ANCONA - Quante volte abbiamo sentito parlare di arretramento della ferrovia della linea Adriatica durante la campagna elettorale? E naturalmente anche dell’Alta velocità: con le urne alle porte un Tgv, train grande vitesse come lo chiamano i francesi, non si negava a nessuno. Tranquilli: se qualcuno si fosse mai illuso, non esistono studi di fattibilità sulla linea Adriatica.
La doccia gelata è arrivata dalla recente visita dei vertici della Regione all’amministratore delegato di Rfi, Vera Fiorani.
Se veramente la Regione però vuole guardare avanti l’obiettivo non può che essere quello dei treni superveloci: da 200 a 350 chilometri orari. Cosa diceva lo studio dell’Ordine degli Ingegneri? Intanto c’era una premessa politica ma apartitica. «Il tracciato proposto interessa il territorio della Regione Marche, ma il successo di tale progettualità dovrà essere obbligatoriamente ricercato nel coinvolgimento delle altre Regioni della fascia medio adriatica». E tecnicamente? «Il tracciato per l’Alta velocità - spiegava lo studio - è stato individuato ricercando il minor impatto ambientale possibile (tracciato in buona parte in galleria) e riducendo quanto più possibile il ricorso all’impiego di viadotti e l’eventuale disturbo alle aree abitate. Il progetto prevedeva tre stazioni di Alta velocità: Ancona-Vallata Esino, Pesaro Av e Ascoli-Vallata del Tronto. Il progetto contemplava anche l’utilizzo del Treno-tram, tipo metropolitana di superficie, per tutti i collegamenti interni da e per le tre stazioni Av.
Perché il treno tram? «Perché è un sistema di trasporto pubblico - dicono gli ingegneri - effettuato con veicoli ferroviari in grado di percorrere anche percorsi tranviari cittadini per ottenere maggiore flessibilità e convenienza adattando la velocità al tipo di percorso». La stima è che l’Alta velocità significherebbe un aumento del Pil del 6-7%, la valorizzazione turistica della costa con conseguente aumento occupazione ed aumento del valore degli immobili. Oltre a una maggiore connessione costa-entroterra con aumento della produttività legata anche alle piccole e medie attività dell’entroterra. Domanda: quanto potrebbe costare uno scherzo di questo genere? Gli ingegneri citano fonti ministeriali secondo cui un chilometro di Alta velocità costa 55 milioni di euro. Moltiplicato per 160 chilometri di litorale fa circa 10 miliardi di euro. Una cifra molto alta a fronte di tempi che secondo l’Ordine degli Ingegneri, sarebbero stimabili in tre anni per le progettazioni e le autorizzazioni e dieci per l’investimento. Necessariamente. Considerata la serietà e la competenza degli interlocutori è un progetto realisticamente visionario e affascinante. E ora attenzione alla domanda più importante: chi nelle Marche si sente di sposare questa causa che cambierebbe il volto della nostra regione?