Il professor Donati, coordinatore regionale delle terapie intensive e primario a Torrette: «In rianimazione ci sono casi più gravi della prima ondata»

Abele Donati
Abele Donati
di Martina Marinangeli
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Sabato 23 Gennaio 2021, 02:35 - Ultimo aggiornamento: 08:30

ANCONA Professor Abele Donati, coordinatore regionale delle Rianimazioni e primario della clinica Rianimazioni nell’azienda ospedaliera di Torrette, dai bollettini quotidiani, il numero dei ricoveri sembra decrescere: com’è la situazione?

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«C’è qualche riduzione, ma è prematuro pensare che la curva sia in discesa.

Un paio di settimane fa avevamo ridotto di qualche numero i posti letto, ma poi si sono rapidamente riempiti».

 
Si tratta di “piccole ondate” ricadenti sempre all’interno della seconda?
«Sì, per ora è tutto relativo alla seconda ondata».


La terza ce la dobbiamo aspettare?
«Difficile fare previsioni: molto dipenderà dall’eventuale ingresso di varianti più contagiose com’è successo in altri Paesi e che, effettivamente, potrebbe portare ad una terza ondata importante. Ecco perché la vaccinazione è fondamentale: limita la diffusione del virus».


La variante inglese è giù arrivata nelle Marche: come ci si difende?
«Rispettando le regole, con il distanziamento ed indossando la mascherina. Per ora questo è l’unico modo in cui possiamo difenderci».


Com’è il livello di saturazione delle Rianimazioni marchigiane al momento? 
«C’è stata una piccola riduzione in questi giorni, con qualche posto libero, ma non possiamo dirci ancora tranquilli».


In quali strutture si registra la situazione più critica?
«Fino ad una settimana fa circa, a Pesaro, ma ora sta un po’ rientrando. Nell’Area vasta 2 la situazione è ancora al limite. Così come nel sud delle Marche, dove il focolaio di Fermo ha impegnato molto il sistema. È una situazione fluida e non ben definita».


Il Dl 34 ha permesso l’ampliamento del numero di posti letto in terapia intensiva in tutti gli ospedali: come procede a Torrette?
«Sono iniziati i lavori per i 20 nuovi posti di terapia intensiva: saranno pronti in un paio di mesi circa. A breve partiranno anche dei lavori di ristrutturazione per ulteriori 6-8 posti intensivi nella palazzina di Malattie infettive».


Il livello di criticità dei pazienti che seguite oggi in Rianimazione è lo stesso della prima ondata?
«Sono anche più gravi. C’è un maggior rischio di comparsa di infezioni, forse legato alla precoce terapia cortisonica che viene fatta».


Può spiegare questo punto? 
«Il cortisone è una delle terapie indicate per il trattamento del Covid quando inizia a dare qualche problema, e si è visto che riduce la mortalità. In generale fa bene, ma abbassa le difese immunitarie e quindi è più facile che intervengano altre infezioni: i pochi pazienti che non rispondono a questa terapia, arrivano in Rianimazione in condizioni peggiori di chi il cortisone non l’ha preso affatto».


Come mai, ad oggi, non esiste una cura al Covid?
«La ricerca di antivirali è una cosa abbastanza complessa. Una qualche speranza la potrebbero dare gli anticorpi monoclonali, quelli usati in via sperimentale per curare Trump. Ma anche questi, come gli antivirali ed il plasma iperimmune, vanno somministrati in una fase precoce perché quando ormai il polmone è disastrato ed il paziente è intubato, anche se si elimina il virus i danni ormai ci sono».


Se la terza ondata dovesse arrivare, il sistema sanitario regionale reggerebbe all’onda d’urto?
«Non so dare una risposta: ancora stiamo facendo i conti con la seconda. Comunque ci sono regole, restrizioni che hanno portato ad una riduzione dei numeri. Speriamo non si debba affrontare la questione».

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