Ceriscioli: «Questa ormai è una vera e propria guerra. Ci servono altri medici al fronte»

Luca Ceriscioli
Luca Ceriscioli
di Lorenzo Sconocchini
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Domenica 15 Marzo 2020, 03:50

Governatore Ceriscioli, giovedì avete aggiornato il piano regionale per la gestione dell’emergenza, che fino a lunedì prevedeva 408 posti letto per affetti da Covid-19. Dieci ospedali interi destinati alla cura dei contagiati. Quanti posti letto si aggiungono?
«Impossibile dirlo ora, c’è uno stato di avanzamento continuo che ci porterà a ricavare tutti i posti disponibili negli ospedali per i pazienti positivi al Coronavirus. Man mano che si liberano spazi, con il trasferimento degli altri degenti, i posti aumenteranno».

Entro quanti giorni saranno tutti operativi?
«Noi impieghiamo il tempo strettamente necessario per liberare gli spazi e ricoverare altrove i pazienti non Covid. Contiamo di farlo in fretta, grazie anche all’accordo con le case di cura private che si sono messe a disposizione per il ricovero dei non contagiati. Siamo stati capaci in sole 24 ore di trasformare un ospedale come quello di Camerino ricavando altri 50 posti letto. Ma ci sono passaggi che non dipendono da noi»

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Quali? 
«Ci sono ancora ritardi negli approvvigionamenti di attrezzature sanitarie e dispositivi di protezione, che devono essere riforniti dalla Protezione civile. Speriamo che il nuovo commissario riesca ad accorciare i tempi. Non abbiamo visto ancora uno solo dei 120 ventilatori che dovrebbero arrivare entro domani per potenziare i reparti delle terapie intensive. Una prima trance di 38 era annunciata per oggi (ieri, ndr) ma la consegna è già slittata a lunedì prossimo, degli altri ancora non si sa nulla».


 

Nei giorni scorsi un grafico del ministero della Salute misurava lo stress a cui l’epidemia sta sottoponendo i vari sistemi sanitari regionali. Le Marche erano al primo posto con il 74% dei posti di terapia intensiva occupati da pazienti Covid. Seconda la Lombardia con il 61%. A che punto è ora la situazione? 
«I dati si aggiornano in continuazione. La situazione del mattino non vale più la sera, trasformiamo ospedali nel giro di una giornata perché l’epidemia ci impone tempi strettissimi. Vorrei che tutti capissero la portata epocale dell’emergenza, soprattutto i sindaci. Quello di Civitanova lamenta di aver saputo della trasformazione dell’ospedale solo a decisioni già prese. Con una pandemia in atto non è tempo di dibattiti e tanto meno di polemiche. Se può consolarlo anche la giunta regionale viene scavalcata nelle decisioni, sono i sanitari a dirci attimo per attimo cosa serve e noi ci adeguiamo».

State immaginando scenari anche più impegnativi? Si è parlato dell’utilizzo del VI piano di Torrette destinato al nuovo Salesi. Si parla di ospedali da campo, un armatore come Alberto Rossi ha messo a disposizione una nave da attrezzare come ospedale galleggiante.
«Sta già accadendo, davanti all’ospedale Marche Nord di Pesaro sono stati ricavati 30 posti aggiuntivi in astanteria in due tendoni. Se l’epidemia ci richiederà altri sforzi, utilizzeremo ogni possibile soluzione. Piuttosto serve una vera e propria chiamata alle armi per tutti i medici e gli infermieri anche in pensione». 

Non bastano più?
«Ne stiamo impiegando sempre di più e volgio ringraziarli tutti per l’impegno straordinario e la grande passione con cui si dedicano a questa emergenza. Ma è inutile che attrezziamo gli ospedali se non basta il personale. Faccio un appello a medici, specialisti e infermieri in pensione, perché stiamo davvero combattendo una guerra. Abbiamo fatto tutti i bandi per impiegare sia gli specializzandi che il personale sanitario in congedo, ma Marche Nord è riuscita a reclutare appena sei pensionati. Possibile che non ce ne siano altri?».

Non le chiediamo quando finirà questa emergenza, né quando inizierà la fine. Ma quando potremo sperare almeno, come disse Winston Churchill dopo la vittoria alleata in Egitto, nella fine del principio?
«La curva dell’epidemia purtroppo ancora non accenna a rallentare. Fino a ieri si ipotizzavano altri 4-5 giorni di passione prima del picco, speriamo di vedere presto gli effetti delle misure di contenimento. Ormai c’è poco altro da chiudere, ma possiamo fare ancora qualcosa controllando bene i luoghi di lavoro, al momento l’unica area a rischio di contagio. Abbiamo diffuso una check-list per monitorare il rispetto le misure di prevenzione. Dalla prossima settimana faremo controlli diretti».

Pesaro Urbino è tra le province più colpite. Come vive da pesarese questa situazione, come amministratore e come padre di famiglia? 
«Non posso permettermi alcun coinvolgimento emotivo. Io guardo alla situazione di Pesaro Urbano soltanto perché mi aiuta a orientarmi per capire cosa succederà nei prossimi giorni nelle province più a sud, che seguono il trend pesarese con un ritardo di sei giorni».

Il 28 febbraio il ministro Boccia la accusava di aver tenuto in ostaggio i marchigiani chiudendo le scuole e vietando manifestazioni. Non è tempo di rivangare, ma ha mai pensato che quei 2-3 giorni di ritardo nella prevenzione, con il balletto tra scuole aperte-chiuse, ora presenti il conto?
«Quella indecisione del Governo la paghiamo tutti, ma nessuno può dare la colpa a un singolo ministro o all’Esecutivo per qualcosa che è senza precedenti. Piuttosto utilizzerei quella lezione per il futuro. Chi pensa di avere tempo per discutere e dividersi, se ne ricordi».

Il Governo sta preparando un decreto per rinviare le elezioni regionali ad ottobre. Altrimenti i governatori gestirebbero un’emergenza sanitaria senza precedenti in campagna elettorale.
«Non è solo questo il problema.

La campagna elettorale è fatta di incontri pubblici, di confronti fra candidati ed elettori, che in queste condizioni sarebbero impensabili. In tempi normali rinviare un’elezione è anti-democratico, oggi sarebbe un servizio alla democrazia».

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