Truffa dei Green pass falsi pagati con criptovalute, marchigiani coinvolti nella inchiesta della Guardia di finanza

Il materiale sequestrato dalla Guardia di finanza nel corso dell'indagine sui falsi Green pass
Il materiale sequestrato dalla Guardia di finanza nel corso dell'indagine sui falsi Green pass
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Sabato 27 Novembre 2021, 09:56 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 14:09

ANCONA - «Sono un no-vax schieratissimo e oggi avevo il volo per andare a Malaga. All'ingresso ho presentato quello che ho preso da voi e indovina dove sono ora? In Spagna. Non smetterò mai di ringraziarvi».

E' il messaggio che un utente ha scritto alla banda specializzata in Green pass falsi sgominata dalla Guardia di finanza  del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche in un'inchiesta della Procura della Repubblica  di Milano, coordinata dal Procuratore Aggiunto Eugenio Fusco, che ha coinvolto anche le Marche. Identificati gli ideatori e materiali esecutori dell’attività illecita che ha pesanti ripercussioni nel contrasto alla diffusione della pandemia di Coronavirus. 

 
Nelle Marche sono stati identificati numerosi clienti dell'organizzazione che aveva un raffinato sistema tecnologico che da un lato consentiva di reclutare clienti in tutta Italia, specie nella galassia no-vax; dall'altro di produrre Green pass, muniti di codici QR perfettamente idonei a superare i controlli imposti dalle norme vigenti.

Prezzi modici - 100 euro - da versare in criptovalute: Bitcoin ed Ethereum erano quelle preferite. Truffatori "onesti", se si può dire, perché offrivano la garanzia "soddisfatti o rimborsati".


Di fronte a questo apparato la Guardia di Finanza ha utilizzato strumenti digitali altrettanto sofisticati. Gli strumenti di investigazione Bot e Avatar, di ultimissima generazione, messi in campo anche grazie all’ausilio fornito dal team di investigazioni informatiche di Group-IB, partner tecnologico di Interpol ed Europol, combinati a un innovativo e dinamico monitoraggio “real time” della rete e all’applicazione di tecniche di indagine all’avanguardia da parte dei militari della Guardia di Finanza, hanno consentito di individuare e perquisire diversi cittadini italiani in Veneto, in Liguria, in Puglia e in Sicilia, amministratori degli account Telegram, da cui la truffa aveva origine.


Nella rete anche i clienti, tra cui ci sono anche diversi marchigiani, alla cui identità si è potuto risalire grazie alle indagini sui numerosi device degli indagati – sequestrati prima e analizzati poi – dove sono stati recuperati  fotografie di documenti di identità e tessere sanitarie, referti attestanti la negatività ai tamponi naso-faringei, attestazioni false di compiacimento di clienti per i green pass contraffatti e, soprattutto, chat da cui emerge, in maniera eloquente, il subdolo modus operandi adottato dall’organizzazione criminale.


Rilevano infine gli investigatori della Guardia di finanza, che i clienti oltre ad aver perso la somma pattuita, hanno anche superficialmente condiviso i propri documenti di identità, esponendosi a elevati rischi circa un utilizzo illecito degli stessi.

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