I centri storici resistono con street food, tabaccherie 2.0 e farmacie. Ecco come rinasce il commercio dopo il Covid.

Un’analisi della Confcommercio svela i cambiamenti di negozi e servizi: avanzano le tabaccherie 2.0, i bed and breakfast, la telefonia. Polacco: «Sbagliato pensare che il cuore delle città si stia spopolando»

I centri storici resistono con street food, tabaccherie 2.0 e farmacie. Ecco come rinasce il commercio dopo il Covid
I centri storici resistono con street food, tabaccherie 2.0 e farmacie. Ecco come rinasce il commercio dopo il Covid
di Maria Teresa Bianciardi
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 2 Marzo 2022, 04:45

ANCONA - La ristorazione si è trasformata (anche) in street food e take away. Le strutture ricettive sono soprattutto Bed and breakfast, crescono le farmacie, i negozi dedicati al benessere, le tabaccherie 2.0 con servizi multipli per la clientela. Due anni di pandemia restituiscono ai marchigiani centri storici in fase di trasformazione, con il commercio al dettaglio che punta in direzione grandi magazzini ed i negozi di beni essenziali che si trasformano seguendo soprattutto le nuove abitudini dettate dall’emergenza Covid.

La fotografia in chiaroscuro scattata da un’analisi nazionale della Confcommercio descrive la seconda vita del cuore dei capoluoghi di provincia e di regione dove oltre alla cronica stagnazione dei consumi, si rilevano pure potenzialità. «Ipotizzare che i nostri centri storici siano tutti destinati a un ineluttabile spopolamento e desertificazione è una congettura sbagliata - sottolinea Massimiliano Polacco, direttore generale Confcommercio Marche - e contraddetta dai dati. Dentro le città ci sono tipologie di negozio che crescono, e anche molto».


Il dossier
Le dinamiche dal 2012 al 2021 raccontano che il - 16,4% del dettaglio in sede fissa nei centri storici si compone di perdite moderate dei negozi che vengono beni essenziali, come gli alimentari, o che offrono servizi sempre nuovi e più complessi, come le tabaccherie che gestiscono per i clienti anche servizi amministrativi e finanziari, oltre che vendere merci tradizionali.

Crescono i negozi di telefonia, computer e infotainment domestico e crescono le farmacie: salute e tecnologia sono poli attrattori dei consumi. «Il resto è in discesa, soprattutto i consumi tradizionali: cade il numero di negozi di abbigliamento, calzature, libri, giocattoli, mobili, ferramenta. Questi negozi escono dai centri storici, anzi quasi scompaiono, per trasformarsi nell’offerta delle grandi superfici specializzate fuori dalle città, oppure si riaggregano nei centri commerciali ultra-periferici».

I dati di Ancona sono emblematici: 260 esercizi di commercio al dettaglio nel centro storico nel 2012 che sono diventati 188 a giugno del 2021. Nelle altre aree della città sono passati da 879 del 2012 a 710 nel 2021.


Cosa è successo
«Una differenza notevole - sottolinea Polacco -. Ridotte anche le attività di altri prodotti per uso domestico in esercizi specializzati mentre sono in aumento le attività ricettive, bar e ristoranti nel centro storico che sono passati da 120 nel 2012 a 137 nel 2021 mentre nel resto della città sono leggermente diminuiti passando da 379 a 364». Il dato di questo comparto potrebbe sembrare positivo o in tenuta, sottolineano alla Confcommercio, ma bisogna considerare la frammentazione che c’è stata e anche la nascita di nuove modalità di fare impresa che sono state inserite in questo settore. A crescere per esempio sono le strutture di alloggio tipo B&B o appartamenti per soggiorni brevi o di altro genere, mentre gli alberghi veri e propri stanno subendo una stagnazione: una parte dei bar si è trasformata in esercizi con somministrazione (il permesso di tenere per esempio i tavolini all’aperto con maggiore facilità ha spinto in questa direzione) e la stessa cosa è accaduta alla parte di ristorazione in modalità take away. 


Le soluzioni
Secondo Polacco «servono interventi immediati per evitare la desertificazione commerciale e favorire l’integrazione dei servizi nei centri storici. Abbiamo ottime opportunità attraverso i fondi del Pnrr e le risorse previste dalla nuova Politica di coesione 2021-2027. Dobbiamo collaborare con le istituzioni per sfruttare al meglio queste possibilità».


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