Clima pazzo e deficit idrico (anche nelle Marche), il professor Carlo Bisci: «Poca acqua? Destinare fonti alternative a impieghi industriali e non potabili»

Il climatologo dell’Università di Camerino,

Clima pazzo e deficit idrico, il professor Carlo Bisci: «Poca acqua? Destinare fonti alternative a impieghi industriali e non potabili»
Clima pazzo e deficit idrico, il professor Carlo Bisci: «Poca acqua? Destinare fonti alternative a impieghi industriali e non potabili»
di Lorenzo Sconocchini
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Venerdì 10 Marzo 2023, 03:50 - Ultimo aggiornamento: 12:45

Professor Carlo Bisci, secondo le analisi del servizio Agrometeo regionale dell’Amap negli ultimi tre mesi nelle Marche le precipitazioni sono state superiori del 40% alla media del trentennio 1981-2010. È servito a ridurre il deficit idrico accumulato o siamo ancora a corto di riserve?
«Le precipitazioni relativamente abbondanti registrate negli ultimi mesi purtroppo non sono affatto sufficienti a colmare il deficit idrico legato a oltre un anno di situazione fortemente siccitosa».
Perché? 
«Sia perché le nevicate non sono state particolarmente abbondanti se non nell’ultimo periodo (e la neve, se si scioglie lentamente per il calore e non rapidamente a causa di piogge è il miglior rifornimento per le falde idriche) sia perché le piogge intense non contribuiscono che marginalmente alla ricarica degli acquiferi»
Per quale motivo?
«Il suolo in caso di precipitazioni troppo forti non ha tempo di assorbire l’acqua meteorica, che quindi è costretta a scorrere in superficie causando erosione del suolo e confluendo rapidamente nei corsi d’acqua incrementando il rischio di esondazione».

 
Per capire se avremo ancora problemi di siccità nella prossima estate, saranno decisive le piogge di primavera? Che tipo e quantità di precipitazioni dovremo avere?
«Non ci resta che sperare che nei prossimi mesi ci siano molti giorni di piogge deboli ma prolungate, tali da consentirci di affrontare senza problemi la stagione estiva. Per quantificare l’entità delle precipitazioni necessarie a riportare le falde ai livelli ottimali, ferma restando la non rilevanza degli eventi meteorici più intensi, sarebbero necessari rilevamenti e calcoli puntuali per ogni singola falda per poter avere una stima accettabile, ovviamente diversa da luogo a luogo».
Nell’estate 2022 molti sindaci marchigiani hanno emesso ordinanze per limitare l’uso dell’acqua da parte dei cittadini. Sono davvero utili?
«Le ordinanze restrittive, invise alla popolazione, sono una “pezza” che tutto sommato “tiene”. Certo, sarebbe meglio provvedere a sistemare la rete degli acquedotti, che è stimato perda per strada in media almeno il 40% delle acque captata alle sorgenti».
Altre soluzioni?
«Bisognerebbe provvedere a fornire fonti idriche alternative, acque di qualità minore rispetto a quelle potabili, per gli usi soprattutto industriali ma anche, per esempio, per lavare strade e automobili. Ma questi sono interventi molto costosi e di lunga durata».
Oltre a ridurre dispersioni e usi superflui servono misure strutturali. Le Marche sono indietro quanto a infrastrutture tipo dighe e invasi? 
«Le Marche da molto tempo hanno una quantità di invasi artificiali grandi e medi ben proporzionata e, di recente, anche la rete dei piccoli invasi collinari si è estesa. Certo, per gli usi prevalentemente agricoli un ulteriore incremento del numero dei piccoli invasi (che non richiedono tempi lunghi e grandi somme e non comportano gravi consumi di territorio) sarebbe auspicabile, nell’ottica di ridurre l’impatto negativo del cambiamento climatico in atto».
Il terremoto ha aggravato il problema, soprattutto per alcune falde del Piceno. Sono situazioni recuperabili?
«Quando un evento sismico modifica la struttura di un acquifero, per esempio aprendo una frattura che fa scendere l’acqua più in profondità, purtroppo al momento la modificazione non è recuperabile con interventi ingegneristici. Al massimo, si può pensare di trivellare pozzi più profondi per captare il nuovo livello di falda, con pompe più potenti».
Abbiamo già delle previsioni meteo di lungo periodo che ci aiutano a capire che tipo di primavera avremo dal punto di vista delle precipitazioni nelle Marche?
«Allo stato attuale di sviluppo dei modelli meteorologici ogni previsione che si estenda in avanti per più di una o due settimane è poco affidabile. Si può solo tener conto dei grandi forzanti del clima (Come la NAO – North Atlantic Oscillation e l’ENSo, ovvero l’indice climatico responsabile dei fenomeni del Niño e della Niña), che però hanno una valenza puramente statistica».
L’anno scorso, secondo alcune stime, in Italia l’agricoltura ha subito danni per sei miliardi dovuti alla siccità. Dovremo aspettarci un’altra estate di grande sofferenza?
«Dato che non possiamo prevedere in modo affidabile come saranno distribuite le precipitazioni nei prossimi mesi, non è possibile definire il livello di rischio per le coltivazioni». 
E quali sono le colture più a rischio?
«In linea di massima, a rischiare di più saranno le coltivazioni che hanno un maggior fabbisogno acqua, come il mais o i legumi, rispetto a quelle meno esigenti, come le patate. Un discorso simile vede avvantaggiate le produzioni precoci rispetto alle tardive, che richiedono acqua anche durante i mesi estivi tipicamente più secchi. Dato che le precipitazioni tendono a essere più abbondanti sui rilievi, i terreni pedemontani e collinari dovrebbero essere meno esposti di quelli circalitoranei, dove c’è anche il rischio che i pozzi vadano a captare il cuneo salino, e di fondovalle. Bisogna però tenere anche conto della tipologia di approvvigionamento idrico, dato che chi usa pozzi profondi o estrae l’acqua dai corsi d’acqua maggiori dovrebbe sopportare meglio un eventuale ma purtroppo abbastanza probabile deficit idrico».
 
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