Inchiesta migranti, l'accusa: risparmiavano sul cibo ma giravano in Porsche. Per loro Rolex e lusso, agli assistiti neanche la biancheria

Inchiesta migranti, società nel mirino: risparmiavano sul cibo ma giravano in Porsche
Inchiesta migranti, società nel mirino: risparmiavano sul cibo ma giravano in Porsche
di Stefano Rispoli
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Sabato 10 Giugno 2023, 02:30 - Ultimo aggiornamento: 11 Giugno, 17:21

ANCONA Vivono in villette in uno dei quartieri residenziali “in” di Perugia e vanno in giro con una Porsche Panamera, Rolex e accessori firmati, ma secondo gli investigatori non potrebbero permettersi un tenore di vita così alto, se non facendo la “cresta” sulla gestione dei migranti. Come? Intanto, registrando presenze fittizie. E poi, risparmiando su tutto: detersivo, biancheria e stoviglie fornite in quantità ridotta agli stranieri che assistevano, alcuni dei quali hanno riferito agli inquirenti di aver ricevuto (e non tutti) «un minimo set di abbigliamento intimo al momento dell’arrivo e null’altro». «Non ci hanno consegnato le tessere telefoniche», hanno confidato alcuni dei richiedenti asilo, sottolineando che «il cibo che ci viene dato basta solo per pochi giorni e a volte si presenta già deteriorato all’arrivo. Siamo noi ad acquistare il cibo fresco con i soldi del pocket money». 

 


Il racconto 


Dall’ordinanza del gip emerge che «tutti gli ospiti lamentano uno stato di generale abbandono da parte della cooperativa, non venendo ascoltate le loro istanze che fanno pervenire tramite l’assistente sociale, come cibo, vestiario e salute». Lamentele che nel gennaio 2021 erano pervenute, alla stessa polizia, dagli ospiti di due Cas che segnalavano vari problemi relativi alle condizioni igienico-sanitarie delle abitazioni a loro assegnate.

In quella di via Astagno ci ha accolto ieri Rana, uno dei migranti assistiti dalla onlus nel mirino della Squadra Mobile, un 20enne bengalese che è arrivato a Lampadusa 2 anni fa su un barcone partito dalla Libia e oggi lavora in una bancarella nel quartiere dorico del Piano. «Prima vivevo in piazza Cavour, l’abitazione è stata sequestrata e 2 giorni fa mi hanno spostato qua» ci racconta. Vista l’emergenza alloggi, a lui e a 5 suoi connazionali è stato permesso di restare per ora nell’immobile sigillato di via Astagno, in attesa di una nuova collocazione. «Qua abitiamo in 6, ma nel nostro Paese siamo abituati a condizioni peggiori - racconta -. Piuttosto, ci preoccupa che veniamo spostati da una parte all’altra». Ma qui non siamo a Dacca. Eppure nell’abitazione c’è solo un cucinino che deve bastare per tutti, due bagni fatiscenti, una lavatrice sulla rampa delle scale e una camerata con 4 letti su cui soffiano dei ventilatori. 


La versione difensiva


«La situazione è molto diversa da quella descritta dagli inquirenti - replica l’avvocato Giuseppe Silvestri, che assiste i 7 indagati -. Sono state riscontrate irregolarità solo su un richiedente asilo che, lavorando al porto, doveva assentarsi dai Cas e faceva mettere le firme dai suoi coinquilini. La cooperativa gestiva al massimo una trentina di migranti ad Ancona, non c’è stata nessuna truffa e parliamo comunque di poche migliaia di euro. Inoltre, il Tar Marche ha accolto il nostro ricorso cautelare contro l’esclusione della onlus dai bandi prefettizi. Da un anno e mezzo c’è un accanimento nei confronti de L’Aurora». Quanto al tenore di vita elevato dei gestori della cooperativa, il legale spiega: «La presidente e il vice presidente appartengono a famiglie agiate e la Porsche è stata acquistata 10 anni fa nel mercato dell’usato». 
 

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