Maccheroncini tesoro di Campofilone, dall’arguzia delle vergare (percentuale uova e lenta essiccazione) alla produzione industriale

Maccheroncini tesoro di Campofilone, dall’arguzia delle vergare (percentuale uova e lenta essiccazione) alla produzione industriale
Maccheroncini tesoro di Campofilone, dall’arguzia delle vergare (percentuale uova e lenta essiccazione) alla produzione industriale
di Massimiliano Viti
3 Minuti di Lettura
Sabato 4 Dicembre 2021, 08:15

CAMPOFILONE - Campofilone e il tesoro dei suoi maccheroncini. Sarebbe l’ipotetico titolo di una favola che racconta la storia di questo borgo in provincia di Fermo, dove risiedono poco meno di 2.000 anime, divenuto famoso in tutto il mondo per la sua specialità gastronomica: i maccheroncini. Presenti sulle tavole dei contadini della zona fin dal ‘400, questa pasta è nata per non sprecare il surplus di uova della stagione estiva. I primi tentativi furono un insuccesso perché la pasta si spezzava quando veniva fatta asciugare. Allora ecco che è subentrata l’arguzia delle vergare: la “pannella” è stata tagliata in fili talmente sottili che superavano l’inconveniente.

Nacquero i maccheroncini, la cui produzione fu tramandata di generazione in generazione nelle case di Campofilone. Negli anni ’50 e ’60 iniziò la commercializzazione ma fu la sagra estiva, nata nel 1964, a diffondere il prodotto che nel 2013 divenne la prima pasta all’uovo in Europa ad ottenere la denominazione Indicazione Geografica Protetta.


Uova e manualità, sfoglia sottile 
Questa pasta si distingue visivamente dalle altre per la sottigliezza della sfoglia e il taglio finissimo. Un’altra peculiarità, non visibile, è la percentuale di uova utilizzata per l’impasto che è nettamente superiore a tutte le altre paste alimentari. La lenta essiccazione, a 40 gradi, conferisce al prodotto un’elevatissima resa in fase di cottura: mentre 250 gr di pasta generica corrispondono a 2 porzioni abbondanti, dallo stesso quantitativo di maccheroncini di Campofilone si ottengono 4 porzioni.


Il mercato 
«La richiesta del prodotto è costante.

Il mercato offre ancora molte opportunità e anche la pandemia, che ha costretto le persone a stare a casa e a cimentarsi con i fornelli, non è stata così penalizzante, anzi» afferma Giovanni Marilungo, titolare dell’omonimo pastificio fondato nel 1958. Spinosi e Marilungo sono stati i primi a credere nei maccheroncini. Poi sono arrivati anche Marcozzi, La Campofilone, PastaVale, Leonardo Carassai, F.lli De Carlonis, Corona. Segno di un business in salute. Complessivamente si stima che ogni giorno vengono prodotti 60-70 quintali di pasta al giorno dalle 8 aziende di Campofilone che danno lavoro a circa 50-60 persone. C’è chi ha scelto la grande distribuzione e c’è invece chi, come Marilungo, ha preferito rispettare la ricetta tradizionale senza compromessi. «Il nostro fatturato viene generato per il 90% dall’export (Germania, Spagna, Francia, Svizzera, Stati Uniti e Israele). In Italia i nostri migliori clienti si trovano a Roma, Milano e nel Veneto» osserva Marilungo che aderisce all’associazione produttori dei maccheroncini di Campofilone che ha come obiettivo quello di tutelare il prodotto da imitazioni diffuse soprattutto nella ristorazione.


I tre punti di forza 
Secondo lo stesso imprenditore i punti di forza dei maccheroncini sono tre: sono più economici di una qualsiasi pasta comune. Durante l’essiccazione (che impiega tra 24 e 36 ore), l’impasto perde il 40% del suo peso, che però viene recuperato durante la cottura. Sono più nutrienti perché nell’impasto non c’è acqua ma solo uova. Sono più buoni al gusto, grazie alla filiera italiana delle materie prime. Campofilone deve affrontare la sfida del ricambio generazionale se vuole proseguire la sua favola.


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