Il governatore Ceriscioli: «Se nelle Marche l’epidemia continua così devono chiudere tutte le scuole»

Il governatore Luca Ceriscioli
Il governatore Luca Ceriscioli
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Martedì 3 Marzo 2020, 03:05 - Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 07:11

ANCONA  - Se il premier Conte con una telefonata aveva cercato di fermare la sua ordinanza anti-contagio nelle Marche, ora che il governo ha accentrato tutte le decisioni sull’emergenza Coronavirus il presidente Ceriscioli è pronto a ricambiare il pressing, chiamando anche tutti i giorni al cellulare il ministro della Salute Robero Speranza, se l’estendersi del contagio da Coronavirus non dovesse arrestarsi. «Lo chiamo, lo chiamo - promette Ceriscioli - di solito risponde». Domenica il governatore aveva incassato con fairplay il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri che spacca in due le Marche, inglobando la provincia di Pesaro Urbino nella zona gialla con le regioni più colpite dall’epidemia da Covid-19, dunque con scuole chiuse e manifestazioni pubbliche vietate fino all’8 marzo, e lasciando in zona verde, senza particolari misure preventive, le altre quattro province, dal fiume Cesano in giù. 

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Ma ieri, nel suo briefing con la stampa, il presidente della Regione Marche ha chiarito che un conto è il garbo istituzionale con cui aveva accolto le decisioni del Governo, altro sono le convinzioni personali. «Avevamo chiesto di poter continuare l’attività di prevenzione su tutto il territorio regionale - ha ricordato il governatore -, riteniamo su basi scientifiche che fosse quella la soluzione migliore».

Impostazione sconfessata però da Palazzo Chigi. «Il Governo ha scelto di avocare a sé le scelte sulla gestione dell’emergenza Coronavirus e ha deciso, seguendo le indicazioni dell’Istituto superiore di sanità, di confermare le misure forti di prevenzione e contenimento dell’epidemia alla sola provincia di Pesaro Urbino - ha ricordato Ceriscioli -. Una scelta forte con cui il Governo si è assunto una grossa responsabilità, ma noi la legge la rispettiamo e agiamo di conseguenza». Ma per Ceriscioli la partita non è chiusa. «Io spero di sbagliarmi, spero che abbia ragione il Governo - ripete più volte -. Ma immagino che se la situazione nelle Marche dovesse mutare, ci saranno di conseguenza aggiustamenti da parte del Governo nelle scelte e nei provvedimenti». Ieri il numero dei contagi è salito da 35 a 38, con un bilancio per altro parziale, visto che in tarda serata c’erano ancora 25 tamponi da processare su casi sospetti. «L’attività che abbiamo già fatto, con le scuole chiuse per quattro giorni e le manifestazioni pubbliche sospese - è convinto il governatore - ci ha consentito di arginare il contagio. Ma nessuno sa dirci quando finirà questa emergenza, di sicuro non sarà una passeggiata, in Cina hanno instaurato il coprifuoco per contenerla».

Ma a quanti contagiati si dovrà arrivare nelle Marche per tornare alla carica con il Governo e chiedere misure radicali per tutta la regione? «Quando abbiamo fatto il confronto con Roma - ha riferito il governatore - io chiedevo di andare su criteri oggettivi.

In quel momento la provincia di Pesaro Urbino aveva un caso ogni 30 mila abitanti, la sera stessa eravamo a uno ogni 15 mila, mentre si discuteva il decreto è diventato uno ogni 12 mila, adesso non lo sappiamo. Nelle province più esposte di Emilia e Lombardia c’era un caso ogni 8mila e quindi ho chiesto al Governo di darsi una misura». E poi, insieme ad altri presidenti, Ceriscioli chiedeva zone-cuscinetto. «Se in una provincia ho una misura di prevenzione importante - spiega -, devo estendere la prevenzione anche alle province confinanti, anche se non ci sono casi di contagi, sempre in termini di contenimento. Il governo ha fatto la sua scelta. C’è stato un passo avanti rispetto alla misura precedente. Io sono convinto che sarebbe stato meglio un pò di più, loro ritengono un po’ di meno, speriamo di non aver ragione...».

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