Inondazione e omicidio colposo: la Procura indaga sul mancato allarme per l'alluvione

Inondazione e omicidio colposo: la Procura indaga sul mancato allarme per l'alluvione
Inondazione e omicidio colposo: la Procura indaga sul mancato allarme per l'alluvione
di Federica Serflippi
4 Minuti di Lettura
Martedì 20 Settembre 2022, 02:40 - Ultimo aggiornamento: 09:34

ANCONA - I primi punti interrogativi a cui la procura è chiamata a rispondere: cosa è successo la sera del 15 settembre e come hanno funzionato o meno i sistemi d’allerta per mettere in guardia i cittadini sull’arrivo del maltempo. Questi due fronti hanno portato ieri mattina i carabinieri del Nucleo Investigativo di Ancona e i forestali delle varie stazioni della provincia dorica ad acquisire documenti.

Gli incartamenti sono stati prelevati dagli uffici dei Comuni colpiti dall’alluvione e riguardano principalmente i piani d’emergenza predisposti per il 15 settembre (nel caso ci siano stati) e l’eventuale stato d’allerta diramato per avvisare la popolazione del rischio portato dalla piena (e poi esondazione) del Misa e dei suoi torrenti.

Il punto è questo: a un certo punto qualcuno deve aver pur visto il livello del fiume alzarsi spaventosamente. E in quel momento, cosa è stato fatto dal punto di vista preventivo e comunicativo? Chi avrebbe dovuto pensare alla sicurezza dei cittadini?

Le ipotesi di reato

Due, per ora, le ipotesi di reato iscritte dalla procura in quello che, c’è da immaginarselo, sarà il fascicolo di una maxi inchiesta: inondazione colposa e omicidio colposo plurimo, in virtù delle 11 vittime accertate. Due persone, tra cui il piccolo Mattia, risultano dispersi dalla sera del 15. Non ci sono ancora indagati. «In questo momento la nostra priorità - ha detto il procuratore capo di Ancona Monica Garulli - è acquisire le fonti di prova che possono essere d’ausilio alla ricostruzione dei fatti del 15 settembre». Il procuratore ha ribadito, come del resto già ampiamente emerso in questi giorni, l’assenza di una «allerta da parte della Regione nei confronti del Comuni». Quell’allerta meteo mai diramata per il nostro territorio e che sembra aver creato un corto circuito di comunicazione e avvisi. Come sottolineato dal procuratore, oltre all’acquisizione documentale, verranno sentite le persone informate sui fatti. Tra queste i familiari delle vittime, i superstiti, i dipendenti comunali adibiti ai piani d’emergenza e i sindaci stessi. Non sono mancati, ai fini dell’indagine, i sopralluoghi per fotografare lo stato dei fatti, con tanto di sorvolo dell’elicottero dei forestali sui paesi alluvionati. Tutto materiali che, quasi sicuramente, servirà per alimentare una perizia tecnica. 
La dinamica idraulica
Oltre al funzionamento dei sistemi di allerta, la procura vuole vederci chiaro anche sulla dinamica idraulica che ha portato alla tragedia, fatta di vittime, feriti ma anche di danni a immobili e aziende. Rispetto all’alluvione del 2014, questa volta i Comuni maggiormente colpiti sono stati quelli a monte e non a valle. È stato un inferno partito da Sassoferrato e arrivato fino a Senigallia, passando per Arcevia, Barbara, Castelleone di Suasa, Ostra, Serra de’ Conti e altri piccoli territori. Ha portato fango, acqua, distruzione e morti. Una volta fotografati i fatti del 15 settembre, ci sarà un secondo step da parte degli inquirenti: capire dove ci sono state eventuali falle, dal punto di vista della manutenzione, sicurezza e pulizia del bacino del Misa, un fiume maledetto che uccide dal 1955 e già protagonista in negativo dell’alluvione che nel 2014 fece quattro morti, devastando soprattutto la zona periferica di Senigallia, come Borgo Bicchia. Anche quella tragedia ha portato all’apertura di un’inchiesta, complessa e travagliata, finita addirittura alla procura de L’Aquila (per incompetenza territoriale) e ancora in fase dibattimentale. Sulle vittime non è stata eseguita l’autopsia ma solo un’ispezione cadaverica esterna: è stata ravvisata la morte per annegamento. I corpi avevano i polmoni pieni di acqua e fango. Una cinquantina i feriti, tutti non gravi, soccorsi soprattutto per un principio di ipotermia. Le parole del procuratore Garulli: «Esprimo un sentimento di vicinanza alle famiglie delle vittime e ai soccorritori che stanno portando avanti un grande lavoro».

© RIPRODUZIONE RISERVATA