Coronavirus, Ceriscioli rassicura le Marche: «Non siamo come la Lombardia: picco passato. Ma non molliamo»

Coronavirus, Ceriscioli rassicura le Marche: «Non siamo come la Lombardia: picco passato. Ma non molliamo»
Coronavirus, Ceriscioli rassicura le Marche: «Non siamo come la Lombardia: picco passato. Ma non molliamo»
di Martina Marinangeli
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Martedì 7 Aprile 2020, 09:26 - Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 17:20

ANCONA «Il picco è stato superato il primo aprile» e, nell’inclinazione della curva, il trend marchigiano dei contagi da Covid-19 «si discosta da quello lombardo per seguire più fedelmente quello cinese», che ha fatto registrare una discesa più rapida. Ma guai ad allentare le maglie delle misure restrittive, altrimenti si rischia di azzerare il risultato.



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A tracciare la parabola – dell’intera fase emergenziale, non solo dei contagi – è stato ieri il governatore Luca Ceriscioli, che in un intervento di quasi un’ora ha riassunto 26 pagine di relazione durante la seduta telematica del Consiglio regionale, iniziata con un minuto di silenzio per le 630 vittime marchigiane e, in generale, per le persone cadute sotto i colpi del virus. Dalla lunga disamina emerge una questione non di secondo piano: il sistema sanitario regionale ha tenuto di fronte allo tsunami coronavirus
 
«Siamo stati in grado, anche nel massimo picco e sforzo, quando avevamo 1.150 covid ricoverati, di non far trasferire nessun paziente fuori regione», rimarca il risultato il presidente. L’Assemblea legislativa non si riuniva dal 3 marzo ed ora che ha ripreso il via fa il bis con un secondo appuntamento calendarizzato per giovedì 9. Avrà ancora vita per almeno sei mesi, l’assemblea legislativa delle Marche, come pure il governo Ceriscioli, visto che ieri il premier Conte, nell’ultimo decreto varato per rilanciare l’economia, ha deciso il rinvio all’autunno prossimo delle elezioni regionali previste a fine maggio e anche delle amministrative, che nelle Marche erano attese in 17 Comuni, tra cui Macerata, Fermo e Senigallia. Decisione scontata. «Credo che difficilmente le regionali si potranno fare a beve», aveva detto già in mattinata Ceriscioli nelle sue comunicazioni ai consiglieri collegati online.
L’ospedale cinese
Tornando al Coronavirus, nonostante il contagio rallenti, Ceriscioli ha insistito sulla necessità di osservare le regole «perché appena si molla un attimo il virus è talmente insidioso da ripresentarsi come focolaio». È uno dei motivi per cui l’invio di medici cinesi per costruire un ospedale da campo a Torrette è stato bloccato dal governo cinese quando si è vista la capacità del virus di ripartire». Il sospiro di sollievo vero, le Marche possono tirarlo sul fronte dei ricoveri nelle terapie intensive, oggi 140, a fronte dei 170 raggiunti nell’acme del contagio. Il sistema, compresi i pazienti no-covid, sta gestendo 190 posti letto di terapia intensiva contro i 114 abituali. E affinché la sanità marchigiana torni a regime diventa fondamentale il nuovo ospedale alla Fiera di Civitanova: «Il Covid – è il punto di Ceriscioli – ha costretto tante persone a rinviare interventi e risposte: abbiamo bisogno di mettere in moto tutti gli spazi e le risorse per i malati ordinari». 
Tre sanitari morti
Il Covid Hospital di Civitanova invece «seguirà per intero i casi Covid, offrendo tutti i livelli di assistenza (intensiva e semi intensiva), così che il resto del sistema sanitario possa occuparsi delle malattia ordinarie e del recupero delle attività ferme». Ed è ancora «saggio mantenere una capacità di risposta, perché non possiamo escludere una ripartenza della epidemia». Per far funzionare tutto, fondamentale è stato e sarà ancora il lavoro degli operatori sanitari, che hanno pagato un prezzo altissimo – anche per la scarsità dei dispositivi di protezione individuale –, con «558 operatori sanitari positivi, di cui 3 morti, al 31 marzo», aggiorna il dato Ceriscioli. Per il personale sanitario, la Regione ha approntato uno «schema di bando per le aziende ospedaliere» affinché possano essere ospitati in strutture alberghiere anziché tornare a casa, rischiando di contagiare i propri cari.

Ora, il presidente ha chiesto alla dirigente del Ssr Lucia Di Furia «di concentrare le forze sulle case di riposo. Abbiamo visto che basta un caso positivo per un’espansione rapida». Argomento, quest’ultimo, che ha suscitato l’accesa reazione del consigliere e presidente della commissione Sanità Fabrizio Volpini, medico di base a Sengallia: «Alle Rsa dovevamo pensarci prima perché è lì che il virus ha fatto i danni peggiori», aggiungendo che «il territorio negli anni è stato desertificato sul piano della medicina generale e della prevenzione, ed è colpa della politica».

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