Il virologo Menzo: «Covid come a marzo. Non ci sono più zone immuni, le cautele fanno la differenza»

Il virologo Menzo: «Covid come a marzo. Non ci sono più zone immuni, le cautele fanno la differenza»
Il virologo Menzo: «Covid come a marzo. Non ci sono più zone immuni, le cautele fanno la differenza»
di Lorenzo Sconocchini
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Martedì 6 Ottobre 2020, 09:36 - Ultimo aggiornamento: 10:01

ANCONA - Il ritmo dell’epidemia ora è molto più sostenuto nelle province più a sud delle Marche, con una situazione ribaltata rispetto a marzo-aprile.

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Ne abbiamo chiesto i motivi al professor Stefano Menzo, direttore del Laboratorio di Virologia dell’azienda ospedaliera-universitaria Ospedali riuniti di Ancona, il centro di riferimento regionale per le analisi sul Coronavirus.
 
Che spiegazione dà? Può essere che nella provincia di Pesaro Urbino e anche in quella di Ancona, dove il virus nella fase 1 è circolato molto di più, si sia creata una certa dose di immunità diffusa al Sars-Cov-2, anche se non possiamo chiamarla immunità di gregge?
«No, direi che i motivi di questo differente andamento non sono legati a fattori immunitari, che hanno riguardato una parte trascurabile della popolazione, quanto piuttosto a una differente consapevolezza, legata all’esperienza diretta nella fase 1, dei pericoli che si corrono con questa epidemia».
Vuol dire che i marchigiani più risparmiati dalla prima ondata, possono essere stati indotti inconsapevolmente a comportamenti meno prudenti? C’è un effetto psicologico in questa diversa diffusione del virus nelle province marchigiane?
«Si, penso che la diversa epidemiologia sia unicamente dovuta al fatto che dove prima c’era meno contagio le persone stanno meno attente, quindi la causa è puramente comportamentale».
Avete fatto una stima della sieroprevalenza effettiva nelle Marche distinguendo tra le cinque province? I primi risultati della campagna nazionale di test sierologici condotta tra maggio e luglio stimavano per le Marche un rapporto tra casi diagnosticati e contagi effettivi di 1 a 6. I positivi reali nella nostra regione potrebbero essere intorno ai 50mila...
«Dopo la prima ondata i dati di sieroprevalenza nella popolazione generale, nelle cinque province, erano i seguenti: 5,04% per la provincia di Pesaro Urbino, 2,29% per Ancona, 1.88% per Macerata. 2,36% per Fermo e 0,74% per Ascoli. Basta rapportarli alla popolazione per avere una stima del numero assoluto di contagiati».
Calcolatrice alla mano, verrebbe una proiezione di 18.123 casi positivi in provincia di Pesaro, 10.791 in quella di Ancona, 5.609 in quella di Macerata, 4.101 nel Fermano e 1.533 nella provincia di Ascoli. Solo dopo la prima ondata, i marchigiani contagiati effettivamente sarebbero stati dunque più di 40mila.
Avete notato una diversa incidenza della diffusione del virus in base all’età?
«Non ci sono state differenze significative di sieroprevalenza tra le varie fasce di età quando le scuole erano chiuse, a parte un lieve incremento negli ultraottantenni, verosimilmente legato al fenomeno epidemiologico nelle Rsa. Quindi è chiaro che i bambini si infettano come tutti gli altri e hanno uguali potenzialità di infettare gli altri».
Può essere che, oltre all’immunità fornita dagli anticorpi al Coronavirus, stia operando un’altra forma di immunità, quella garantita dalle cellule T, la memoria di un passato contatto con qualcosa di simile al Sars-Cov-2 rimasta nel sistema immunitario?
«È un’ipotesi che definirei poco credibile, purtroppo suggerita anche da alcuni colleghi, che si rifanno al modello dell’influenza: in realtà non è probabile che abbiamo avuto contatti con virus simili, gli altri Coronavirus che circolano attualmente nell’uomo in Europa, almeno quelli noti, sono antigenicamente molto diversi».
I tamponi che state esaminando ora nel Laboratorio di Virologia di Torrette propongono una rappresentazione diversa dell’epidemia rispetto alla fase 1? C’è una carica virale differente, nella media dei campioni testati, in questa seconda ondata?
«Il virus è sempre lo stesso, come anche le cariche virali, a parità di situazione clinica. Adesso vediamo meno malati gravi per numero di infezioni solo perché riusciamo a fare tamponi a molte più persone e non solo ai malati come prima. Il numero di contagi quotidiani al momento (ma purtroppo tra un po’ cambierà) è circa 30-40 volte di meno rispetto alla prima ondata. Detto in altre parole: i numeri descrivono una piccola piramide compresa la base, mentre prima descrivevano solo l’apice di una grande piramide. Dobbiamo fare di tutto per non ricascarci».
Le cure ora sono più efficaci?
«Adesso le infezioni si curano meglio, quindi contiamo che la mortalità sia effettivamente un po’ calata, ma non certo perché il virus è diventato meno patogeno».
 

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