La Politecnica riapre le porte, Gregori: «Tutti in presenza, anche le lauree. Ne vedrete delle belle»

La Poleticnica riapre le porte, Gregori: «Tutti in presenza, anche le lauree. Ne vedrete delle belle»
La Poleticnica riapre le porte, Gregori: «Tutti in presenza, anche le lauree. Ne vedrete delle belle»
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Mercoledì 27 Gennaio 2021, 08:25

Con una metafora della ripartenza, Gian Luca Gregori definisce il teorema: «L’ateneo è un luogo di confronto universale, per promuovere il trasferimento della conoscenza». Ha trovato il punto d’equilibrio, tra distanza e prossimità, il rettore della Politecnica. E subito lo fissa: «La persona rimane al centro». Metafora, appunto. 

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«Il nostro obiettivo è sempre stato il rientro in aula degli studenti in sicurezza, perché possano partecipare attivamente, interagire tra loro e con i docenti». 

 
Quando si tornerà nelle facoltà? 
«In realtà l’attività didattica non s’è mai fermata, in quanto hanno avuto la possibilità di frequentare gli studenti del primo anno, coloro che devono svolgere le attività di tirocinio, di laboratorio e chi sta lavorando alla tesi. E dal 1° febbraio varrà per tutti. La Politecnica riaprirà le sue porte e le lezioni riprenderanno in concomitanza dell’avvio del secondo semestre. Lo ha stabilito stasera (ieri, ndr) il senato accademico». 
Vi state organizzando? E come? 
«Garantendo gli standard di sicurezza, ma senza rinunciare alla didattica a distanza. Per l’accesso agli spazi c’è un QR code col quale prenotare il posto tramite l’App o il portale dedicato, dov’è possibile anche consultare l’orario delle lezioni. Senza dimenticare l’uso corretto delle mascherine, la misura di igienizzarsi spesso le mani e di prevenire qualsiasi forma di assembramento». 
Il passo successivo? 
«Arrivare presto anche alla discussione delle tesi di laurea in presenza».
Non vi siete mai bloccati.
«Sono aperti i servizi comuni: segreterie studenti, biblioteche, mediateche, atelier informatici. È assicurato l’orientamento per gli studenti delle superiori. Dal 3 al 18 febbraio ci saranno gli open day, con un titolo che riassume il nostro obiettivo: Progetta un nuovo futuro». 
Tanto per stare sul pezzo. 
«È un modo per incontrare i ragazzi, anche se virtualmente, accoglierli nelle facoltà e far loro visitare i nostri spazi. A marzo si terrà, poi, il terzo appuntamento con il Job Service, un’evoluzione del tradizionale Career Day, che offre ai laureati nuove possibilità e alle aziende opportunità d’incontro e d’interazione con i giovani formati dall’ateneo». 
La pandemia quanto ha influito sul rischio di dispersione? 
«Si prevedeva una diminuzione di oltre il 20% delle matricole, ma non è avvenuto. Abbiamo mantenuto i nostri numeri». 
Bel risultato in piena emergenza Covid. 
«Frutto delle scelte fatte per incrementare l’offerta formativa, avviando corsi legati a temi molti attuali come quelli sul data science, il management per la sostenibilità, sulle recenti tecniche diagnostiche e l’altro legato all’industry 4.0. Per ripartire abbiamo bisogno di conoscenze e nuove competenze». 
Ne attiverete di nuovi anche in giro per le Marche? 
«Per il prossimo anno accademico ne sono previsti cinque, in collaborazione con gli atenei della regione. Quattro sono legati alla Facoltà di Medicina, per rispondere alle sfide del momento: Fisioterapia con sede ad Ascoli, Logopedia a Fermo, Terapia della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva a Macerata, più la magistrale in Scienze riabilitative delle professioni sanitarie a Pesaro». 
Il quinto? 
«Sarà attivata, ad Ascoli, la triennale in Sistemi Agricoli Innovativi. Sono tutti in attesa di autorizzazione ministeriale». 
Sanità e ricerca fino a un anno fa erano considerate un costo. Un errore pagato carissimo. Concorda? 
«Sì. Siamo uno dei Paesi industrializzati caratterizzati da limitati impieghi di risorse in ricerca. Questo periodo complesso ha consentito di evidenziare l’importanza di quella scientifica che, oggi, diventa fondamentale anche per lo sviluppo del territorio. È un impegno per le nuove generazioni e per il benessere della società. Su questo lavoriamo costantemente. Inoltre, non c’è didattica senza ricerca e non c’è ricerca senza didattica». 
Sembra uno slogan. 
«Da noi è realtà. Sono stati realizzati investimenti importanti per continuare le attività in sicurezza e avere tecnologie all’avanguardia. Sono stati attrezzati i laboratori con microscopi collegati a tablet e smartphone». 
Della serie: bisogna trarre lezione da ogni situazione. 
«È fondamentale la capacità di adattarsi alle situazioni anche impreviste e provare a rispondere con una programmazione». 
Le Marche sono al collasso. Le nostre micro-imprese fanno fatica a seguire l’evolvere dei mercati internazionali. Poi c’è l’eredità del terremoto e ora il virus. Quanto ossigeno c’è ancora a disposizione? 
«Poco. La maggior parte degli indicatori mostra una situazione negativa, in particolare per la nostra regione, caratterizzata da settori che hanno subito le maggiori perdite. Si pensi al sistema moda. Si è ridotto il numero delle imprese, è aumentato l’accesso al credito per le piccole organizzazioni e questo ha determinato un incremento dell’indebitamento che potrebbe influire negativamente sul ranking e quindi sulle possibilità di accedere a nuove risorse».
Il fiato è corto e il sostegno del governo è precario come il suo destino.
«Viviamo in un clima d’incertezza, sia economica sia politica, e questo ricade inevitabilmente sugli investimenti. Tutto il sistema ha bisogno di certezze». 
Ripassiamo dal via. Ancona-lab. Perché la Politecnica non sempre riesce a trattenere le sue menti pregevoli, garantendo il passaggio da luogo di formazione a polo di ricerca? 
«Non sono del tutto d’accordo e provo ad allargare la prospettiva. Da un lato dobbiamo mantenere le nostre risorse migliori, dall’altro attrarle. Per quanto riguarda il primo aspetto, sono stati realizzati crescenti investimenti nelle attività di ricerca interdisciplinare. Ancona e le Marche sono già un laboratorio che si confronta costantemente a livello internazionale». 
Sul secondo aspetto come siete messi? 
«Dobbiamo migliorare, ma si ha una visione chiara su come catalizzare nuove competenze dall’esterno. E in parte lo stiamo già facendo». 
Gli esempi più recenti? 
«Il grande lavoro svolto dai nostri scienziati per la realizzazione dei sistemi di visione dei robot che contribuiscono alla sicurezza del nuovo Ponte di Genova, gli studi legati alle biodiversità dei legumi e quelli sull’economia circolare, le ricerche sulle microplastiche e il riuso delle acque reflue». 
Quindi per lei vale il “missione compiuta”? 
«No, tutt’altro. L’Università ha la necessità di aprirsi ancora di più, collaborando e mettendo a disposizione le conoscenze scientifiche che riesce a sviluppare». 
Ancona-campus. Il rapporto tra gli studenti e il capoluogo è un’occasione mancata? 
«No. La Politecnica ha i suoi tre poli che, seppur distinti e lontani, coprono aree d’interesse della città e fanno convivere 15mila studenti e circa 1.000 persone tra docenti e tecnici amministrativi. Una piccola città nella città. Si pensi al progetto Ancona Città Universitaria». 
Ancona-marginalizzata. Così come la terra che rappresenta. S’aggrava l’isolamento nella rete dei trasporti pubblici, aereo e ferroviario. Sul fronte del porto non va meglio. Un baratro per l’economia? 
«Il tema è la nostra scarsa capacità di fare lobby che riguarda la totalità delle Marche rispetto ad altre regioni. Occorre presentare istanze comuni e sostenerle insieme, senza logiche di quartiere. A volte la pluralità del nostro territorio diventa motivo di contrasto, invece che un’opportunità e capacità di fare network». 
C’è un vuoto di comunicazione. Si tratta di contenuti o di protagonisti? Manca una leadership? Politica o industriale? 
«Direi piuttosto che non siamo stati capaci di comunicare i nostri valori. D’altronde, si assiste a un proliferare di esperti e tuttologi che affrontano svariate problematiche spesso senza avere le competenze necessarie, innescando talvolta una confusione che può anche risultare pericolosa». 
Ritiene che si sia puntato poco sulle eccellenze culturali e naturalistiche? La Blue Green economy è ancora un bel motto. 
«È molto di più, è un’opportunità per le nostre piccole medie imprese, tra turismo e salvaguardia dell’ambiente. Un volano per la crescita della nostra economia che può conciliare occupazione e tutela ambientale. La vera sfida è quella di “mettere a terra” questi approcci, evitando che rimangano solo parole». 
E allora perché non scommetterci? 
«La Politecnica sta realizzando molti programmi di natura multidisciplinare, che hanno al centro proprio la valorizzazione del patrimonio naturalistico e culturale». 
Correlazione. Altra metafora della ripartenza? 
«La nostra idea di laboratorio continuo». 

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