L’infettivologo Tavio: «L’inverno non sarà terribile ma soltanto grazie ai vaccini»

Marcello Tavio, presidente degli infettivologi italiani e primario della divisione di Malattie infettive all’ospedale di Torrette
Marcello Tavio, presidente degli infettivologi italiani e primario della divisione di Malattie infettive all’ospedale di Torrette
di Martina Marinangeli
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Domenica 31 Ottobre 2021, 01:10 - Ultimo aggiornamento: 16:05

ANCONA - Professor Marcello Tavio, presidente degli infettivologi italiani e primario della divisione di Malattie infettive all’ospedale di Torrette, i casi Covid sono in aumento: cosa dobbiamo aspettarci? 
«L’unica cosa certa era che, dopo la riapertura delle scuole, la ripresa delle attività normali e l’inizio della stagione invernale, i contagi sarebbero aumentati. La difficoltà era prevedere di quanto sarebbe salita la curva. Già sapevamo che il vaccino non avrebbe dato il 100% della copertura dai contagi». 


Ma il vaccino sta assolvendo al suo compito? 

 
«Certo. Il vantaggio insostituibile della vaccinazione è l’impatto enorme sulla percentuale di persone che sviluppano la malattia, in tutte le fasi. Questo è il compito del vaccino: è da bambini sciocchi vederlo come ad un’armatura che non fa passare niente. I sistemi immunitari sono diversi. Un vaccino che dà una copertura al 90% è un enorme risultato. Nessuno tra i no-vax si azzardi a dire che non funziona: basti pensare a dove saremmo a questo punto se non ci fosse».


In effetti, lo scorso ottobre viaggiavamo su oltre 200 ricoveri Covid ed un numero giornaliero di contagi che oscillava tra le 500 e le 600 unità.
«Esatto. Ed oggi abbiamo a che fare con una variante che è 10 volte più diffusiva e contagiosa, quindi saremmo alla canna del gas».


A proposito di varianti, quanto dobbiamo preoccuparci per la Delta plus?
«In questo momento, è sotto attenta osservazione da parte della comunità scientifica. I problemi che possono presentare le varianti sono tre: se sono più diffusive, se sono più aggressive clinicamente, e se non rispondono ugualmente bene ai vaccini che abbiamo a disposizione.

Sappiamo che, probabilmente, la Delta plus è un po’ più diffusiva, non sappiamo se sia clinicamente peggiore, ed al momento non pare sia più resistente al vaccino».


C’è il rischio che si ritorni ai livelli di saturazione degli ospedali dello scorso inverno? 
«Sono convinto di no. Secondo me ci collocheremo in una situazione che ci permette di gestire e non di essere gestiti dal virus. Grazie ai vaccini, i rapporti di forza tra noi ed i Covid sono cambiati: ora siamo più forti noi».


In altri Paesi, la situazione sta peggiorando rapidamente: come mai?
«La vera differenza tra noi e, per fare un esempio, il Regno Unito, è il fatto che non abbiamo smesso di usare le mascherine e misure come il distanziamento. Siccome il vaccino non permette di annientare il virus, bisogna cercare di farlo circolare il meno possibile, anche con queste misure non farmacologiche. E, contestualmente, dobbiamo continuare a spingere sulla vaccinazione».


Nelle Marche, pare esserci uno zoccolo duro della popolazione, pari a circa il 15%, che non intende vaccinarsi.
«Con i no-vax non si discute, ma dobbiamo recuperare pazientemente, uno alla volta, gli indecisi».


È possibile prevedere quando torneremo alla normalità?
«Ottimisticamente, direi la prossima primavera, quando inizieremo ad avere il 90% di persone vaccinate, molte con la terza dose. Si supera l’inverno e si toglie la mascherina. Ma non sarà un ritorno completo alla normalità, perché il virus non lo avremo eliminato. L’eradicazione del Covid non è sul tavolo: se la gente non si vaccina, non è che il virus si suicidi, quindi in quella fetta di popolazione continuerà a circolare».

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