Palaindoor no, per il maxi reparto da 100 posti di terapia intensiva ora si punta sull'ex Genny

Palaindoor no, per il maxi reparto da 100 posti di terapia intensiva ora si punta sull'ex Genny
Palaindoor no, per il maxi reparto da 100 posti di terapia intensiva ora si punta sull'ex Genny
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Venerdì 27 Marzo 2020, 06:38

ANCONA - Inciampa nell’ultima curva prima del traguardo il progetto di realizzare all’interno del Palaindoor di Ancona un maxi-reparto da 100 posti di terapia intensiva per l’emergenza Coronavirus. Non è solo una metafora, perché a mettere fuori gioco l’impianto sportivo delle Palombare sono state proprio le curve paraboliche della pista d’atletica, realizzate in legno e poggiate su martinetti che garantiscono stabilità per la corsa degli sprinter, non certo per medici e infermieri che spingono barelle con i malati di polmonite. Così ieri pomeriggio, dopo l’ultimo sopralluogo dei tecnici, guidati da Patrizia Arnosti, braccio destro del consulente della Regione Guido Bertolaso, si è dovuto prendere atto che dopo i due capannoni del porto e la nave traghetto messa a disposizione dall’armatore Alberto Rossi, neanche il Palaindoor è idoneo per realizzare la maxi-rianimazione in tempi da record, soprattutto per una questione di spazi insufficienti: bisognerebbe smontare la pista, per arrivare alla superficie richiesta, ma ci vorrebbe troppo tempo.

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Così già ieri sera i tecnici della Regione Marche stavano valutando altre soluzioni, «che possano garantire velocemente - si legge in una nota -, senza interventi strutturali importanti, un’area di 5.000 metri quadri sviluppata su un unico piano». La pista più calda, porta all’ex stabilimento Genny della Baraccola di Ancona, una struttura mista in cemento e acciaio un tempo tempio dell’alta moda, ora di proprietà di un fondo inglese. La Regione Marche aveva trattato l’utilizzo del capannone già in passato, per farne la sede dell’Assam, così ieri sono stati riallacciati in fretta i rapporti con gli emissari del fondo per concordare la realizzazione all’ex Genny della maxi-rianimazione, utilizzando tutte le procedure abbreviate consentite dal decreto Cura Italia per l’impiego in campo sanitario di strutture pubbliche e private.

 


Già oggi ci sarà un sopralluogo, sperando che non arrivi un’altra doccia scozzese come quella di ieri dal Palaindoor, che ha lasciato di sasso il governatore Ceriscioli. «Avevamo risolto in 24 ore tutti i problemi tecnici e procedurali, pareva fatta, invece abbiamo perso un altro giorno prezioso», la sua delusione. Il Palaindoor non ha la taglia adatta. Per i cento posti di terapia intensiva, corredati da depositi, spogliatoi, bagni con docce, locali tecnici, laboratori e persino una piccola camera mortuaria, serve un’area di 5.000 metri quadri su un unico piano. Dentro l’anello del Palaindoor ce ne sono 3.600, che si pensava di poter estendere utilizzando anche la pista d’atletica come piano calpestabile. Ma dal sopralluogo si è capito che bisognerebbe smontarla e ci vuole troppo tempo per rendere il pavimento omogeneo. Senza considerare che il tipo di fondo, che trattiene troppo lo sporco, è stato giudicato inidoneo all’uso sanitario. 

«Dall’esame di fattibilità svolto nel pomeriggio con un sopralluogo al Palaindoor - prende atto la Regione in una nota -, in base alle planimetrie e alla documentazione consegnata, il team di tecnici incaricati ha comunicato che neanche questa struttura può essere considerata idonea al progetto, in quanto i tempi necessari per l’adeguamento degli spazi alla collocazione dei 100 posti letto di terapia intensiva indispensabili per la regione Marche risulterebbero troppo lunghi rispetto alle attuali condizioni di emergenza».


Si riparte dalla casella iniziale, dal palazzone dell’ex Genny alla Baraccola, in quello che fu il quartier generale della casa di moda Girombelli. Se andrà bene, andrà riadattato con impianti come generatori di continuità elettrica, circuiti per gas medicali e per l’ossigeno, una climatizzazione con 12 ricambi d’aria l’ora, il cablaggio delle 100 postazioni di Terapia Intensiva da monitorare. Serviranno 12 milioni, per i quali il governatore Ceriscioli lunedì ha lanciato un appello agli imprenditori marchigiani. Intanto i tecnici stanno cercando la soluzione più adatta, ma non sembra facile trovare la quadra. 


Prima del Palaindoor, erano state accantonate altre possibili opzioni. I due capannoni del porto (ex Carbonile ed Tubimar, cartati dopo il sopralluogo di lunedì di Guido Bertolaso), poi anche la soluzione della nave ospedale da realizzare a bordo del traghetto Af Claudia messo a disposizione dall’armatore anconetano. C’era molto spazio, 6.500 metri quadrati , ma distribuito su sette ponti, una logistica che avrebbe ichiesto più personale sanitario, rispetto a una struttura allestita in un’area unica.

Poi la nave Af Claudia richiedeva una sostanziosa revisione, con impianti elettrici dedicati, adatti al tipo di strumentazioni delle Terapie intensive, un sistema di trattamento dell’aria certificato per il bio-contenimento, lavori per compartimentare la zona della nave destinata ai pazienti.

Altri problemi riguardavano il cablaggio delle postazioni monitorate, il trasferimento di pazienti da spostare in barella, il rifornimento di ossigeno, che avrebbe richiesto la presenza di cisterne sotto bordo. I tempi si sarebbero allungati e si andava oltre il budget di 12 milioni previsto dalla Regione.

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