Over 80, altro che 21 giorni. Il virologo Clementi: «Mia madre di 94 anni ha l’appuntamento per Pasquetta in un bocciodromo»

Over 80, addio 21 giorni, i vaccini fino ad aprile: «Le dosi non sufficienti»
Over 80, addio 21 giorni, i vaccini fino ad aprile: «Le dosi non sufficienti»
di Martina Marinangeli
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Venerdì 26 Febbraio 2021, 08:09 - Ultimo aggiornamento: 08:14

ANCONA  - A chi è già stato infettato dal Coronavirus – e da più di sei mesi – sarà somministrata una sola dose di vaccino, senza bisogno del richiamo. Chi invece l’ha contratto più di recente, dovrà attendere. Niente richiamo anche per chi si contagia dopo la prima iniezione.

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È questa la sintesi del documento che stanno elaborando ministero della Salute, Istituto superiore di sanità ed Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco), con una sensibile modifica della profilassi che si tradurrebbe anche in un’accelerata della campagna vaccinale, al momento troppo lenta. 


Il provvedimento, infatti, permetterebbe di “liberare” diverse dosi, che potranno essere usate per immunizzare i vari target prioritari.

Quante, con precisione, ancora non si sa. Ma nell’attesa che ciò si concretizzi, la macchina organizzativa marchigiana arranca. «A mia madre, 94enne che vive a Jesi in provincia di Ancona, è stata assegnata una prenotazione per la vaccinazione il 5 aprile. Trovo questo insultante nei confronti degli anziani». L’aspra critica affidata ad un post su Facebook non arriva da un qualsiasi figlio preoccupato per i tempi decisamente lunghi della somministrazione, ma da Massimo Clementi, direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale San Raffaele. 


Un esperto in materia rimasto basito non solo per l’attesa biblica a cui la propria madre ultranovantenne viene sottoposta, ma anche per l’organizzazione della campagna vaccinale sul target degli over 80 in generale. «È incredibile – il commento tranchant del virologo – e tutto ciò mi ha sorpreso enormemente. Il post non l’ho fatto a titolo individuale, per la mia situazione personale, ma perché mi sembrava ovvio che i novantenni dovessero avere una corsia preferenziale». Nei piani della Regione, la somministrazione della prima dose ai circa 124mila ultraottantenni appartenenti al target avrebbe dovuto concludersi a 21 giorni di distanza dal vaccine day del 20 febbraio. Ma così non sarà perché «non abbiamo una fornitura sufficiente, quindi ci sarà una diluizione nel tempo», fa sapere l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini.


E perciò, oltre alla mamma del virologo, ci saranno diversi altri over 80 per i quali la profilassi slitterà in avanti. Una criticità non da poco, come sottolinea Clementi, che articola poi l’analisi allargando il perimetro fino alla Gran Bretagna: «parliamo sempre male degli inglesi per come hanno gestito questa epidemia, ma là i novantenni li vanno a vaccinare a casa, mentre mia madre deve andare in un bocciodromo». La stilettata fa riferimento al fatto che il centro vaccinale jesino sia stato allestito proprio nella bocciofila comunale, ma è in primis contro il mancato avvio della somministrazione a domicilio che Clementi punta il dito. A livello nazionale, è già stato sottoscritto l’accordo con i medici di base affinché siano loro a coprire questo servizio, ma serve la declinazione regionale, che ancora non è stata formalizzata.


Dopo il primo incontro, lo scorso 17 febbraio, tra Regione e sindacati della categoria, se ne sono susseguiti altri e la quadra sarebbe all’orizzonte, ma non c’è ancora una data precisa. Intanto, dal 20 febbraio è possibile richiedere la vaccinazione domiciliare per chi non deambula sulla piattaforma messa a disposizione da Poste italiane (https://prenotazioni.vaccinicovid.gov.it). «Mia sorella ha chiamato il medico di base, che le ha detto di non sapere ancora nulla – insiste il virologo –. Credo sia fondamentale, perché con i bocciodromi non si va lontano». Insomma, questa campagna vaccinale poteva essere organizzata meglio? «È un eufemismo – non usa mezzi termini –: mancano i vaccinatori ed i vaccini. Parliamo tanto di varianti, ma mi viene il sospetto che sia un alibi. In Israele, il 100% del virus che circolava era la variante inglese: ora, con le vaccinazioni, è sparita. Ci sono le varianti perché non stiamo vaccinando ad una velocità adeguata».

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