chirurgie (d’urgenza, generale, dei trapianti e senologica).

Le due Neurochirurgie e la Maxillo-facciale che si trovavano al quinto piano, invece, sono state messe in continuità con l’Ortopedia traumatologica, ovviamente con una riduzione di posti che ha riguardato anche la Chirurgia e Medicina vascolare e la Cardiochirurgia. Grazie a questa rivoluzione, salgono a 190 i posti letto riservati ai Covid-pazienti, considerando i 49 dell’intero padiglione delle Malattie Infettive, gli 11 della terapia semi-intensiva al Pronto soccorso, i 18 della Rianimazione, i 22 del Blocco operatorio (di cui, però, solo 12 sono stati attivati, in attesa dell’arrivo de ventilatori promessi alla Regione Marche) e i 20 (estendibili a 32) dell’ospedale da campo. Il problema è che gli spazi creati per l’emergenza rischiano di saturarsi presto: fino a ieri mattina, infatti, erano circa 120 i pazienti infettati dal virus dislocati nei vari reparti e il numero, purtroppo, è destinato a crescere. Proprio per questo a Torrette aspettano come una manna dal cielo parte dei 38 ventilatori destinati agli ospedali marchigiani, mentre si studiano sperimentazioni anti-virus in tandem con l’Univpm che sta potenziando le linee di ricerca, ma anche con l’associazione cinese con cui da tempo sono stati avviati scambi in ambito medico: si lavora sia sul materiale a disposizione, sia sulle collaborazioni scientifiche. 

Intanto, resta sentito il problema della carenza di mascherine e dispositivi di protezione individuali: Giuseppino Conti, presidente dell’Opi (Ordine delle professioni infermieristiche) di Ancona ha inviato alla Prefettura, al governatore Ceriscioli, al Gores, alla direzione dell’Asur e degli Ospedali Riuniti una lettera in cui evidenzia le «disfunzioni del programma di intervento in sanità che rischia di vanificare l’enorme lavoro degli infermieri impegnati senza sosta nelle strutture di accoglienza e cura» e la «drammatica carenza di dispositivi di protezione individuale, in particolare mascherine.

Sono molti gli operatori ad aver contratto il virus e altri se ne aggiungeranno se il personale non sarà fornito della necessaria dotazione, a questo punto vitale. Perdurando la carenza, si rischia di decimare il personale. Occorre un approvvigionamento adeguato: diversamente - conclude - non saremo in grado di offrire il nostro contributo». 

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