Tavio, primario di Infettivologia: «Terza ondata? Finiamo questa. I giovani vanno responsabilizzati, devono salvare il lavoro dei padri»

Tavio, primario di Infettivologia: «Terza ondata? Finiamo questa. I giovani vanno responsabilizzati, devono salvare il lavoro dei padri»
di Maria Cristina Benedetti
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Mercoledì 9 Dicembre 2020, 02:30 - Ultimo aggiornamento: 12:42

ANCONA - Responsabilità. La cura anti-Covid di Marcello Tavio ognuno l’ha dentro di sé. Il direttore della struttura complessa di Malattie infettive di Torrette, e presidente nazionale degli infettivologi, esce dalla quotidianità delle sue corsie. Per far passare la regola della strada. «Se i cittadini non collaborano è tutto inutile». 

 
Drastico. Tutti gli inverni l’influenza affolla gli ospedali e a gennaio c’è il rischio di una strage se, invece di chiudere la seconda ondata di Covid, facciamo partire la terza?


«Si parla in modo inesatto.

Non c’è bisogno di evocare una nuova ondata se non siamo ancora fuori da quella che stiamo vivendo».


Che può ancora riservarci sorprese? 
«Certo, può cambiare andamento, verso. Non intendo, con ciò che affermo, ridimensionare l’allarme. Tutt’altro. Al contrario, dico che non ci si può rilassare». 


E il sistema sanitario marchigiano come sopporta le sollecitazioni di un virus che continua a rialzare la testa?
«La domanda va rivolta a chi esercita la gestione: alla Regione, all’assessore competente». 


Allora torniamo sul suo terreno, di esperto. Mentre il dibattito sulla stretta da parte del governo è sempre più forte, dal Comitato scientifico e dalla maggior parte di infettivologi ed epidemiologi arriva l’avvertenza a non abbassare la guardia. 
«Non entro nel merito della politica, io sono un medico, un tecnico». 


Quindi? 
«Dico che nessuna stretta potrà generare effetti se le persone, individualmente, non adottano misure di sicurezza per sé e per gli altri. Si devono spiegare, a tutti, i comportamenti da adottare, questo si deve fare». 


Per evitare il più tragico degli scenari con l’arrivo del nuovo anno non c’è scelta: massimo rigore durante le feste.
«Ribadisco: conta molto di più fare appello alla responsabilità individuale piuttosto che introdurre soluzioni sempre più restrittive. Serve una grande opera di coinvolgimento collettivo. È necessario sensibilizzare i giovani».


Come? 
«Offrendo loro un obiettivo. Sollecitandoli a preservare il lavoro dei genitori, per esempio. Possibile che i figli dei baristi, dei ristoratori, dei commercianti non l’abbiano a cuore? Non è pazzesco?»


Il tasso di accortezza è ancora molto basso?
«No, ma non è ancora alto abbastanza. Quando sono in giro osservo che solo l’80% dei passanti indossa la mascherina, il 70% la porta in modo non del tutto corretto». 


Il luogo ideale per diffondere l’anti-virus della coscienza? 
«La scuola ha la grande occasione di sostenere questa operazione di educazione di massa. Quando può, deve restare aperta e contribuire a far passare i principi essenziali». 


È azzardato il passaggio di gran parte dell’Italia in zona gialla nel mese di dicembre? 
«Insisto: le misure socio-politiche non entrano nel cuore del problema. E poi che senso ha adottare misure sempre più coercitive senza una autoregolamentazione? Non ci si può lamentare di avere un governo autoritario se non si è in grado di avere responsabilità». 


I contagi in aumento: concorda con le previsioni dei 15mila morti entro fine anno? 
«Se il rifermento è ai decessi diretti, da Covid, direi che vanno riviste al ribasso».


In attesa del vaccino, siamo nella parte più buia del tunnel?
«È evidente che in assenza di una cura della malattia l’unico modo per venirne fuori è immunizzare le persone. Il vaccino. Ma a patto che sia di estensione mondiale. Tre sono i passaggi dai quali non si può prescindere». 


Li elenchi, prego.
«Devono essere progressivi, ordinati e in scala planetaria».


Insisto: ma in quale tratto del tunnel siamo? 
«Sono ottimista. All’inizio della pandemia s’era previsto di arrivare al vaccino in 12-24 mesi. Da allora è passato un anno, siamo nei tempi». 


Indica lo spartiacque? 
«Siamo vicini alla svolta. Sarebbe una beffa morire di Covid proprio adesso a un passo dalla via d’uscita».


Ma manca quel passo. 
«Appunto, ora più che mai serve tanta, tanta responsabilità».

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