Telefonata Acquaroli-Speranza: niente sconti alle Marche, si resta un’altra settimana chiusi in zona arancione Covid

Il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli
Il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli
di Andrea Taffi
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Venerdì 27 Novembre 2020, 02:35 - Ultimo aggiornamento: 28 Novembre, 08:47

ANCONA - Ci speravano almeno un po’ al settimo piano di palazzo Raffaello. Che venerdì 27 portasse una buona notizia dopo la mazzata di due settimane fa. E invece bisognerà avere pazienza almeno fino al weekend del 4 e 5 dicembre: tradotto, le Marche si faranno un’altra settimana in zona arancione, in condizione di semi lockdown. Ecco perché.

Niente sconti per le nostra regione alla luce delle indicazioni che da palazzo Chigi state anticipate al governatore Acquaroli: sarebbe un rischio enorme che potrebbe portare all’estremo di un Natale in clausura. 


La telefonata nella mattinata


A rivelare il destino dei prossimi giorni al presidente della Regione è stata una telefonata avvenuta ieri mattina con il ministro Speranza. Prevale quindi la linea della prudenza in un contesto generale in cui contagi e ricoveri (e purtroppo vittime) continuano a correre. Anche se a ritmo meno sostenuto rispetto a due settimane fa. La riduzione della seconda metà di novembre è troppo lieve per poter aspirare una maggiore libertà. Acquaroli ha provato a rappresentare al ministro tutte le sue perplessità sull’opportunità del prolungamento della stretta. «Ci sono delle categorie che potrebbero non riaprire dopo Natale per l’onere dei debiti e dei mancati affari» è il senso degli argomenti presentati da Acquaroli a Speranza. Che per tutta risposta ha fatto capire all’inquilino di palazzo Raffaello come non basti solo la flessione dell’Rt - atteso a ridosso della soglia limite dell’ 1, forse anche sotto - per poter riaprire bar, ristoranti e palestre. All’altro estremo della corda tesa c’è il grande sforzo degli ospedali marchigiani, arrivati alla capienza massima della fase due del piano pandemico. Ora peraltro in pieno assetto riorganizzativo per la fase tre. In sostanza, non è bastato mettere a disposizione più strutture territoriali, attingere alla disponibilità di posti letto nelle cliniche private, monitorare un numero enorme di persone positive al Covid in isolamento domiciliare, anticipare ove possibile le dimissioni. 


L’aggiornamento dei numeri


Non è bastato, per dirla tutta, anche aggiornare la classificazione del numero dei ricoveri (scorporando i dati dei pronto soccorso e dei reparti di medicina d’urgenza), rivedere le somme dei posti in terapia intensiva con l’utilizzo per tre quarti dell’Astronave di Civitanova.

Troppo alto il ritmo con cui crescono i positivi, perimetro all’interno del quale, per forza di numeri, crescono anche ricoveri e pazienti che necessitano di cure intesive. Pare che Acquaroli non si sia dato pace ieri dopo il contatto con Roma alla luce della situazione degli esercizi costretti a tenere le serrande abbassate. Nè si è consolato con la situazione delle altre regioni: Speranza pare avesse detto che alcune regioni in zona rossa potessero scendere in zona arancione. 


Le parole del premier


Ma poi in serata, più o meno in contemporanea all’intervista del presidente del consiglio Conte andata in onda sul Tg5 («mi attendo molte regioni che dall’arancione passino al giallo» le parole del premier), le agenzie raccontavano di indiscrezioni non confortanti, ad esempio, per la Lombardia destinata a rimanere in zona rossa. «Capisco la prudenza, capisco le restrizioni e mi rendo conto che una settimana in più a contagi circoscritti sia decisiva per raggiungere un Natale più sereno - avrebbe detto Acquaroli al suo staff - ma consentire un minimo di mobilità tra province di regioni differenti, penso ai pesaresi che vogliono fare una passeggiata in riviera o viceversa, non penso che avrebbe creato situazioni di disagio». L’altro pensiero del governatore è per gli esercizi chiusi: «Una palestra di 400 metri con l’adeguato distanziamento non può essere luogo pericoloso. Anche i ristoranti hanno bisogno di lavorare». Ultimo capitolo per la scuola: i governatori hanno chiesto alcuni allentamenti. In particolare, nel corso della riunione i presidenti delle Regioni hanno chiesto «unanimamente» — come ha dichiarato il ligure Toti — di « procrastinare al 7 gennaio ogni riapertura della didattica in presenza per chi è ancora oggi in didattica a distanza».

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