ANCONA - È il caso di mandare avanti una fusione, durata tre anni, che sul piano pratico ha funzionato limitatamente e che alla prima, vera curva è finita fuori strada? La madre di tutte le domande è idealmente sul tavolo di Confindustria Marche Nord in una serie di day after che dopo le dimissioni pre natalizie del presidente pesarese designato, Mauro Papalini consegnano alle cronache il prossimo bivio per l’associazione nata tra Ancona e Pesaro nel 2017.
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Partita con la legittima ambizione di diventare la piattaforma operativa di una nuova Confindustria Marche, prodotto della fusione delle cinque territoriali Marche Nord è partita zoppa per la defaillance di Macerata, ha perso pezzi per strada ed è rimasta sempre più impantanata fino al primo rinnovo delle cariche che doveva portare, secondo statuto, a un presidente pesarese. Dove, complice una coda di polemiche intestine che si trascinano sin dalla scorsa estate ha portato all’unica situazione che difatto non avrebbe dovuto saltare fuori: lo stallo. Per tutti questi motivi sono tornati in campo i probiviri confederali, più volte chiamati in causa in questa terribile fine anno per l’associazione (e non solo per Ancona Pesaro): la necessità di una guida esterna è palese. E così è successo: una lettera riservata inviata a tutto il consiglio generale di Marche Nord traccia la strada da seguire.
È una strada estrema come da mali estremi che in sostanza si traduce in un aut aut: le due territoriali decidano se andare avanti insieme oppure tanto vale rimanere ognuno nel proprio cortile.
I cinque che firmano la lettera prendono subito la scorciatoia e tracciano la roadmap al vicario Bocchini che ora diventa primo garante dell’ordine generale di quel che resta di Marche Nord. E più che soffermarsi sui giornali Roma centra il punto nervralgico della questione. «È sicuramente arrivato il momento di arrestare una deriva sempre più pericolosa - scrivono i probiviri - senza sbocchi e con effetti incontrollabili sul senso di appartenenza e di fidelizzazione delle imprese associate che sono oggettivamente disorientate, soprattutto perché non comprendono come la propria organizzazione di rappresentanza – peraltro in un fase drammatica della vita del Paese – sia bloccata da mesi su questioni personali, nella totale incapacità di esprimere una governance condivisa, autorevole e riconoscibile». Quindi la politica imprenditoriale non fa la politica. Segue un aspro richiamo alla riservatezza e poi i passaggi tecnici con i quali decidere se andare avanti o sciogliere tutto.
Bocchini dovrà avere uno «stretto e costante raccordo» con Roma e fare due cose: convocare la assemblee di Ancona e Pesaro in sedi separate e poi convocare l’assemblea di Marche Nord in cui con voto palese (sottolineiamo: voto palese) la base degli associati dovrà esprimersi se vuole la fusione oppure se le territoriali dovranno tornare a essere distinte. Emblematico l’invito finale sull’«impegno dei rispettivi opresidenti territoriali lavorare per il più ampio coinvolgimento delle rispettive basi associative per raccogliere ogni elemento di analisi e riflessione».