Il governatore Ceriscioli a tutto campo: «Riaprirò le Marche solo a chi avrà operai bardati stile-Wuhan»

Il Governatore delle Marche Luca Ceriscioli
Il Governatore delle Marche Luca Ceriscioli
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Domenica 19 Aprile 2020, 03:55 - Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 09:45
Presidente Ceriscioli, che cosa la preoccupa di più a due settimane dal probabile sblocco del lockdown? 
«Da un punto di vista sanitario voglio che non si sottovaluti nulla ed evitare nuovi focolai. Per l’economia vorrei che le imprese ripartissero bene. Che avessero gli strumenti giusti per riavviare la produzione, la liquidità, le condizioni per farlo, le filiere complete».

Lo Stato ha promesso 400 miliardi. Bastano?
«Per noi ce ne sarebbero cinque. Di sicuro sono un ordine di grandezza inavvicinabile per le Regioni».

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Lei ha detto: «Se un’azienda è in grado di assicurare la sicurezza del lavoro può partire prima del 4 maggio». Non sarebbe meglio un po’ di prudenza? 
«Perché? Se ha rispettato tutti gli obblighi di tutela va bene partire anche domani. Il punto non è la data giusta ma assicurare la protezione dei lavoratori. Se ci fissiamo sulla data rischiamo di far partire le aziende che non devono partire e tenere ferme quelle che invece devono scattare. Il criterio corretto è la salute dei lavoratori».

Che ne pensa di Colao e della task force messa in campo dal governo? Vorrebbe lui come interlocutore?
«So molto poco, oggi abbiamo avuto una call con Emilia, Lombardia e Sicilia che collaborano per dare indicazioni sulla fase due ma erano nella più totale incertezza. Le battute si sprecavano: vuoi vedere che stasera c’è la diretta Facebook di Conte? A parte questo siamo a quello che si legge: gradualità nelle aperture, qualche settore potrebbe riaprire prima del 4 maggio, ma sempre alle condizioni di cui sopra».

Lei è stato un preveggente dall’inizio di questa storia: stavolta sarà sufficiente andare avanti così? 
«Sì, se si attua il famoso decalogo. Questa convinzione non ce l’ho da ieri ma da un po’. Più o meno da quando ho avuto l’intuizione giusta».

Che tipo di intuizione? 
«Ho visto immagini delle fabbriche di Wuhan. Di come erano protetti nelle fabbriche al ritorno al lavoro: mascherine, visiere, tute protettive. Ecco, mi sono detto, quando torneremo a lavorare quello deve essere il nostro standard. Che si lavori nelle fabbriche come si entra in terapia intensiva».

Per cui torniamo al punto che non è fondamentale il “quando” ma il “come”? 
«Va sfruttato questo periodo per prepararci. Ma, attenzione, qui parliamo del decreto 81: lo prevede già che i lavoratori debbano essere tutelati. Non va messa a rischio la salute sul posto di lavoro». 

C’è anche il percorso casa-lavoro.
«Ricordo un periodo in cui andando in Comune vedevo i lavoratori che andavano in fabbrica uno a uno in macchina. Per fortuna nelle nostre città abbiamo la capacità di gestire il percorso casa-lavoro che è uno degli elementi decisivi per la tutela del lavoratore». 

Come potrà lavorare un distretto basato sui laboratori come quello calzaturiero?
«Dovranno lavorare con modalità molto differenti rispetto a prima. Più turni, più dispositivi di protezione rispetto alla semplice mascherina. Mi rendo conto che è una riconversione difficile: il costo della vestizione, l’allestimento del secondo turno. C’è un problema di sostenibilità economica, lo so, ma non c’è alternativa».

La moda, per esempio: vogliono partire subito.
«La stessa cosa: modificare le condizioni di lavoro per tutelare le lavorazioni». 

I mobilieri?
«Quelli li conosco meglio. Gli amministrativi tutti a casa in smartworking. Poi la tecnologia aiuta tanto in fabbrica per il distanziamento. Qui bisogna operare sui bagni, ingressi e uscite scaglionati. Percorsi comuni. Per tutto il manifatturiero sarà una fatica ma va fatta. Abbiamo tempo fino al 4 maggio». 

Il suo assessore al Turismo, Pieroni dice che in spiaggia si riapre ai primi di giugno. Una dichiarazione forte.
«È un’ipotesi fondata: se a fine aprile ho azzerato i contagi, a fine maggio ho sistemato le procedure per la sicurezza a giugno magari posso anche aprire». 

Non teme l’ondata di ritorno?
«Devo tenerla in conto anche perché lo dicono tutti gli esperti. È uno dei motivi per cui ci serve l’ospedale temporaneo di Civitanova».

Il dibattito in corso tra le Regioni sulle riaperture totali e chi invece è pronto come il collega della Campania, De Luca che vuol chiudere il confine.
«Siamo alla sagra delle dichiarazioni impossibili. Ma come fai a chiudere i confini di una regione? Noi siamo per seguire la roadmap indicata dallo Stato. Il lavoro specifico della Regione consta invece nell’impegnarsi nel facilitare i percorsi di traduzione per la tutela della sicurezza. Essere consulenti di chi vuol riaprire più che il controllore». 

È corretto dire che Luca Ceriscioli adesso è un governatore con piena proprietà del suo ruolo e dei suoi poteri?
«Le cose che ho fatto quando ho deciso di blindare la regione per l’avanzata del virus era nel perimetro della legge. Se abbiamo gli strumenti è giusto applicarli, anche in maniera dura». 

Si è vista però una differenza marcata rispetto al periodo del terremoto.
«Sono due ambiti diversi: con il sisma si era in un assetto legislativo diverso. Possiamo discutere se durante il terremoto potevamo aprire un fronte più caldo nei confronti del governo ma non avremmo avuto gli strumenti che abbiamo avuto in ambito di virus».

Il modo di porsi davanti ai problemi è stato ben diverso.
«Garantisco che la Regione ha fatto di tutto per trovare il suo spazio di movimento. Almeno un anno e mezzo di lavoro con questa intensità, non so se è chiaro. Capisco che forse all’esterno non sia filtrato: di recente, all’incontro con i sindaci ad Arquata c’era un grande affiatamento con tutti gli amministratori. Loro non hanno visto nella Regione il problema, ma un ente che ha cercato di fare il possibile».

Il tema scottante delle case di riposo e il balletto delle responsabilità.
«La questione dell’obbligo di indossare i dispositivi di protezione per i dipendenti e la tutela degli ospiti è in capo ai responsabili delle strutture. Non può valere il principio che uno è responsabile fino a quando non ha un problema. Questo deve essere chiarissimo».

Detto tutto questo… 
«Abbiamo cercato di fare ciò che era in nostro potere per aiutare le strutture. Se qualcuno cerca bagarre o confusione per cui un ammalato è un problema della Regione credo sia un atteggiamento furbetto per scaricare ad altri le responsabilità. Abbiamo mandato tutto quel che potevamo: dai medici alle mascherine senza mettere a repentaglio quanto di nostra competenza».

Il voto di primavera: quando si vota secondo lei?
«Ottobre. Quando mi hanno interpellato ho risposto che bisognava accorpare il voto per le Comunali e quello per le Regionali. Diversamente sarebbe stato uno spreco ingiustificabile. Luglio? Mi pare molto, troppo presto».

È vera la confidenza che ha fatto allo staff che dorme meglio ora di quando il Pd Marche non trovava la quadra sul candidato?
«Confermo».

Ma sua moglie la tiene ancora in quarantena?
«No, ma dice che sto ingrassando».
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