Luca Traini sparò agli immigrati, ora fa l’ortolano in carcere: «Vedo il mare e ho capito. Il mio passato mi spaventa»

Luca Traini ora fa l’ortolano: «Vedo il mare e ho capito. Il mio passato mi spaventa»
​Luca Traini ora fa l’ortolano: «Vedo il mare e ho capito. Il mio passato mi spaventa»
di David Luconi
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Mercoledì 21 Dicembre 2022, 03:30 - Ultimo aggiornamento: 22 Dicembre, 16:10

ANCONA -  L’uomo che sparava ai neri, il vendicatore solitario della povera Pamela fatta a pezzi da un pusher nigeriano, adesso guarda il mare, coltiva l’orto e scrive poesie. «Se tornassi indietro e incontrassi il Luca Traini che ho visto in una trasmissione televisiva qualche settimana fa, nella quale si ricostruiva il mio raid... cambierei immediatamente strada». Il pistolero che il 3 febbraio 2018 ha fatto il tirassegno nel centro di Macerata dalla sua Alfa 147 nera, ferendo sei poveri immigrati innocenti, adesso sconta una condanna definitiva a 12 anni per il reato di strage (con l’aggravante dell’odio razziale) nel carcere anconetano di Barcaglione, dove ieri lo abbiamo incontrato durante la premiazione dei 60 detenuti che, come lui, si occupano dell’orto sociale.


Si sente un’altra persona, dopo 4 anni e 10 mesi di carcere?
«Non mi riconosco in quella persona che sparava in strada, un ragazzo completamente in balia degli eventi che non so chi sia. Quel Luca Traini di allora avrebbe messo paura quello attuale».
 

Adesso chi è Luca Traini?
«L’ambiente carcerario mi ha permesso di comprendere come vivere in maniera equilibrata.

Ora so gestire al meglio quello che mi accade attorno. Tra l’altro a Barcaglione le cose vanno molto bene». 

Quella mancanza di equilibrio da cosa derivava? 
«Dall’ambiente in cui vivevo. Mio padre e mia madre non andavano d’accordo tant’è che poi hanno divorziato e sono andato con mia madre a vivere da mia nonna; poi le cose non andavano bene neanche fuori dalla famiglia».

Tipo? 
«Le ragazze che ho frequentato, una in particolare con la quale sono stato diversi anni, non mi facevano vivere tranquillo. Questo per problemi che avevamo e dai quali fortunatamente sono rimasto lontano. Ho sempre fatto molta palestra e adoravo il mondo dello sport rigettando quello della droga».

Come trascorre le giornate in carcere?
«Mi dedico a tutte le attività di formazione, tant’è che mi è stato riconosciuto un importante attestato. Sono stato anche in cucina diverse volte e questa serie di attività mi hanno permesso di mettermi in gioco... Mi decido anche alla palestra, faccio molta massa muscolare tant’è che peso ben 120 kg».

Come ha vissuto questi anni in carcere? 
«Sono stati anni di profonda riflessione. A febbraio avrò scontato metà delle pena e vedrò uno spiraglio di luce. Qui in carcere il tempo passa lentamente e la notte è molto lunga. A Barcaglione dalle finestre riusciamo a vedere il mare e ricordo che il primo giorno che sono arrivato qui dopo il periodo a Montacuto, il 17 settembre, quando ho ammirato il panorama mi si è aperto il cuore. Ho un ricordo di quella prima serata vissuta in questo carcere».

Ce lo vuole raccontare?
«Quando sono arrivato e ho guardato fuori, al porto c’era una nave che si chiamava Luisa che è il nome di mia madre che è venuta a mancare un anno fa circa. Credo sia stato un segno del destino. L’idea che lei mi possa seguire anche da lassù mi fa svolgere al meglio questo mio percorso»

Si è pentito di quell’attacco terroristico contro persone innocenti? 
«Certo. Non so bene neanche chi fosse quel Luca Traini. Di quel giorno ho pensieri molto confusi. Non ero in me e la testa non mi funzionava come avrebbe dovuto. Dovevo essere seguito da esperti, ma per vari motivi ciò non avvenne. Vorrei si sapesse che non sono il mostro che è stato descritto anche ultimamente. Non sono più neanche litigioso com’ero prima. Ora cerco sempre di calmare le acque anche perché in questi anni di carcere ho visto tante liti e ho capito bene la lezione».

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