Ceriscioli ha risposto al Corriere
«Non è l'Umbria, non mi dimetto»

Ceriscioli ha risposto al Corriere «Non è l'Umbria, non mi dimetto»
di Andrea Taffi
7 Minuti di Lettura
Sabato 20 Luglio 2019, 03:50 - Ultimo aggiornamento: 11:10
ANCONA -  Il Governatore Ceriscioli ha risposto alle dieci domande del Corriere Adriatico di ieri dopo l'esplosione dell'inchiesta sugli appalti truccati della sanità marchigiana. Di seguito le nostre domande e le risposte di Luca Ceriscioli.

 

1- Governatore Luca Ceriscioli, la Sanità era considerato il suo giardino di casa: nomine fiduciarie confermate al giro di boa, due direttori per l’Agenzia Sanitaria in quattro anni, riunioni tutti i lunedì con i direttori delle aziende, un componente del suo staff sulle liste d’attesa, un budget da 3,1 miliardi: non avendo dato deleghe sulla materia, politicamente quanto si sente responsabile di quanto è accaduto?

«Quello di cui s’è parlato è un avviso di garanzia, non ci sono fatti processuali nè condanne per il momento come in Lombardia, una regione a caso. La mia responsabilità politica è sulla sanità, se funziona o non funziona, la responsabilità penale - qualora venisse accertata una condotta illecita - non è trasferibile ad altri. Ma io sono fiducioso su esito del percorso e spero che si possa chiarire tutto quel che è successo».

2 - Sul modello di governance accentrato, mantenuto anche dopo la calamità del terremoto sopravvenuta tra 2016 e 2017, non pensa che sia stato un azzardo aver persistito in questa condotta di leader unico e solitario del settore più importante della Regione Marche?

«Io dico che abbiamo fatto delle scelte di politica sanitaria di grandissimo valore: la riforma che ha contemplato la chiusura di 13 ospedali trasformati in strutture territoriali non è una scelta banale; portare il sistema a riassumere personale fino al tetto non è una scelta banale; abbiamo fatto ripartire gli investimenti per decine di milioni: non è banale; abbiamo asciugato il mercato dei privati per metterlo nelle liste d’attesa: non è una cosa banale. L’impegno l’ho preso in prima persona: abbiamo riavviato progetti fermi da 5, 10, 15 anni, e anche 20 anni. Come promesso in campagna elettorale. Farlo da presidente è stato più facile che per il tramite di una persona delegata».

3 - Nelle ore successive all’Election day di quest’anno e visto il risultato delle Lega, lei aveva sostenuto su queste colonne che il Pd pur avendo centrato un discreto risultato, era chiamato a una rimonta «difficile ma possibile» verso le Regionali. Con un quadro sul quale si addensano pesanti nubi per la gestione della Asur non pensa che i suoi avversari politici oggi si trovino con la strada spianata?

«Vedendo cosa succede a Roma, al governo, con i 50 miliardi dei buco che hanno creato direi proprio che non pongo limiti alla Provvidenza. Voglio vedere come riusciranno a recuperare quei soldi. E credo proprio che dovranno chiederli agli italiani o comunque tagliare la sanità. E magari l’opinione della gente cambierà. Ora fanno il gioco al rimando ma la situazione si è fatta complicata. I tempi di questa politica sono strettissimi, vanno marcati giorni dopo giorno. Per non parlare del terremoto: hanno detto che avrebbero snellito le procedure e messo soldi aggiuntivi. Non solo non hanno snellito proprio niente ma non hanno messo neanche un euro sulla ricostruzione. Ecco perché non pongo limiti alla Provvidenza. La partita è ancora molto lunga». 

4 - Se le indagini o gli sviluppi delle verifiche della Finanza rivelassero che la condotta dei collaboratori scelti da lei per la gestione della sanità è stata in linea con le accuse fin qui affiorate, è possibile ipotizzare un suo passo indietro a una candidatura alle eventuali Primarie in vista delle Regionali 2020? 

«Ribadisco. Le eventuali responsabilità penali sono personali. Questo inizio di percorso inquirente, ha ben messo in evidenza che nella politica marchigiana si può contare su figure di grande onesta. Parliamo, peraltro, di cose che si capiranno nella loro completezza tra tre-quattro anni. Ma io non trovo la politica, non trovo sottosegretari indagati (riferimento al leghista Siri, ndr). Un secondo caso Umbria? Mi pare diverso. Faccio un distinguo: anche per l’Umbria parliamo delle cose affiorate per noi piccoli mortali. C’era un assessore indagato e il presidente coinvolto mi pare per una cosa minima».
«Tengo a sottolineare che non attacco la magistratura. Qui da noi, per il poco che sappiamo parliamo di ruoli gestionali non di politici. Le dico una cosa: io non sapevo che neanche ci fosse quella gara. So che non è credibile ma è così. Delle gare sento qualcosa ogni tanto di quanto inizio e di quando finiscono perché possono portare risparmi. Penso ai farmaci, la prima cosa che mi viene in mente».

5 - Fonti accreditate raccontano di un colloquio surreale martedì mattina - giorno successivo alla raffica di perquisizioni della Finanza - tra lei e il dg Asur Marini salito al settimo piano di palazzo Raffaello. Il manager avrebbe fatto un bel giro di parole ma non le avrebbe detto che era indagato e che aveva ricevuto la visita dei finanzieri a casa e in ufficio. Ma le pare possibile che accada una cosa simile tra il governatore di una Regione e il suo manager tecnico dal peso specifico maggiore, considerato che è a capo di un’azienda da 14mila persone? Come può non essere stato violato il rapporto di fiducia?

«Non voglio toccare aspetti della sensibilità personale. Diciamo che sono stato informato: non mi ha raccontato i dettagli ma il messaggio era arrivato».

6 - La proroga dei contratti dei manager a luglio 2018 non ha permesso di inserire la clausola promessa sugli obiettivi (in particolare sulle liste d’attesa) ma lei aveva garantito che se non fossero stati raggiunti i risultati nel raggio di sei mesi, il “patto tra gentiluomini” esistente tra lei e i direttori, avrebbe ugualmente decretato la fine dei rapporti di lavoro non efficaci. Ora, secondo fonti di partito, lei aspetta la prima mossa del suo manager: non le pare un atteggiamento eccessivamente attendista?

«Sa qual è il fatto: quando si va vicini a un obiettivo spesso non diciamo tutto. Sa dall’anno scorso quanti slot in più per gli spazi delle liste d’attesa sono stati messi a disposizione nelle Marche? Sono aumentati del 35%: posso lamentarmi con i dirigenti? tutti hanno tutti un pezzo di strada: la Asur il 20% Marche Nord il 40% l’Inrca il 100% Torrette il 200% Prima cosa facevano? Il percorso delle liste d’attesa non è un interruttore ma un iter: c’è voluto tempo per migliorare assetti e percorsi (penso all’aumento del personale, o alle prese in carico per escludere i malati cronici e oncologici) e poi siamo partiti negli ultimi mesi». 

7 - Il direttore Marini, indagato dalla procura di Ancona, fino a prova contraria, è innocente. Ma si rende conto che se il manager non si autosospendesse, diciamo così, aspettando gli eventi lei si ritroverebbe con un convitato di pietra in casa a cui dovrebbe forzosamente rispondere con una “non conferma” dal sapore di licenziamento?
 
«È chiaro che la decisione è molto ravvicinata, in questo tempo stretto valuterò tutto quello che succede: sviluppi dell’indagine, le scelte di Marini, le decisioni della Procura. E mi servirà tutto». 

8 - Le persone che ha scelto per farsi accompagnare sono finite spesso nell’occhio del ciclone: Di Stanislao alla Ars è sparito dopo un anno perché «non ascoltato», Volpini si è fatto da parte perché si è ritrovato la Fabbri che doveva sovrintendere alle liste d’attesa. Non le sembrano i contorni di una gestione molto precaria? 

«Sono cose diverse: Di Stanislao doveva occuparsi della revisione degli accreditamenti e per delle difficoltà si è dimesso. Volpini? Tutti sanno che la pensiamo allo stesso modo sulla sanità. Qui quando uno vede arrivare un politico intorno a me pensa sempre che cerchi sempre una vetrina. Giannini per il terremoto o Fabbri per la sanità agiscono a sostegno della mia azione, non vanno confuse con la governance. Mi aiutano e non hanno cercato uno spazio politico. Stimo Fabrizio e sono convinto che se avesse lavorato con Camilla si sarebbe divertito di più».

9 - Nel decreto di perquisizione, la Procura di Ancona ipotizza che ci fosse un maxiappalto da 200 milioni di euro che si stava cercando di aggiustare in favore della Coopservice di Reggio Emilia. Poi c’è un altro appalto che finisce a una controllata della Coopservice e poi un ex consigliere sempre di Coopservice che figura tra i referenti di una terza società che si aggiudica un terzo appalto. Non è un fianco scoperto a chi dice che nelle Marche vincevano sempre gli stessi?

«Quando ho saputo di questa storia ho chiesto informazione allo staff: ma chi l’ha vinta? Poi ho capito che era una gara ancora in corso. Se chiedessi l’elenco dei soggetti esterni che lavorano in Regione penso che ci saranno oltre 1000 ditte. Non sto dietro alla gare tantomeno a chi le vince visto che ci sono soggetti autonomi che se ne occupano». 

10 - Tre informative della Finanza prodotte al magistrato inquirente il 2 luglio scorso fanno precipitare gli eventi e si decide per le perquisizioni che fanno uscire l’indagine allo scoperto. C’è stato un motivo scatenante, probabilmente, di somma urgenza: lei e i suoi collaboratori delegati non avete ravvisato nessun tipo di anomalia nei comportamenti della Asur difronte a un quadro del genere?

«Noi non sappiamo cosa la Procura abbia in mano e non abbiamo gli strumenti che hanno loro. Non vogliamo giudicare l’attività dei procuratori come fa Salvini. Purtroppo sono tempi in cui un avviso di garanzia sembra una condanna definitiva. Siamo sicuri che i magistrati agiscano nel pieno della loro consapevolezza».
© RIPRODUZIONE RISERVATA