Confindustria, la fusione mai decollata dalle slide a Giordano

Confindustria, la fusione mai decollata dalle slide a Giordano
Confindustria, la fusione mai decollata dalle slide a Giordano
di Andrea Taffi
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Lunedì 28 Dicembre 2020, 12:14 - Ultimo aggiornamento: 12:26

L’infilata recente di figuracce di Confindustria risponde perfettamente all’idea di un tessuto economico che è sfuggito completamente ai meccanismi che una volta rendevano l’aquila degli imprenditori un porto sicuro e una garanzia istituzionale.

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Non c’è da stupirsi: con lo sfilarsi progressivo dei grandi capitani di industria che un tempo tiravano le fila dell’associazione (e avevano un grande controllo sul territorio) il tempo dell’incertezza ha aggredito gli asset consolidati diciamo intangible favorendo i colpi di scena e rendendo meno controllabili gli imprevisti di turno. Il processo di aggregazione sembrava aver svecchiato il rito delle liturgie interne dinamicizzando un’idea associativa che la crisi delle rappresentanze da dieci anno ormai aveva infiacchito. 

Le svirgolate

Ma è anche vero che le svirgolate hanno sempre fatto parte anche del nuovo percorso di Marche Nord.

Si narra che nel 2017 aspettando l’assemblea di Macerata che doveva ratificare l’alleanza a tre (Ancona, Pesaro e Macerata) i tre direttori generali si fossero riuniti per concordare le slide della nuova aggregazione. Morale: Macerata votò contro e rimase ai blocchi di partenza solo Marche Nord. Che pure un accordo l’aveva trovato: per i presidenti e per i direttori. Che i tempi stessero diventando difficili si capì quando Filippo Schittone, allora vice dell’avvocato Giordano, prese il volo per andare ad occupare la prestigiosa poltrona di direttore dell’associazione di Brescia. 

Il nuovo direttore

Con Giordano avviato alla pensione, per l’associazione c’era il problema di un nuovo direttore ma si ovviò con la cooptazione di Paola Bichisecchi. Poi ci fu qualche mormoriò ad Ancona quando fu proprio Mauro Papalini a chiedere la vicepresidenza nella nascente Camera di commercio delle Marche per l’uscente direttore Giordano. Schiavoni, allora presidente di Marche Nord in ragione del buon senso, fece buon viso a cattivo gioco soprattutto per i rapporti di buon vicinato. 

La giunta camerale

Ma Giordano il suo lavoro per Confindustria l’ha fatto: tre posti su otto nella giunta della Camera delle Marche sono sotto l’egida dell’aquila. E che il Cna Sabatini si prendesse pure la presidenza. Il vero problema di Ancona-Pesaro è che la fusione non è mai decollata: utilizzando una metafora informatica si è riunito il software, mai l’hardware. Una porta rimasta aperta, diciamo work in progress, che si pensava servisse per invitare Macerata, Fermo e Ascoli. In realtà visto che le cose non decollavano è servita allo stesso Giordano che l’anno scorso in posizione defilata ma sempre molto attenta ha preservato la dinamica società di servizi della territoriale pesarese e, soprattutto, ha spostato in Fondazione Confindustria Pesaro (di cui è Ad) il patrimonio immobiliare dei suoi stakeholders. In attesa della partita di ritorno da affidare a Papalini, ovvero la presidenza di Confindustria Marche Nord, per chiudere il cerchio dei favori. Proprio questo ha allarmato gli anconetani che per un’estate hanno fatto la guerra a Papalini perché Giordano intendesse. Hanno cercato tra i pesaresi un nome alternativo a quello di Papalini e quando non l’hanno trovato sono andati a Roma. Con il risultato di far planare Bonomi a Pesaro. Il resto è storia degli ultimi giorni.

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