L’export marchigiano cresce a Est, boom a Taiwan (+1673%) e in Corea del Sud (+598%). Spigarelli (Unimc): «Trend da non sottovalutare»

I dati Istat del 2022 rielaborati di Cna e Confartigianato. Volano farmaceutica, moda e cantieristica navale

L’export marchigiano cresce a Est, boom a Taiwan (+1673%) e in Corea del Sud (+598%). Spigarelli (Unimc): «Trend da non sottovalutare»
L’export marchigiano cresce a Est, boom a Taiwan (+1673%) e in Corea del Sud (+598%). Spigarelli (Unimc): «Trend da non sottovalutare»
di Martina Marinangeli
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Martedì 21 Marzo 2023, 02:35 - Ultimo aggiornamento: 22 Marzo, 15:41

ANCONA Una fiammata o un trend che andrà consolidandosi nei prossimi anni? È ancora presto per dirlo, ma di certo la crescita dell’export marchigiano nell’Asia sudorientale è un fattore che merita un supplemento di riflessione in un’economia alla costante ricerca di nuovi mercati. Se nel 2022 le esportazioni hanno fatto registrare un boom generalizzato per la nostra regione, in alcuni Paesi l’impennata è stata particolarmente rilevante e non scontata. Parliamo nello specifico della Corea del Sud - dove i ricavi per la vendita di produzioni marchigiane sono passati dai 103 milioni di euro del 2021 ai 722 milioni di euro (+598,9%) - e di Taiwan, che vola da 32 a 578 milioni di euro (+1.673,8%). Trend in forte crescita anche in Cina, con l’export che passa da un fatturato da 299 a 772 milioni di euro (+157,9%). 

 


La geografia


Scendendo nel dettaglio del quadro tratteggiato da Cna e Confartigianato sulla base dei dati Istat, si può vedere come i mercati di riferimento restino comunque quelli europei - verso il Regno Unito, ad esempio, le imprese marchigiane hanno esportato prodotti per 1,8 miliardi di euro, con un +295,1% - e l’export verso gli Stati Uniti abbia registrato un balzo di 1,5 miliardi di euro, pari a +156,2%. Ma è l’Oriente a centrare gli exploit più evidenti, lasciando intravedere una nuova frontiera: mercati fin qui meno battuti (come dimostrano le cifre contenute del 2021 e, di qui, la fiammata del 2022) ma con grandi potenzialità. Tolto il comparto della farmaceutica che, con la Pfizer di Ascoli, traina l’export marchigiano anche in questi Paesi, è il sistema moda fare la prova migliore e in Corea del Sud riesce a vendere prodotti - tra abbigliamento, pelli e accessori - per oltre 67 milioni di euro. «I trend positivi che andiamo a riscontrare sul settore moda vanno a recuperare un gap che ancora connotava le Marche rispetto agli andamenti nazionali post Covid.

E dai dati emerge questo interesse per i nostri prodotti da parte della Cina, del Sud Corea e di Taiwan», conferma la professoressa Francesca Spigarelli, docente di Economia Applicata all’Università degli Studi di Macerata.


I valori assoluti


Il corollario d’obbligo al teorema: «Dobbiamo stare attenti ai valori assoluti di partenza perché la crescita molto spinta di Taiwan, per esempio, è dovuta al fatto che si partiva da valori bassi». Ma il dato d’interesse c’è tutto: «È un trend molto apprezzabile, da mettere sotto controllo. La quota di incidenza di Taiwan sull’export delle Marche è del 2,5%, quella della Corea del Sud è del 3,2%, mentre per esempio la Svizzera incide per 1,5% e l’Austria 1,4%: quindi la quota è magari ancora piccola ma la tendenza è sicuramente interessante, più interessante di altri Paesi». Le ragioni di questa corrispondenza d’amorosi sensi tra le Marche e l’Oriente sono diverse e la prof ne mette in fila alcune: «Sono mercati in cui c’è una clientela particolarmente attenta alla moda, al fashion e ai marchi del Made in Italy. Ma a differenza della Cina, tanto difficile da penetrare, la Corea del Sud è molto più vicina ai nostri standard, alle nostre normative e alle nostre abitudini di tipo commerciale. È quindi più semplice da approcciare, perché qui gli standard occidentali sono arrivati molto prima rispetto alla Cina». 


Le prospettive


L’occhio punta all’orizzonte: «Sono mercati da guardare con molto interesse e la crescita registrata nel 2022 può consolidarsi nel tempo». Da non trascurare, poi, un ultimo fattore: «Cresce il potere di acquisto nei Paesi asiatici. E più si innalza la qualità delle produzioni, più bisogna guardare a Paesi dove c’è un’ampia capacità di spesa della popolazione: quindi guardare alla borghesia in crescita in Cina e alle economie emergenti diventa un’opportunità, magari anche più di mercati noti ma ormai saturi». La nuova frontiera del Far East.

 

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