Due mesi di blocco costeranno alle Marche tra i 2 ed i 3,6 miliardi

Due mesi di blocco costeranno alle Marche tra i 2 ed i 3,6 miliardi
Due mesi di blocco costeranno alle Marche tra i 2 ed i 3,6 miliardi
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Mercoledì 22 Aprile 2020, 05:10 - Ultimo aggiornamento: 09:17

Solo tre mesi fa il governatore Ceriscioli annunciava un risultato straordinario per l’economia marchigiana: non accadeva da anni che il Pil - prodotto interno lordo - aumentasse addirittura del 3%. Un dato da primi della classe in Italia. Poi è arrivato il Coronavirus e tutto è cambiato. Con lo stop delle attività più redditizie e maggiormente diffuse - manifattura in primis - le Marche hanno clamorosamente ingranato la marcia indietro: un disastro imprevedibile, con cui la regione dovrà fare i conti a lungo. Secondo l’indagine effettuata dalla Fondazione Marche sulla base dei dati Istat e sulle stime della Svimez, la perdita del Pil potrebbe variare tra il 5 e l’8%, che tradotto in cifre passa dai 2 ai 3,6 miliardi di euro.

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Due gli scenari ipotizzati: quello meno impattante ipotizza una variazione negativa in linea con la previsione di riduzione del Pil nazionale elaborata dall’Istat, mentre quello più pessimistico affiora dalle stime di impatto settoriale elaborate dalla Svimez nell’ipotesi di un blocco delle attività di due mesi. Cambia anche l’ipotesi di perdita del Pil pro-capite che, sempre seguendo queste due direttrici, varia dai 1.200 ai 2.400 euro. Scrive la Fondazione Merloni: «Nell’ipotesi pessimistica si scenderebbe ad un livello inferiore al punto più basso toccato nel 2013 dopo la crisi finanziaria internazionale e la recessione interna del 2011-2013. Per le Marche si tratterebbe di un valore pari all’85% di quello del 2007. Nel secondo scenario, meno pessimistico, la riduzione ci riporterebbe indietro di qualche anno, ai livelli del 2017». La forte dinamica di crescita del Pil regionale nel 2017 e 2018 è stata determinata per la gran parte dal settore manifatturiero che ha registrato una crescita significativa negli ultimi anni, mentre si è fortemente ridotto il peso delle costruzioni. 

Proprio per questo in termini assoluti il settore maggiormente colpito dall’emergenza epidemiologica è proprio il manifatturiero: Svimez stima un impatto negativo sul valore aggiunto regionali pari a -3,3%. «Per ogni mese di blocco delle attività nelle modalità fin qui sperimentate si può stimare una perdita di valore aggiunto di circa 500 milioni di euro. Seguono le attività immobiliari e le altre legate all’attività turistica; quindi il commercio all’ingrosso e al dettaglio». Nel caso delle attività artistiche, sportive e di intrattenimento - spiega il dossier della Fondazione - l’impatto del blocco è fra i maggiori in termini relativi (il 100% delle unità interessate) ma la perdita di valore aggiunto complessiva è contenuta in considerazione dello scarso peso di questi comparti sul valore aggiunto regionale. «Alcuni comparti produttivi sono sottoposti ad una situazione di blocco che non ha precedenti e che può metterne a rischio la continuità con conseguente dispersione di competenze e capacità produttiva oltre all’impatto economico. Per questa ragione è essenziale assicurare efficacia e tempestività alle misure di sostegno alle imprese e definire al contempo modalità che consentono di riprendere le attività in condizioni di sicurezza». 

L’emergenza epidemiologica ha imposto nei mesi di marzo e aprile 2020 il blocco di molte attività produttive.

Secondo le stime elaborate dalla Svimez lo stop delle attività produttive nelle Marche coinvolge circa il 59,3% delle unità produttive generando un impatto del 51,6% in termini di valore aggiunto, 56% del fatturato e interessa il 57,3% degli occupati. «Un ulteriore elemento di incertezza - sottolinea Fondazione Marche - sulle previsioni di crescita del 2020 è costituito dall’entità dell’intervento pubblico di contrasto all’emergenza e di stimolo alla ripresa. La dimensione di tale intervento non è però la sola variabile in gioco. Molto importante sarà anche l’efficacia della spesa in termini di tempestività e selettività degli interventi». 

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