Il virologo Menzo: «Ora Omicron dilagherà nelle scuole». E sul tracciamento: «Si fa solo in Italia, risorse buttate»

Il prof Stefano Menzo docente di Univpm
Il prof Stefano Menzo docente di Univpm
di Martina Marinangeli
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Lunedì 3 Gennaio 2022, 02:35 - Ultimo aggiornamento: 4 Gennaio, 08:40

ANCONA - Professor Stefano Menzo, direttore del laboratorio di Virologia degli Ospedali riuniti di Torrette e docente di Microbiologia alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche, la Omicron procede a grandi falcate ed i contagi si impennano: qual è il quadro? 
«Come vediamo tutti, da questo punto di vista sta andando malissimo».


È già diventata prevalente, scavalcando la Delta? 
«Nelle Marche ancora no, ma più o meno un terzo dei tamponi che processiamo, ormai è Omicron».


Seguendo questa progressione, al rientro dalle vacanze natalizie avremo solo casi Omicron? 
«Solo Omicron no, ma sicuramente sarà diventata prevalente nel frattempo».

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Allo stato dei fatti, si può dire che sia più diffusiva delle varianti che l’hanno preceduta.
«Sì, è più diffusiva. Anche se pure la Delta ci aveva messo molto poco a superare l’Alpha, cioè la variante prevalente in quel momento». 


Con la riapertura delle scuole rischiamo un ulteriore aumento dei contagi, che già galoppano ogni giorno a quattro cifre? 
«Sicuramente. Qualunque sia il livello di contagio in quel momento, con la riapertura della scuola sarà amplificato, come sempre successo finora. A meno che non si vaccinino in maniera massiccia i bambini, ma non mi pare che stia succedendo questo al momento, anzi». 


Come valuta la decisione del governo di rimodulare le quarantene dei vaccinati, utilizzando un approccio meno restrittivo? 
«Finora l’approccio era stato anche troppo difensivo: abbreviarla a cinque giorni va bene, è ragionevole».


Ed eliminare del tutto la quarantena, in caso di contatto stretto con positivo, per chi ha ricevuto tre dosi? 
«Questo è un po’ un rischio. Chi ha ricevuto la terza dose è molto più protetto, ma non è una garanzia di blocco totale del contagio». 


Questa variante, almeno per ora, sembrerebbe essere meno patogena: è possibile dirlo con certezza? 
«No, e non lo capiremo facilmente. Il discorso sulla minor patogenicità ha tante variabili: prendere i dati da altri Paesi è fuorviante perché ci sono storie diverse dell’infezione e di come si è diffusa nella popolazione.

Lo si capirà quando, anche da noi, sarà prevalente già da un certo periodo. Potremmo assimilare situazioni di altri Paesi europei, ma in Inghilterra, ad esempio, ci sono state molte più infezioni naturali, quindi è difficile paragonare la loro situazione alla nostra. Benché qualcuno stia iniziando a raccontare cose sulla minor patogenicità, secondo me è ancora azzardato». 


Si sta parlando di “raffreddorizzazione” del virus. 
«Quando tutti noi avremo fatto più dosi di vaccino ed avremo avuto qualche infezione naturale, tra qualche anno, sicuramente il Covid farà meno male: continuerà a circolare nella popolazione, ma senza provocare molte infezioni gravi e morti. A quel punto, potremmo parlare di “influentizzazione”, ma ci vorrà un po’ di tempo. Adesso è ancora presto per dire una cosa del genere». 


È possibile prevedere tra quanto potrà esserci questo depotenziamento del virus? 
«No, ma di sicuro non succederà a primavera, come qualcuno sta dicendo».


Il 2022 sarà ancora all’insegna di una guardia alta contro il Covid, quindi.
«Sì, la cosa migliore che possiamo fare è continuare a vaccinare il più possibile. Se non basta, qualche restrizione a breve termine potrebbe aiutare». 


Pochi giorni fa, il governatore Francesco Acquaroli ha detto che lo scivolamento in zona arancione è inevitabile: concorda?
«Sì, lo dicono i numeri. Poi, storicamente, le Marche hanno un basso numero di posti in Rianimazione per abitante e, dunque, finiscono rapidamente in queste restrizioni».


Al momento, un’altissima percentuale di chi arriva in terapia intensiva non è vaccinato.
«È vero, sono loro che rischiano la malattia grave». 


Dunque, benché la Omicron buchi in parte lo scudo dei vaccini, la difesa contro la malattia grave tiene.
«Sì, esatto. Per questo si parla di fenomeno di raffreddorizzazione: magari dopo una quarta dose di vaccino si arriverà ad un’infezione che, anche se dovesse attecchire, non provocherà danni e si potrà tollerare». 


Un’enorme criticità che si sta registrando in questo momento è legata al tracciamento: i casi aumentano troppo in fretta ed il tracing non riesce a star dietro al contagio.
«Il tracciamento è sotto pressione perché in Italia si perdono tempo e risorse per fare il follow up di chi ha preso l’infezione. Un’operazione del tutto inutile, che facciamo solo nel nostro Paese. Fare il tampone a 7-10 giorni a chi ha contratto il virus significa avere la quasi certezza che sarà ancora positivo. Sono risorse buttate».

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