Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 stelle, oggi a San Benedetto per promuovere la legge Salvamare: nelle elezioni Politiche del 2018, il Movimento 5 stelle prese oltre il 30% dei voti nelle Marche, risultando il primo partito per distacco. Che pronostico si sente di fare per la nostra regione in questa tornata?
«Non amo parlare di numeri, ma sento grande entusiasmo intorno a questo nuovo corso del Movimento. Abbiano un progetto serio per il Paese e vogliamo dare risposte ai cittadini che non riescono ad arrivare a fine mese, ai piccoli imprenditori che non riescono più a pagare le bollette, ai giovani che vivono con stupendo da fame e fanno fatica ad avere un mutuo per acquistare una casa».
In ogni caso, ci sarà una riduzione netta della pattuglia pentastellata, che solo nelle Marche, nel 2018, eleggeva 14 parlamentari. A cosa è imputabile questo declino?
«Non vedo nessun declino. Anzi, siamo una forza politica in crescita e in salute.
Giorgia Meloni ha avviato la campagna elettorale da Ancona parlando del modello Marche come esempio di buon governo del centrodestra. Cosa ne pensa?
«Se il modello è quello di candidare assessori regionali al prossimo Parlamento come sta avvenendo con l’attuale giunta, non mi sembra che la considerazione verso i cittadini marchigiani sia altissima. Andando sul concreto: ritengo che nelle Marche ci siano problemi rilevanti, che vanno ancora risolti».
Per esempio?
«Penso al depotenziamento della sanità territoriale e dei punti nascite, o al fatto che i cittadini di aree interne scontino maggiori difficoltà rispetto a chi vive sulla costa per quanto riguarda servizi e infrastrutture. Proprio su questi aspetti importantissimi con i governi guidati dal M5S sono stati avviati finalmente una serie di interventi che non devono essere ripensati o interrotti. La vostra regione sconta ritardi importanti, rispetto ai quali noi abbiamo cominciato a intervenire imprimendo un cambio di passo».
Il M5S, insieme a Lega e Forza Italia, ha fatto mancare la fiducia al governo Draghi, cosa che ha portato alla caduta dell’esecutivo. È ancora convinto della bontà di quella decisione?
«Noi ci siamo assunti la responsabilità di porre all’attenzione del governo delle questioni urgenti, come il caro bollette e l’aumento del costo della vita legato all’inflazione. Sono questioni a cui abbiamo la responsabilità di dare risposte. Ma queste risposte dal governo non sono arrivate. L’esperienza del governo Draghi è terminata semplicemente perché aveva già esaurito la sua spinta e non stava più dando le soluzioni di cui aveva bisogno il Paese».
Il tentativo di creare con il Pd un campo largo progressista alternativo al centrodestra è fallito: c’è margine per un’alleanza ex post?
«Preferisco guardare all’oggi e ai fatti concreti. Ed i fatti ci dicono che i vertici del Pd hanno voluto rompere l’alleanza il Movimento nel nome dell’adesione alla fantomatica agenda Draghi, che nessuno sa bene cosa sia. A me invece interessa un’agenda che mette al centro il lavoro, l’ambiente, la giustizia sociale».
Quali sono i tre punti fondamentali su cui si concentrerebbe la vostra eventuale azione di governo?
«Bisogna rispondere subito all’emergenza del caro bollette e da tempo chiediamo un nuovo scostamento di bilancio per dare respiro a famiglie e imprese. Poi sul superbonus vogliamo risolvere il problema della cessione del credito, problema che si è ingigantito a causa della contrarietà del governo Draghi a questa misura La nostra proposta è chiara: 9 euro lordi di retribuzione all’ora».
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