Alta Velocità antivirus della crisi. Annunci tanti ma fatti zero. Ma le Marche adesso ci ripensano

Alta Velocità antivirus della crisi. Annunci tanti ma fatti zero. Ma le Marche adesso ci ripensano
Alta Velocità antivirus della crisi. Annunci tanti ma fatti zero. Ma le Marche adesso ci ripensano
di Maria Teresa Bianciardi
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Lunedì 8 Giugno 2020, 04:05

Se n’è accorto anche il ministro Dario Franceschini: «Da Pesaro a Termoli - ha detto testualmente - c’è una vecchia linea ferroviaria che danneggia 500 chilometri di costa, passando a pochi metri dal mare». Come responsabile del Dicastero Beni culturali e Turismo, ovviamente, pensa a quella strada ferrata come il grande ostacolo da superare per rilanciare tutti i settori che vivono di mare e di sole. Ma l’amo lanciato dal ministro per le Marche vale molto di più e riguarda il capitolo mai chiuso delle infrastrutture che penalizzano da sempre territorio ed economia. Che sia la volta buona? Rilancia Franceschini: «Proviamo a pensare ad un’alta velocità spostata all’interno, a fianco dell’autostrada, che attraversi tutti gli aeroporti da Bari a Bologna e la vecchia linea in disuso che diventa la più lunga e incredibile ciclabile d’Europa sul mare, cucendo tra loro decine di località balneari».

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Per i marchigiani, l’idea dell’arretramento della ferrovia, non è una novità: c’è un progetto commissionato dalla Provincia di Pesaro che ha appena compiuto 16 anni e che puntualmente riaffiora dai cassetti dei piani mai realizzati, come il raddoppio Orte-Falconara e il collegamento tra il porto e l’A14. Ma non è una novità nemmeno per una collega dello stesso Franceschini, cioè la ministra alle infrastrutture e trasporti Paola De Micheli, a cui il governatore Ceriscioli ha consegnato lo scorso anno un corposo dossier con tutti i nodi da sciogliere per le Marche, arretramento ferroviario compreso. Che però adesso diventerebbe strategico. Serve infatti un importante piano B per allontanare dalla regione il virus dell’ennesima crisi economica, se - come sembra - assieme all’Umbria saremo fra i territori più penalizzati nel post Coronavirus, con una previsione della caduta del Pil ben più pronunciata di quella avuta tra il 2007 e il 2016 (Umbria -16,1% e Marche -11,4%).

Inoltre arriveranno miliardi con il Recovery Fund dall’Europa e bisogna pensare ad investirli in progetti di spessore. Come questo, che nelle Marche ha una lunga storia alle spalle. Nel 2004, quando l’allora presidente della provincia Enzo Giancarli (oggi consigliere regionale del Pd) presentò lo studio di prefattibilità sull’ arretramento e il riassetto del sistema ferroviario costiero della provincia di Ancona firmato dall’ingegner Giuseppe Marconi, spostare la ferrovia Bologna-Bari con tutti gli annessi e connessi sarebbe costato qualcosa come un miliardo di euro. Quale sarà la cifra oggi che sono passati 16 anni? Scettica la sindaca di Ancona: in piena battaglia contro il muro antirumore che sarebbe dovuto essere eretto lungo la ferrovia Adriatica, liquidò l’ipotesi arretramento con pura «utopia, dal costo insostenibile».

Unica voce - o quasi - fuori dal coro dei sindaci che governano le città con vista mare. D’accordo, per esempio, la sindaca di Falconara Stefania Signorini e il primo cittadino di Pesaro, Matteo Ricci, che addirittura ha inserito questo punto nel piano strategico “Pesaro 2030” e si dice pronto a «rilanciare la battaglia coinvolgendo tutti i sindaci della costa Adriatica interessati». La questione era stata anche presa in mano nel 2006 anche dal vice ministro marchigiano Mario Baldassari, che addirittura presentò un piano da 2 miliardi, mentre lo scorso anno l’Ordine degli ingegneri ha deciso di realizzare una aggiornata del vecchio piano, di cui si trovava già traccia nel Piano Provinciale dei Trasporti (approvato dal Consiglio Provinciale nel 1998) e nel Piano Territoriale di coordinamento (licenziato nel 2002). Con la pandemia da Coronavirus e il timore di rientrare di corsa nel tunnel della crisi economica più buia della storia delle Marche, “arretramento” sembra essere diventata la parola magica per esorcizzare la paura. 

Dopo l’intervento del ministro Franceschini, lo spostamento dei binari verso il tracciato dell’autostrada ha ripreso vita come l’araba fenice, trovando d’accordo gli esponenti politici, che puntano dritti sui Fondi europei per riuscire a portare a casa il progetto realizzato.

Il consigliere di Uniti per le Marche, Boris Rapa, e Lorenzo Catraro consigliere socialista della Provincia di Ancona sperano che la questione «diventi un punto dell’agenda del Governo per la ripartizione dei prossimi Fondi Europei». Arretrare la linea ferroviaria ed utilizzare quella attuale per pista ciclabile, spiegano «darebbe origine ad una nuova regione Marche modificando profondamente l’accessibilità ai Comuni che avrebbero la ferrovia lontana dai centri con tutto quello che ne consegue». Nel 2004, secondo i pareri più ottimistici, aprendo i cantieri in tempi ragionevoli il progetto si sarebbe realizzato entro il 2012: quindi in tutto 8 anni. Pochi? Troppi? Alberto Romagnoli, presidente dell’ordine ingegneri di Ancona, l’aveva inserito tra i percorsi «costosi, complicati e temporalmente lunghi. Ma - ha sottolineato - ci sentiamo di chiedere a Rfi di valutare realmente l’idea di questa operazione che potrebbe costituire un tentativo di ricucitura proprio tra città e mare».

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