Tsunami Schlein sui big dem: nelle Marche c’è chi perde 2 volte

Tsunami Schlein sui big dem: nelle Marche c’è chi perde 2 volte
Tsunami Schlein sui big dem: nelle Marche c’è chi perde 2 volte
di Martina Marinangeli
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Martedì 28 Febbraio 2023, 04:55 - Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 07:39

ANCONA Lo tsunami Elly Schlein travolge il Pd delle Marche. Tutti i big del partito, una volta tanto incredibilmente compatti, si erano schierati con Stefano Bonaccini, ma il popolo dei gazebo - che si è espresso domenica alle urne per eleggere il nuovo leader del Nazareno - ha detto no e ha incoronato la prima donna alla guida della segreteria dem nazionale. Un colpo di spugna che ha ribaltato anche il voto dei circoli, da cui il governatore dell’Emilia Romagna era uscito vincitore. 

 


Il segnale


Ma se il risultato del congresso nazionale ha certificato una sconfitta urbi et orbi per i dem marchigiani, quello regionale (celebrato in contemporanea) ha diviso le schiere in vinti e vincitori. C’è infatti chi ha perso due volte, come i sostenitori della candidata Michela Bellomaria, battuta da Chantal Bomprezzi nelle province di Pesaro, Ancona, Fermo e Macerata. E non sono nomi di poco conto: dai sindaci di Pesaro e Ancona Matteo Ricci e Valeria Mancinelli, alla triade che guida l’Ascolano Luciano Agostini, Anna Casini e Augusto Curti, passando per il capogruppo regionale Maurizio Mangialardi. L’asse Pesaro-Ascoli che finora aveva tenuto le redini del partito ha perso la golden share regionale a favore di un nuovo gruppo uscito rafforzato dal congresso e che fa capo al duo Alessia Morani e Antonio Mastovincenzo, primi sponsor di Bomprezzi, all’ex governatore Luca Ceriscioli e al consigliere regionale Romano Carancini. La nuova ripartizione si vedrà plasticamente nell’assemblea regionale, dove 43 esponenti saranno espressione della “mozione Bomprezzi” e 37 di quella targata Bellomaria.


I seggi


Andando ad analizzare i voti nei singoli seggi, si può leggere il peso delle batoste incassate. Se almeno l’Ascolano può portare in dote una mezza vittoria (di Pirro) - è l’unica provincia in cui Bellomaria ha vinto - e Ricci può dire di aver tenuto almeno nella sua Pesaro (su 12 seggi cittadini, 9 si sono schierati con Bellomaria, mentre Bomprezzi si è affermata nella Villa Fastiggi di Ceriscioli), ad Ancona Mancinelli ha ben poco per smussare gli angoli di una sconfitta a 360 gradi.

Dei 15 seggi della città, 10 sono andati a Bomprezzi e solo 5 a Bellomaria. «Secondo me sarebbero state opportune altre scelte - il commento della fascia tricolore dorica - ma prendo atto che ne è stata fatta un’altra e la accetto». Non infierisce Mastrovincenzo, nuovo plenipotenziario della federazione anconetana, che legge la vittoria di Bomprezzi come «un segnale di discontinuità. Spero che ora ci sia spirito di collaborazione da parte di chi ha appoggiato Bellomaria, dopo un commissariamento deleterio di oltre un anno seguito ad attacchi inaccettabili nei miei confronti». Il sassolino dalla scarpa per le bordate ricevute dagli avversari interni quando nel 2021 si candidò a segretario, però, doveva toglierselo. Nell’analisi del day after, c’è un altro dettaglio da evidenziare: l’elezione di Schlein rappresenta un segnale anche per le due candidate nostrane, entrambe schierate con Bonaccini. E le 1685 schede bianche finite nelle urne del congresso regionale - contro le 184 di quello nazionale - stanno a significare che molti dei simpatizzanti dem si sono espressi a favore di Schlein, catalizzatrice di un voto di opinione, non riconoscendosi però nelle candidature né di Bomprezzi, né di Bellomaria. Al netto di ciò, è indiscutibile il ribaltone negli equilibri di potere regionali. Ma, almeno a parole, nessuno sta chiedendo lo scalpo degli sconfitti. «Non si devono ribaltare gli equilibri di potere, si deve ribaltare il modo in cui è stato governato fin qui il partito marchigiano - inverte il paradigma Ceriscioli, che pure avrebbe di che gongolare nei confronti del suo nemico-amico Ricci - se rifacciamo le stesse cose a ruoli scambiati, non serve a niente». 


Le reazioni


Neanche Morani, altra nemica giurata di Ricci, gira il dito nella piaga: «Dobbiamo rimettere insieme un partito per troppi anni gestito in maniera personale». Lo stesso Ricci usa toni distensivi: «Darò il mio contributo per tenere unito il partito. Dividersi sarebbe mortale, basta liti interne». Fin qui, la pax armata del Pesarese. Ma l’appello all’unità corre lungo tutte le federazioni, con la consigliera regionale dell’Ascolano Casini che parla della necessità di una ricostruzione vera del partito («mi auguro che nessuno voglia iniziare solo tinteggiando una casa terremotata») e Mangialardi che osserva come «i nostri avversari siano fuori dal Pd». Che sia davvero la volta buona, per i dem marchigiani, di deporre le armi?
 

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