Marche, due settimane per la frenata Covid: ma in primavera è servito un mese di lockdown

Marche, due settimane per la frenata Covid: ma in primavera è servito un mese di lockdown
Marche, due settimane per la frenata Covid: ma in primavera è servito un mese di lockdown
di Lorenzo Sconocchini
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Giovedì 5 Novembre 2020, 08:22

ANCONA - Quanto tempo rimane per tentare una frenata d’emergenza? Quante settimane, o giorni, restano prima di riempire gli ospedali di Coviderie e far collassare la sanità marchigiana? Tutto dipenderà dagli effetti delle misure di contenimento dell’epidemia varate nelle ultime settimane dal governo nazionale e dal governatore delle Marche Acquaroli, di cui però non si vedono ancora gli effetti.

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A dieci giorni dal decreto con cui il premier Conte aveva dato un secondo giro di vite, con il coprifuoco nei ristoranti dalle 18 e la chiusura di cinema, teatri, musei e palestre, i contagi nelle Marche continuano ad avere una progressione impressionante, con un raddoppio settimanale dei nuovi positivi. Dopo l’apparente frenata di lunedì (431 casi, con un tampone positivo su 4), ieri c’è stata un’altra impennata, con 653 positivi su 2.267 persone testate (il 28,8%). 
Le trincee ospedaliere
Quanto tempo ci vorrà ancora? Quanto potranno resistere le trincee sanitarie che si stanno cercando di rinforzare negli ospedali? Per rispondere, può essere utile osservare l’andamento della curva dei contagi e dei ricoveri ospedalieri nelle Marche durante la fase 1, quando le prime restrizioni scattarono tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, con la chiusura delle scuole e il divieto di manifestazione pubbliche (deciso in anteprima da Ceriscioli) fino al lockdow totale in tutta Italia del 10 marzo, anticipato di 48 ore per Pesaro Urbino. Per piegare la curva dell’epidemia, servirono ben più dei 10-14 giorni di inevitabile effetto ritardato delle misure dovuto ai tempi d’incubazione del virus e ai giorni trascorsi tra i sintomi e la diagnosi con tampone. I contagi giornalieri continuarono ad aumentare per tre settimane fino all’inizio di aprile, quando per la prima volta la media su 3 giorni iniziò la discesa culminata poi il 28 maggio con il primo giorno senza nuovi casi nelle Marche.
La serrata totale
I ricoveri complessivi per Covid in fase 1 salirono fino al picco di 1.168 del 29 marzo (19 giorni dopo il lockdown), quelli in rianimazione toccarono il massimo con 169 posti di terapia intensiva occupati il 31 marzo (a 21 giorni dalla serrata). I positivi, saliti a oltre 3.700, cominciarono a scendere dopo il 7 aprile. Servì insomma un mese di clausura totale, inasprita per altro il 24 marzo dallo stop alle attività produttive non essenziali, per far cambiare il verso alle curve dell’epidemia.
Adesso ci risiamo, con un’ondata autunnale dei contagi che all’apparenza si mostra molto più alta che in primavera. Il 10 marzo, quando entrò in vigore in tutta Italia il decreto “Io resto a casa”, nelle Marche c’erano stati 85 contagi, i positivi erano in tutto 394, con 210 ricoverati, 54 in terapia intensiva. Ieri sono stati diagnosticati 653 nuovi casi, i positivi attuali sono quasi 8mila (7.500 dei quali in isolamento a casa), i ricoverati per Covid 452, con 54 posti di rianimazioni occupati. Ma nell’ondata di primavera, con i tamponi che scarseggiavano ed erano riservati solo alle persone con febbre o altri sintomi da sospetto Covid, era rimasto sotto traccia tutto il sommerso dei casi asintomatici, che ad ottobre ad esempio sono stati il 75% del totale. 
I marchigiani che nella fase 1 si erano contagiati con il Coronavirus, in gran parte senza neanche saperlo, sarebbero molti di più. Addirittura più di 41mila, sei volte tanto quelli diagnosticati con test molecolare fino a luglio, secondo primi risultati della campagna nazionale di test sierologici condotti tra maggio e luglio per aver un quadro più realistico della popolazione italiana coinvolta dall’epidemia di Coronavirus, anche in assenza di sintomi. Dunque le due ondate, quella di primavera e la marea che vediamo montare in questi giorni, non sono poi così differenti. Il problema, oggi come allora, è come farle abbassare. Nelle ultime due settimane, per arginare lo tsunami dei contagi d’autunno, si sono già affastellati sei provvedimenti, tra i Dpcm del premier Conte e le ordinanze del governatore Acquaroli. Risultati? Per ora non se ne vedono, i contagi aumentano in progressione (3.816 casi nell’ultima settimana, contro i 2.903 della precedente) e gli ospedali continuano ad affollarsi: ieri i ricoverati per Covid sono saliti a 452 (+25 in 24 ore), 54 dei quali (+1) in terapia intensiva. Una settimana fa erano in tutto 286, 39 in rianimazione. 
La relazione
Un trend difficilmente sostenibile, se l’onda dai contagi non si infrange sulla diga delle misure di contenimento.

Secondo le proiezioni contenute nella relazione sullo stato dell’epidemia inviata domenica scorsa dal Servizio Sanità della Regione al governatore Acquaroli, si prevede una crescita dei posti letto occupati nei reparti non intensivi con un fabbisogno, al 15 novembre, di circa 350 posti in più rispetto a quelli utilizzati al primo novembre, che erano già 369. E la stima previsionale prevede un trend di crescita a metà novembre che tende verso i 70-80 posti letto intensivi. In tutto, circa 800 ricoveri Covid.

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