Crisi idrica: fioccano le ordinanze nelle Marche, la Regione prova a dettare la linea

Crisi idrica: fioccano le ordinanze nelle Marche, la Regione prova a dettare la linea
Crisi idrica: fioccano le ordinanze nelle Marche, la Regione prova a dettare la linea
di Martina Marinangeli
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Mercoledì 29 Giugno 2022, 02:20 - Ultimo aggiornamento: 17:30

ANCONA - Una lettera indirizzata a tutti i Comuni marchigiani con cui si invitano i sindaci ad emanare ordinanze anti siccità per arginare l’emergenza idrica in corso. Tra le misure suggerite, l’obbligo di innaffiare giardini ed orti privati solo nelle ore serali e solo in determinati giorni della settimana, e divieto di lavare l’auto utilizzando l’acqua del rubinetto.

È questa la posizione con cui la Regione intende uscire dal vertice di questa mattina tra protezione civile e prefetture per fare il punto sull’allarme siccità. «Un invito, non un obbligo», precisa l’assessore con delega alla Protezione civile ed alle Risorse idriche, Stefano Aguzzi, che però aggiunge: «I Comuni sono liberi anche di non emanare alcuna ordinanza, ma significherebbe non avere a cuore la risorsa idrica.

Quelli che invece si sono già mossi, potranno mantenere le misure nel frattempo introdotte, se sono in linea con i nostri indirizzi». Alcune città hanno infatti giocato d’anticipo e negli scorsi giorni hanno iniziato a muoversi con ordinanze che nella maggior parte dei casi prevedono anche il divieto di riempire le piscine private e di lavare cortili e piazzali.

L’apripista

A fare da apripista, lo scorso 20 giugno, è stato il Comune di Montelabbate, nel Pesarese, ma poi molte altre città hanno predisposto provvedimenti per il risparmio idrico e la limitazione nell’utilizzo dell’acqua potabile. Nella stessa provincia, si sono accodati anche Pesaro, Urbino, Fano, Vallefoglia e Fermignano. Nel Maceratese, le ordinanze sono state emanate nelle città di Macerata, Morrovalle, Corridonia, San Severino Marche e Pieve Torina. Nell’Ascolano, è toccato a Monteprandone e Grottammare, elenco a cui ieri si è aggiunto anche San Benedetto del Tronto. «Che i Comuni abbiano iniziato ad attenzionare questa problematica è giusto - osserva Aguzzi - ma l’incontro di domattina (questa mattina per chi legge, ndr) con prefetture e protezione civile punta ad omogeneizzare iniziative di questo genere su tutto il territorio per affrontare quella che, di fatto, ormai è un’emergenza idrica. Continua a non piovere e l’acqua dei fiumi continua a calare. In alcune zone di montagna dei Sibillini - fa sapere l’assessore - sono già iniziati problemi per la zootecnia e girano le autobotti con l’acqua per gli animali. Per il momento, non è stato richiesto l’intervento della protezione civile regionale, quindi probabilmente si tratta delle autobotti dei Comuni o di privati». Il contraccolpo del perdurante stato di siccità si sta facendo sentire anche agricoltura, dove «chi preleva dai fiumi inizia ad avere delle difficoltà in diverse zone della regione - traccia il perimetro Aguzzi, che poi allarga il quadro -: In alcune zone iniziamo ad attenzionare anche l’approvvigionamento di acqua potabile nelle nostre case. Come nei casi del Pesarese e del Fanese, dove l’acqua si prende dal fiume Metauro, ormai in sofferenza». Tra i corsi osservati speciali proprio per il rischio secca, il Metauro ha tre invasi lungo il suo corso, gestiti da Enel Greenpower, «ma non sono mai stati puliti e quindi non lavorano al pieno delle loro capacità: se fossero pulite, avrebbero una potenzialità superiore di un milione e mezzo di metri cubi, quindi circa due mesi di autonomia nell’approvvigionamento dell’idropotabile delle città di Pesaro e Fano. Invece, se continua così, tra 10 giorni il Metauro resterà senza acqua».

Lo stato di emergenza

Nel frattempo, la protezione civile nazionale sta elaborando i criteri tramite i quali le Regioni potranno richiedere lo stato di emergenza - il capo del dipartimento Curcio ha parlato di circa due settimane per portare a termine il lavoro - e, «appena definiti faremo subito richiesta perché penso proprio che le Marche ci rientrino - l’auspicio di Aguzzi -. Va però precisato che dichiarare lo stato di emergenza non porterà comunque l’acqua, dunque non risolve il problema. Al massimo significherà poter accedere a dei ristori per chi ha subito danni, come gli agricoltori oppure i Comuni, che hanno dovuto magari sostenere costi aggiuntivi per l’utilizzo delle proprie autobotti per far fronte alla crisi».

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