Il virologo Menzo: «I test salivari sono un compromesso. L’obbligo vaccinale è l’unica via. Spero che un Paese faccia da apripista»

Il professor Stefano Menzo
Il professor Stefano Menzo
di Martina Marinangeli
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Venerdì 27 Agosto 2021, 02:35 - Ultimo aggiornamento: 15:24

ANCONA - Professor Stefano Menzo, direttore del laboratorio di Virologia degli Ospedali riuniti di Torrette e docente di Microbiologia alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche, nonostante il ciclo vaccinale completo, alcune persone hanno necessitato di ricoveri in reparti intensivi e semi intensivi, anche un giovane di 39 anni: qual è la ragione?
«La probabilità che questo avvenga è molto bassa, ma quando c’è un certo numero di persone contagiate, anche una probabilità bassa può verificarsi. Prima i giovani ricoverati erano uno su 100, adesso ce ne sono di più». 

 
Ma aveva ricevuto il ciclo completo.
«La profilassi protegge con una certa probabilità, valutata a seconda dei mesi trascorsi dalla vaccinazione.

Come ovvio aspettarsi, il vaccino perde efficacia con il passare dei mesi, benché di pochissimo nella protezione dalla malattia grave. La copertura non è mai al 100%: siamo attorno al 90% e poi si scende piano piano». 


Domanda secca: il vaccino funziona? 
«Sì, altrimenti vedremo molti più ricoveri».


Nelle ondate a cavallo tra l’autunno e la primavera, i reparti ospedalieri, specie quelli intensivi, si sono saturati: vedremo di nuovo lo stesso film? 
«No, non vedremo le Rianimazioni sature al 40-50%, su questo sono relativamente ottimista. Però andremo sopra il 10%, questo sì, e dovremo dunque aspettarci anche un aumento dei decessi». 


Il fatto che i sieri perdano efficacia di mese in mese, può tradursi in una nuova ondata in autunno?
«Le persone che si sono vaccinate per prime, saranno le prime in cui la copertura inizierà a vacillare. Tra queste ci sono gli anziani: ecco perché si parla, giustamente, di terza dose. Ora il problema è solo organizzativo». 


Non si rischia di arrivare in ritardo sulla tabella di marcia? L’autunno è alle porte. 
«Non so. Non mi è piaciuto molto che il governo abbia dichiarato che il Green pass dura 12 mesi anziché 9. Sembra una misura “foglia di fico”: non riusciamo a fare nulla entro i 9 mesi, quindi lo estendiamo a 12».


Il 15 settembre ripartono le scuole e solo un ragazzo su tre, tra i 12 ed i 19 anni, è vaccinato: quanto rischiamo che le aule diventino un moltiplicatore del contagio?
«Siamo tutti convinti che a settembre avremo una ripresa dei contagi».


La Regione pensa di utilizzare i test salivari per evitare le quarantene di classe: è una misura corretta a suo avviso? 
«È una soluzione-compromesso. La diffusione va prevenuta, mentre così si arriva sempre in ritardo sul virus. È comunque meglio di niente, perché almeno blocco le infezioni che il soggetto positivo avrebbe potuto generare, però la soluzione vera sarebbe spingere molto sulle vaccinazioni».


Il governo sta valutando di introdurre l’obbligo vaccinale: cosa ne pensa? 
«Spero che prima o poi qualche Paese adotti un obbligo vaccinale tout court, facendo da apripista. Non c’è altra strada da percorrere se non quella della vaccinazione».


L’immunità di gregge, al momento, non sembra un obiettivo raggiungibile.
«Con questo vaccino non raggiungeremo, almeno nel giro di pochi mesi, un’immunità così efficace da stroncare del tutto l’epidemia, anche se si raggiungesse il 100% dei vaccinati. Sarebbe però già un bel passo avanti. Poi vedremo con i vaccini tarati sulle varianti». 


È una rincorsa costante, insomma.
«Esattamente. Non c’è abbastanza dialogo internazionale per permettere un’organizzazione equa della vaccinazione. Vedremo dei sieri tarati sulle varianti, che saranno più efficaci di quelli attuali; vedremo anche vaccini che fanno meno paura alle persone, perché basati su una proteina anziché sugli acidi nucleici che tanto spaventano. Ma i problemi organizzativi rimarranno». 


È possibile prevedere quando usciremo da questa pandemia? 
«Non so neanche quanto sia giusto parlare di “quando”; la domanda potrebbe essere “se”. Al momento non vedo i presupposti per dare una risposta positiva al “se”. Bisognerà aspettare l’uscita dei nuovi vaccini e nuove politiche vaccinali globali. Poi si potrà discutere sul “se”. Per ora si sta cercando di rallentare il più possibile il contagio».

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