Nelle Marche degli obiettori l'aborto è un diritto garantito a metà. Ma il colore politico non c'entra

Nelle Marche degli obiettori l'aborto è un diritto garantito a metà. Ma il colore politico non c'entra
Nelle Marche degli obiettori l'aborto è un diritto garantito a metà. Ma il colore politico non c'entra
di Martina Marinageli
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Mercoledì 26 Ottobre 2022, 02:35

ANCONA - Un tema che ha portato le Marche al centro di una polemica capace di valicare non solo i confini regionali, ma anche quelli nazionali. Dal quotidiano inglese The Guardian all’influencer Chiara Ferragni, sono stati molti a sollevare la questione della difficoltà di accesso all’interruzione volontaria di gravidanza per le donne marchigiane, incolpando di questa carente applicazione del diritto all’aborto il governo di centrodestra guidato dal governatore Francesco Acquaroli.

E ieri la questione è tornata sul tavolo con un’interpellanza presentata dal Partito democratico in Consiglio regionale.

Ma davvero da quando, nell’ottobre 2020, si è insediato questo esecutivo è peggiorata la situazione? Il problema è reale ma, stando ai dati forniti dal Sistema sanitario regionale, non dipende dal colore politico che guida la Regione. La falla nel sistema è rappresentata dalle percentuali molto alte di obiettori di coscienza, che nell’Area vasta 4 di Fermo, per fare un esempio, rappresentano il 100% del totale. 

Il quadro

Procediamo con ordine. Nel 2019, quando Palazzo Raffaello batteva bandiera rossa e a capo dell’esecutivo c’era Luca Ceriscioli, le interruzioni volontarie di gravidanza erano state 1450. Poi l’anno successivo - la cui gestione è stata fifty-fifty tra centrosinistra e centrodestra - il numero si è assestato sulle 1477. Il 12 agosto 2020 arriva poi la circolare del Ministero della Salute che garantisce la somministrazione della pillola RU486 fino alla nona settimana anche nei consultori (prima era fino alla settima). In quell’anno, a ricorrere alla pillola abortiva sono state 141 donne. Il 2021 è il primo anno a totale guida centrodestra e a confrontare i dati non si notano differenze sostanziali: le donne che hanno fatto ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza sono state 1254 - numero di poco inferiore rispetto a quello dell’anno precedente - di queste, 162 hanno ricevuto la RU486, incrementando dunque il dato del 2020. Veniamo poi all’anno in corso. Il dato fornito dal Sistema sanitario regionale è aggiornato ad agosto e parla di 932 aborti, di cui 108 farmacologici. Scindendo la cifra per Area vasta, si può notare come in quella di Pesaro Urbino le interruzioni volontarie di gravidanza praticate nel 2022 siano state 66 - a cui si aggiungono le 147 praticate da Marche Nord negli ospedali di Pesaro e Fano - mentre nell’Av2 di Ancona il numero raggiunge le 234 unità (più le 23 praticate al Salesi). Nell’Av3 di Macerata sono state 191, mentre in quella di Ascoli Piceno 271. Qui, in particolare, l’ospedale Mazzoni è diventato un punto di riferimento nel centro Italia per l’interruzione di gravidanza grazie ad una dottoressa perugina in pensione che una volta ogni tre settimane si reca nel nosocomio per eseguire l’ivg farmacologica, terapeutica e chirurgica. Ma non bastano queste iniziative spontanee per garantire un diritto minato dalle percentuali troppo alte di medici obiettori. Nell’Av4 di Fermo sono il 100%, tanto che le donne che volessero vedersi garantito questo diritto devono recarsi nel Maceratese. Ma non è un problema circoscritto a Fermo. Dai dati aggiornati al 2020, i ginecologi obiettori di coscienza sono 4 su 10 nell’ospedale di Urbino, 7 su 9 a Senigallia, 10 su 10 a Jesi (che fa il paio con i 10 su 10 di Fermo), 6 su 8 a Civitanova, 9 su 13 a Macerata, 4 su 10 a San Benedetto e 7 su 10 ad Ascoli Piceno. La matematica non è un’opinione: il problema è reale. E non è stato risolto né dalla destra, né dalla sinistra. 

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