Coronavirus. Le ripercussioni dell'infezione sull'economia: sarà peggio della crisi del 2008?

Le ripercussioni dell'infezione sull'economia: sarà peggio del 2008?
Le ripercussioni dell'infezione sull'economia: sarà peggio del 2008?
di Maria Cristina Benedetti
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Domenica 1 Marzo 2020, 08:24 - Ultimo aggiornamento: 17:56
ANCONA - La tempesta emotiva da Coronavirus va oltre le conseguenze di un’emergenza sanitaria, che in Italia per ora conta 29 morti e 1.049 contagiati, di cui 24 nelle Marche. A una settimana dall’esplosione del virus che arriva dalla Cina - effetto neppure troppo collaterale d’una globalizzazione che non risparmia neanche l’angolo più remoto del pianeta - sono evidenti i danni economici: -65% per abbigliamento e ristorazione, -40% per arredo e gli altri settori, con Piazza Affari che anche venerdì scorso ha chiuso in negativo, bruciando 21 miliardi e facendo segnare un -3,58%. E, mentre il ministro dell’ Economia Roberto Gualtieri invoca una «linea di equilibrio» tra il far ripartire il paese e la tutela della salute, c’è già chi lancia il sasso in uno stagno già prosciugato da un’emergenza economica senza fine: «Sarà peggiore del 2008, vedrete».

Il rallentamento 
Un virus prepotente come quella crisi dei derivati e del mercato immobiliare che allora sconquassò gli equilibri internazionale? Il prof della Politecnica Donato Iacobucci frena i catastrofismi. E premette: «Tutto dipende da quanto durerà questa situazione».

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E via con i dettagli e le dovute differenze: «Non credo che avrà un grosso impatto sul sistema manifatturiero. Inizialmente il timore era per l’approvvigionamento dei pezzi dalla Cina. Certo per il turismo e l’agroalimentare i rischi sono maggiori e le Marche su questi fronti sono molte esposte». Ma guai ad affondare il coltello: «La nostra terra vive di turismo estivo, quindi c’è ancora un margine di tempo per non disperarsi. Al momento, qualunque previsione può essere smentita. Ribadisco: dipende dalla velocità con la quale si tornerà alla normalità». Il prof, tuttavia, non nega un’evidenza, più preoccupazioni che allori: «L’Italia è fanalino di coda in zona euro nel 2019; ultima per crescita prevista nel 2020. Partiamo male: questo eventuale rallentamento si innescherebbe in una situazione già difficile». 

I numeri 
Dati no, solo stime. A ritoccare i contorni dell’economia regionale ai tempi del virus ci pensa la Cna. Allarme per turismo e strutture ricettive, con disdette delle prenotazioni tra il 40 e il 60%. Non va meglio nel settore dei trasporti che ha visto azzerare le gite scolastiche e d’istruzione, che erano il 40% del loro fatturato. «Dall’estero piovono disdette per un settore che conta 6.950 esercizi ricettivi e 346 agenzie di viaggio. Solo i servizi di alloggio e ristorazione incidono per il 3,5% del Pil regionale, con un giro d’affari di 1,3 miliardi di euro», rimarca il segretario Cna Marche Otello Gregorini. Che avverte: «Non bisogna cedere a un panico immotivato e generalizzato. Servono interventi urgenti».

Il piatto piange, ma Francesco Casoli non ci sta. Il presidente della Elica, leader mondiale nella produzione di cappe aspiranti, non intende evocare lo spettro del 2008. «Secondo me - spazza via le paure - non sarà peggio di allora. Perché la crisi non nasce da un capitombolo finanziario. Questa volta è generata da una paura atavica che non riusciamo a contenere, ma quando sarà superata - e sono certo che avverrà presto - si dimenticherà». Ribadisce lo schema del danno: «Ci saranno conseguenze per il turismo: i viaggi e le crociere patiranno a lungo. Altri settori invece ne usciranno avvantaggiati. Uno per tutti? Le vendite on line, in questo momento danno sicurezza». E le Marche? «Dal momento che hanno una vocazione turistica subiranno i riflessi negativi di questa storia, ma passata l’onda si deve correre ai ripari». Ripartire e subito è il suo mantra. «Dobbiamo convincere gli spagnoli e i tedeschi a tornare in Italia. Senza alcun rancore». Entra nelle pieghe del manifatturiero: «Chi è internazionale, come Elica, per continuare a operare non deve spostarsi, perché ha sedi e personale in tutto il mondo. Siamo favoriti rispetto a imprese meno strutturate che per lavorare devono prendere treni o aerei: la fase commerciale è anche fisicità». Risponde al Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che ipotizza una perdita di qualche decimale di Pil. «Io faccio impresa, guardo al di là. E poi non stiamo parlando della peste, né della Spagnola e anche dopo il crollo del 2008 il mondo è andato avanti». 

Sulla stessa linea - niente spettri e avanti in fretta - si assesta Claudio Schiavoni. Il presidente degli industriali non stravolge lo schema. «La crisi generata dal Coronavirus pungente come quella del 2008? Spero proprio di no». Identico canovaccio: «In questo momento di sicuro è il turismo a rimetterci. I danni si vedono subito: si alza il telefono e si dice, no grazie. La vacanza è disdetta e le prenotazioni crollano». Alla voce “manifatturiero”, introduce qualche sfumatura: «Ci vorrà del tempo per comprendere l’effetto che farà il virus sulle nostre produzioni. So di alcuni stabilimenti, qui nella nostra regione, che sono stati costretti a chiudere perché non arrivano i pezzi dalla Cina». Insiste sul fattore tempo. «Il rischio è alto se non si fa presto». Dunque non aspetta, agisce per mappare le ferite: «Come Confindustria abbiamo fatto circolare tra le aziende un questionario per capirne le difficoltà e il calo di produzione. Avranno tempo fino al 5 marzo per rispondere». 
Non fa distinzioni e invita a marciare compatti. Normalità va cercando, il presidente. «Siamo tutti sulla stessa barca». Grandi e piccoli, nelle acque agitate dal virus. 

Lo sfogo 
Dall’alto del Palazzo, la prospettiva non cambia «È sbagliato associare le due crisi: nel 2008 era strutturale, di sistema; questa no, inizia e finisce con la diffusione della malattia. Si risolverà molto prima». Converte i timori in speranza di farcela, e presto, Manuela Bora. Sì, l’assessora regionale non lascia tempo al tempo. «Stiamo già lavorando» e parla da presidente della Commissione attività produttive della Conferenza delle Regioni. «Mercoledì chiederemo conto al governo non solo delle misure che intenderà adottare - i 350 milioni per il made in Italy e i 300 per altri soggetti in difficoltà - ma soprattutto come intende muoversi sul tema dell’organizzazione collettiva». 
La tempesta emotiva da Coronavirus arriva oltre. Fino a Facebook che accoglie l’amarezza di Angela Velenosi, signora picena del vino. «In questi giorni - scrive in un post - sono in America, e osservo con tristezza come si è ridotto il nostro paese in questi giorni». Tagliente, lei: «Credo di non essere l’unica imprenditrice in questo momento che non dorme la notte pur di non arrivare ai licenziamenti. Purtroppo ci si trastulla tra ordinanze e fake news, senza rendersi conto, e soprattutto rendere conto, del danno economico che si sta creando a un paese in ginocchio. Povera Italia, la vera epidemia è l’ignoranza».
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