Il ct Mancini tra paura e rabbia: «Quel mio amico d’infanzia a Jesi ora non c’è più». L'intervista completa

Il ct della nazionale azzurra Roberto Mancini
Il ct della nazionale azzurra Roberto Mancini
di Andrea Taffi
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Giovedì 2 Aprile 2020, 04:35 - Ultimo aggiornamento: 3 Aprile, 11:19

Roberto Mancini, com’è la vita del commissario tecnico della nazionale di calcio in tempo di Coronavirus?
«Come quella di tutti: sto a casa, faccio un po’ di cose di lavoro, un po’ leggo, guardo tv. Sono 23 giorni che va avanti così. Ventitrè giorni».

Sembra un leone in gabbia.
«Spero che finisca presto questa storia. Faccio veramente fatica, anche se dobbiamo aver pazienza e stare a casa».

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Da buon salutista si manterrà in forma.
«Faccio un po’ di tapis roulant. Pesi, addominali, esercizi a terra».

E l’amato paddle? Sarebbe l’ideale per scaricare.
«Niente, niente (tono disperato, ndr)».

Ovviamente neanche la bici, altra valvola di sfogo.
«In quarantena, pure quella. Poi a Roma è impensabile andare in bici».

Avrà allargato qualche interesse trascurato: film, musica, libri, cucina, giardinaggio. O messo a posto negli armadi.
«L’ultima è quella giusta. Ho messo a posto negli armadi che non ho mai riordinato. È quello che ho fatto fino ad oggi, adesso devo trovare qualcos’altro. È che quando sei così, non hai voglia di fare niente, ti demoralizzi».

Il suo rapporto con le chat di gruppo, uno dei grandi must di questi giorni in isolamento? La innervosiscono o le portano buon umore ?
«Mi divertono. Ce n’ho una con i compagni della Samp dello scudetto, un’altra con gli amici di Bologna, poi quella di lavoro. Con i ragazzi della Samp siamo legati da cose molto importanti, sono tutti scatenati, siamo cresciuti insieme, tra di noi possiamo permetterci di dire tutto a tutti».

Carlo Verdone ha detto: uno che mi fa sempre ridere è il governatore della Campania De Luca.
«Penso lo stesso. Devo dire che noi italiani in questi frangenti siamo straordinari, ma ho letto tanti meme divertenti. Del resto il momento è difficile, visto che quel che accade».

Lo smartworking del commissario tecnico della Nazionale? Il 27 marzo avreste dovuto giocare con l’Inghilterra.
«Ci eravamo portati avanti con il lavoro: dopo l’Inghilterra c’era la Germania. Poi stavamo preparando la Svizzera e il Galles, gli Europei. Abbiamo continuato le riunioni fino a un certo punto poi abbiamo bloccato tutto. Abbiamo ripreso con una riunione qualche giorno fa». 

Settato con le videochat?
«Devo dire che funziona, fino a dieci giorni fa andavamo bene. Poi tutto bloccato e adesso anche un po’ di noia. Ci tocca aspettare».

Ha fatto un po’ di pensiero parallelo sugli Europei nel 2021? Riavrà Zaniolo, per esempio.
«Adesso però non mettiamo tutta la responsabilità sulle spalle di Zaniolo. D’altra parte invece sì, speriamo di averli tutti a posto, i ragazzi avranno un altro anno di esperienza, questo è positivo».

Con i figli come va? Come gestisce la lontananza papà Mancini?
«Due li ho a Roma e stanno a casa, vivono da soli. Il terzo è a Miami nella nostra situazione. Preoccupato? Non più di tanto».

Qual è il pensiero che l’ha messa più in difficoltà (o le ha fatto più paura) in queste settimane?
Mi ha colpito una cosa e fatto inferocire: anche quando ormai eravamo tutti in casa, molti se la sono presa contro quei dieci runner che andavano in giro non pensando che c’erano dottori e infermieri che lavoravano da settimane e non avevano equipaggiamento per lavorare. Ancora oggi (calza il tono, ndr) ci sono operatori sanitari che lavorano in condizioni estreme, questa è una cosa assurda: siamo nel 2020. Loro sono i miei idoli».

Dal tono parla come se avesse testimonianze dirette dell’inferno degli ospedali.
«A Jesi è morto un ragazzo con cui giocavo da bambino, lavorava come volontario alla Croce rossa, credo che si sia infettato durante la propria attività di soccorso. Aveva 58 anni, era un mio amico. Ma ne sono morti altri. Sono incazzato nero: nel 2020 non può accadere questo, siamo stati colti impreparati».

Dovesse selezionare un’immagine di questi giorni incredibili?
«Leggo e ascolto tante testimonianze. E insisto: sapere che nel 2020 non abbiamo abbastanza camere di terapia intensiva mi fa pensare che siamo messi male, porca miseria. Sono scandalizzato».

Nei giorni scorsi il nostro giornale ha provocato i vecchi capitani d’industria delle Marche: lei morirebbe per un giovane? Mancini cosa avrebbe risposto?
«Che nel 2020 non possiamo trovarci a prendere queste decisioni. Le tasse si pagano, ci devono essere terapie intensive per tutti. Non si può arrivare a una scelta simile».

Che notizie le arrivano dalle Marche? 
«Che sono sotto pressione. Mi spiace per la zona del Pesarese che è la più colpita, vedo che Ancona regge anche se sta crescendo. Speriamo che si fermi l’onda. Anche perché perdere tutte queste persone è terribile, soprattutto i nonni. Sono la nostra storia, le persone che possono darti i consigli migliori». 

Lei era molto legato a Paolo Mantovani, il presidente dello scudetto Samp. Lui cosa avrebbe detto in un momento del genere?
«Mantovani era avanti 50 anni rispetto a tutti. Avrebbe dato consigli molto concreti».

Invece papà e mamma che combinano? 
«Loro devono stare a casa perché sono nella fascia più a rischio».

Qual è la prima cosa che farà quando finirà questa storia?
«Uscirò. Uscirò di casa e starò fuori per un bel pezzo. Sicuramente un periodo del genere, barricati in casa ci imparerà a valorizzare la libertà che abbiamo» . 

E la prima cosa che farà a Jesi, oltre ad abbracciare i genitori?
«Il bello è che non ci si potrà abbracciare. Bisognerà stare attenti, piuttosto. Di sicuro farò un lungo giro in bicicletta».

Ma dovesse scegliere tra i dolci di Zoppi, il filetto di Seta o gli spaghetti con le vongole di Marcello?
«Scelgo tutto, grazie». 

Dopo la tragedia di Scarponi, le malattie di Mijahlovic e Vialli è cambiato il suo rapporto con il dolore e la sofferenza?
«Io dico sempre che uno deve capire che la vita è una e bisogna apprezzarla per quel che ci dà ogni giorno. Uno ha tutto, è felice e non se ne rende conto».

La domenica va a messa: qual è la sua preghiera di questi giorni? 
«Purtroppo non si può andare neanche alla messa.

Ma la seguo alla tv. La preghiera è che tutto questo passi in fretta, sono morte troppi innocenti».

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