Ceriscioli ricoverato: «Capisco l’economia ma quando c’è la salute di mezzo si chiude. Varianti rischio per gli ospedali»

Ceriscioli ricoverato: «Capisco l’economia ma quando c’è la salute di mezzo si chiude. Varianti rischio per gli ospedali»
di Andrea Taffi
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Mercoledì 17 Febbraio 2021, 04:05 - Ultimo aggiornamento: 08:18

PESARO - «Sto bene, è un ricovero precauzionale. Zitti che stamattina non avuto la febbre. Non la vorrei evocare». Il tono della voce leggermente obliquo tra il basso e l’indebolito. L’ex governatore e sindaco di Pesaro Luca Ceriscioli risponde dal letto di ospedale del San Salvatore, reparto di Medicina. Sembra sorpreso anche lui di essere finito in uno dei reparti di malattie infettive. 


Presidente, ma cosa ha combinato?
«Niente, tutto in linea.

Ma avevo la febbre da dieci giorni e non se ne andava. I medici hanno voluto vederci un po’ più a fondo».

 
Febbre quanto alta?
«Arrivava a 39».


A 39 di febbre tutti i giorni non è proprio una passeggiata di salute.
«Non avevo sempre 39. Si alzava e si abbassava».


Sintomi?
«Soprattutto la spossatezza dovuta alla febbre . Un po’ di tosse, la perdita del gusto e dell’olfatto ormai da giorni».


L’ha seguita il medico di base?
«No, ero in contatto con il primario del reparto, Frausini. Era preoccupato perché la febbre insisteva».


Quindi era meglio approfondire direttamente in reparto con altri esami. Cosa hanno rilevato?
«La tac ha evidenziato che la parte superiore di un polmone era interessata dall’infiammazione».


Quindi? Per quale tipo di terapia si è deciso?
«Antivirali e plasma iperimmune. Se penso a quella polemica con Lega lo scorso maggio mi viene da sorridere. Adesso la sto vivendo direttamente sul mio braccio». 


Suo papà come va? 
«Sta bene. È uscito dall’ospedale. Se riesce a tenere l’ossigeno va alla grande, ha reagito benissimo a tutte le terapie che gli hanno prescritto».


Messaggi dai ragazzi?
«Sì, qualcuno. Ma ne ho ricevuti tanti. Mi ha scritto il vescovo con cui sono in ottimi rapporti. Dei miei alunni in realtà mi hanno scritto quelli della scuola serale».


Tipo?
«Beh, quelli non sono più ragazzi, sono... ragazzotti (sorride, ndr). Sono gli adulti che frequentano la scuola serale: nel mio istituto c’è un storica sezione dedicata a coloro che vogliono diplomarsi. Vanno a lavorare, poi escono e vengono a scuola. Ce n’è uno che ha la mia età. Un altro ha dieci anni più di me. Sono stati molto carini».


Sta sentendo cosa succede a livello politico?
«Sì, leggo, ascolto».


La decisione se chiudere o non chiudere. E se chiudere quanto chiudere. Un bel dilemma.
«Leggo nelle chat del Pd. Se ne discute anche tra di noi sui problemi della zona di Ancona. L’argomento è molto combattuto anche perché mi pare che la maggioranza abbia fatto un sondaggio tra i nostri per capire come l’avrebbero presa».


Un sondaggio?
«Da come leggo percepisco che forse qualche chiacchiera c’è stata».


Lei come l’avrebbe gestita?
«Se gli indicatori dicono che il contagio cammina capisco le remore dovute all’economia e alla produzione ma bisogna chiudere. Prima dell’economia viene la salute. Le varianti rischiano di mettere nei guai gli ospedali».


Ha già fatto pranzo?
«Certo. Ma non saprei dirle se era buono. Non ho sentito nulla».

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