Il primario Frausini dal fronte Covid: «Marzo è stato peggio, avanti con con plasma iperimmune e anticorpi monoclonali»

Il primario Frausini dal fronte Covid: «Marzo è stato peggio, avanti con con plasma iperimmune e anticorpi monoclonali»
Il primario Frausini dal fronte Covid: «Marzo è stato peggio, avanti con con plasma iperimmune e anticorpi monoclonali»
di Andrea Taffi
5 Minuti di Lettura
Lunedì 25 Gennaio 2021, 08:25

Gabriele Frausini, primario di Medicina interna a Marche Nord, ora riconvertito in una doppia sezione di terapia subintensiva: cosa vede dal suo reparto, c’è davvero un miglioramento della situazione?

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«Negli ultimi giorni la pressione sui reparti è diminuita. In questa seconda ondata ci siamo fatti trovare pronti ed organizzati grazie alla esperienza acquisita con la prima ondata».

La lezione di marzo è stata durissima.
«Parliamo di due realtà differenti. Lì non sapevamo chi fosse veramente il virus, ci muovevamo a vista perché era una malattia nuova e sconosciuta. Stavolta è stata dura ma meno drammatica. Avevamo letti, un’organizzazione flessibile e non ultimo un bagaglio terapeutico e protocolli. E ora l’impegno della direzione ha consentito l’allargamento dei 41 posti di terapia intensiva ».
L’immagine più forte che si porta dietro da marzo?
«Il dramma umano dei pazienti e quello nostro professionale. Ci chiedevamo: perché questo polmone peggiora così improvvisamente, diventa “tutto bianco” e non funziona più? Perché questa insufficienza renale ? Perché è esplosa una miocardite? Perché tutte queste strane embolie polmonari senza trombosi negli atti inferiori?».
Il famigerato peggioramento repentino.
«Un paziente che stava benino in breve aveva bisogno di essere intubato».
Nel giro di?
«Una manciata di minuti».
Avete ricostruito perché avveniva questo peggioramento repentino?
«Si scatenava una reazione immunitaria abnorme che innescava un tempesta infiammatoria , con complicanze trombotiche tali da creare una barriera tra alveoli e capillari polmonari A quel punto anche fare arrivare l’ossigeno al paziente diventava un problema».
Si può dire che i pazienti venissero intercettati troppo tardi?
«Credo che forse sia stato fuorviante l’invito a restare a casa. Mi spiego: stare a casa era giusto per quelli che avevano un decorso lieve o in miglioramento. Per gli altri far passare tre o quattro giorni poteva essere pericoloso per il decorso della malattia».
Adesso invece?
«Intanto le Usca funzionano e anche i medici di base si sono organizzati. È fondamentale avere delle terapie sartorializzate per ogni paziente e collocare queste terapie al momento giusto della malattia».
Proviamo a spiegare meglio. 
«È riduttivo ridurre il Covid ai polmoni. La malattia ha uno sviluppo pienamente internistico, visto che a livello basico si tratta di un’infiammazione dell’endotelio, la sostanza che ricopre tutte le superfici interne di vasi sanguigni. Così il virus arriva all’intestino, ai reni, al cuore e ovviamente ai polmoni».
E adesso come si ferma?
«Con le terapie a disposizione che come dicevo debbono essere collocate nel momento giusto della malattia : c’è una prima fase virale, diciamo simil-influenzale e si combatte con sintomatici come il paracetamolo o gli anti infiammatori e gli antivirali. Si usa eparina solo se il paziente è immobilizzato e se ha polmonite».
Qual è il vantaggio dell’eparina?
«La sua proprietà anticoagulante oltre a quelle antinfiammatorie oltre ad una possibile azione antivirale. Il virus penetra nella cellula attraverso il recettore Ace2 che sta in stretto contatto con il recettore che usa l’eparina. Mettendo l’eparina in quel recettore è stata dimostrata un’azione antivirale impedendo al virus di penetrare nella cellula». 
Quindi in questo senso i farmaci vanno usati al momento giusto.
«Esatto. Se uso l’antivirale quando il paziente è in rianimazione ormai è inutile. Così come se uso il cortisone in partenza in un paziente che non necessita di ossigeno rischio di abbassare le difese immunitarie del paziente rendendolo maggiormente a rischio. Il timing dell’uso dei farmaci è fondamentale».
E se invece si manifesta la tempesta infiammatoria?
«Sono stati sperimentati farmaci usati contro l’artrite reumatoide. Debbo poi dire, ma è un parere personale che in fase precoce si potesse usare anche l’idrossiclorochina ma poi l’Aifa ha bloccato tutto».
L’assessore regionale Saltamartini aveva riaperto la questione. 
«Con il doppio pronunciamento dell’Aifa ci siamo fermati. Credo che se usato nella prima parte della malattia concorresse a spuntare il virus. Ma adesso siamo concentrati anche su altro».
State svolgendo anche ricerca?
«Abbiamo lavorato sul siero iperimmune ed attualmente l’unita di crisi di Marche sta presentando una proposta di trial all’AIFA sull’impiego precoce degli anticorpi monoclonali L’obiettivo è dare all’organismo una quantita elevata di anticorpi che agiscono contro la proteina Spike nella fase precoce della malattia per far abortire il decorso. Parliamo di infusione in un’ora di flebo. Così forniamo dall’esterno una enorme quantità di anticorpi per bloccare il virus».
Ha fatto il vaccino?
«Seconda dose sette giorni fa senza disturbi.

Ora potrò andare al lavoro mettendo da parte la paura che, seppur controllata, mi ha accompagnato in questo lunghissimo anno».

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