Covid, un anno di contagi e spunta la variante marchigiana. Il virologo Menzo: «Sparita dopo il lockdown»

Il professor Stefano Menzo
Il professor Stefano Menzo
di Martina Marinangeli
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Venerdì 30 Aprile 2021, 07:20 - Ultimo aggiornamento: 16:03

ANCONA  - Ad un certo punto, nella marcia a tappe forzate che da un mercato nella lontanissima Wuhan l’ha portato ad insinuarsi in ogni angolo del mondo, il virus Sars-Cov-2 ha avuto anche una piccola evoluzione marchigiana. Una variante autoctona identificata durante la prima ondata e sparita dopo il lockdown del 2020 e la seguente stagione estiva, durante la quale è stata surclassata da una mutazione arrivata dalla Spagna.

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Nulla a che vedere, in ogni caso, con la rapidità di diffusione di quella inglese, con la resistenza di quella sudafricana, o con la violenza di quella indiana.


La situazione attuale
«Il problema che ora ci preoccupa di più di questa infezione è come sta evolvendo il virus», ha spiegato ieri il professor Stefano Menzo, docente di Microbiologia alla facoltà di Medicina e Chirurgia, nella sua prolusione in occasione dell’inaugurazione dell’Anno accademico dell’Università Politecnica delle Marche. Preoccupazione più che fondata, dal momento che alcune varianti potrebbero risultare refrattarie al vaccino.

«Le varianti sono mutazioni rispetto al ceppo originale di Wuhan, molte delle quali si concentrano sulla proteina Spike – scende nel dettaglio il professore – in sostanza, il virus cerca di migliorare il rapporto con il recettore umano. Cambiando la sua interfaccia con il recettore, può diventare resistente agli anticorpi che lì vanno a legarsi per proteggere la cellula. Il fatto che il virus sia variato, ha provocato degli effetti abbastanza devastanti sulla popolazione. Lo vediamo con la variante inglese, per esempio: le misure prese per contenere il virus precedente non erano più adeguate».

Lo sanno bene le Marche, che hanno avuto a che fare per la prima volta con questa mutazione nel 23 dicembre 2020: «Il mini lockdown natalizio aveva congelato la situazione – prosegue Menzo – ma poi a metà gennaio il fenomeno è tornato fuori e nel giro di poche settimane ha conquistato tutte le province, a partire da quella di Ancona.

Una piccola nicchia di contagi se l’è scavata anche la brasiliana, ma per fortuna è rimasta contenuta». A far tremare, ora, è la situazione incandescente sviluppatasi in India: qui, la variante inglese prima, e quella indiana poi, hanno provocato un aumento molto marcato dei contagi. 


Il nodo da sciogliere
«La curva andava calando da mesi: questo perché in India stavano raggiungendo l’immunità di gregge, con la maggior parte delle persone che avevano già contratto l’infezione. L’arrivo di nuove varianti è riuscito a superare l’immunità di gregge. Lo stesso è accaduto in Brasile ed in altri Paesi del Sud America e dell’Africa». Il nodo della questione ore è: i vaccini sono in grado di neutralizzare le varianti? «Le persone che hanno avuto l’infezione nella prima ondata neutralizzano molto meglio il virus originale, quello che circolava ad inizio 2020. Meno bene con le varianti inglese e brasiliana, ma comunque discretamente. Reagiscono invece molto male contro la variante sudafricana: ecco perché ci preoccupa molto, sembra riuscire a superare agevolmente la protezione degli anticorpi».

Osservando invece la popolazione vaccinata con Pfizer nell’azienda ospedaliera, e quella dell’Università che ha invece ricevuto Astrazeneca, si è notato come, in questo secondo caso, «l’efficacia dopo la prima dose è discretamente più bassa, in termini di anticorpi leganti, rispetto a quella di Pfizer. Dovrebbe esserci un recupero con la seconda dose, che però avviene dopo diverse settimane».

Tra i punti oscuri nel percorso di conoscenza del Covid, le terapie contro la malattia, ancora da trovare, e le ragioni che portano ad una risposta eccessiva del nostro sistema immunitario: «L’immunologia potrà trarre da questo degli spunti per approfondire ricerche che serviranno, per esempio, nella ricerca sul cancro». Infine, la chiosa: «Non ha aiutato, nella gestione dell’epidemia, il fatto che l’Italia abbia disinvestito nella sanità. Con l’emergenza Covid, le attività sanitarie essenziali sono state accantonate o dilazionate, compresa una riduzione nello screening oncologico che aggiungerà mortalità in futuro».

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