Professor Stefano Menzo, direttore del laboratorio di Virologia dell’azienda ospedaliera Ospedali riuniti di Torrette, la variante indiana del Covid ha fatto scattare più di un campanello d’allarme: nelle Marche è stato individuato qualche caso?
«No, la variante indiana non l’abbiamo ancora rilevata nelle Marche. Ma, per il momento, in generale in Italia si sono verificati sporadici casi, che speriamo non ricapitino».
Cosa si può fare per limitarne la diffusione?
«Può dipendere da quanto funzioneranno i controlli per gli ingressi.
E così, per esempio, la variante inglese è potuta dilagare in tutto lo Stivale.
«È l’unica delle varianti che ha preso veramente piede. Poi c’è quella brasiliana, che si è ricavata una nicchia anche qui nelle Marche, in particolare nella provincia di Pesaro Urbino, dove si registra una percentuale consistente nel tempo. Tutte le altre, come quelle americane o sudamericane, le osserviamo sporadicamente».
La variante inglese resta, dunque, ancora quella prevalente.
«Assolutamente sì. Un fenomeno come quello legato alla variate inglese non si è visto in altri casi. Quella indiana, per quello che sta facendo in India, sembra avere caratteristiche simili dal punto di vista dei vantaggi diffusivi. Però sicuramente quella inglese ha avuto un effetto particolare».
La variante inglese sembra di sì. Quella indiana, invece, risponde ai vaccini?
«Non si sa ancora perché non c’è stato modo di fare le sperimentazioni: chi l’ha isolato potrebbe fare delle verifiche in vitro, come abbiamo fatto per tutte le varianti che sono passate da noi. Per esempio, abbiamo verificato che la variante sudafricana è molto più refrattaria alla neutralizzazione. C’è dunque un problema legato a questa varante, che per fortuna da noi non circola».
Quindi sarà necessario “aggiustare” i vaccini per renderli efficaci contro le nuove varianti?
«Sì. Il vaccino si può fare a tavolino in pochi giorni. Il problema poi è riprogrammare tutta la produzione, percorso un po’ più lento. Ma penso che con queste tecnologie si possa andare abbastanza in fretta. Comunque, prima di farlo, stanno tutti a guardare come si evolve la situazione, perché nessuno investe se poi le varianti, dopo un mese, sono già cambiate».
Quanto si dovrà aspettare?
«Si dovrà attendere, in primis, che ci sia un’ampia porzione di persone vaccinate nel mondo - o comunque immunizzate -, vedere cosa succede e quali varianti rimangono stabilizzate, e poi si procederà con le modifiche dei vaccini».
È possibile dire se le nuove varianti hanno un tasso di letalità più alto rispetto al ceppo originario?
«No, non è stato dimostrato niente del genere».
Nelle Marche, la situazione pandemica sta migliorando: significa che siamo riusciti ad arginare lo tsunami inglese?
«Sì, ci siamo riusciti con le misure della zona arancione: ora che passiamo a quella gialla, non so quanto riusciremo a tenerla fuori».
Ci dobbiamo aspettare la quarta ondata?
«Non proprio un’ondata: ci sarà qualche piccolo segnale di ripresa e si dovranno reintrodurre delle misure restrittive».
Nel 2020, l’arrivo dell’estate frenò di molto i contagi: possiamo sperare?
«L’anno scorso uscivamo da un lockdown durissimo che era stato molto efficace: non è paragonabile alla situazione attuale».
Avremmo dovuto aspettare ancora un po’ prima di riaprire, quindi?
«Se riusciamo a far bene il lavoro sui tracciamenti, investendo su questo come finora non è stato fatto in Italia, potrebbe andare bene. Altrimenti, l’altra strada è quella delle restrizioni».
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