Barbara, la contrada non c’è più. I superstiti: «I camion a galla come barche»

Barbara, la contrada non c è più. I superstiti: «I camion a galla come barche»
Barbara, la contrada non c’è più. I superstiti: «I camion a galla come barche»
di Stefano Rispoli
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Sabato 17 Settembre 2022, 05:50

BARBARA  - Scavano a mani nude, gli “angeli del fango”. Qualcuno è armato di pala, altri si fanno bastare dei guanti. «Siamo venuti a cercare Noemi», dicono. Sono gli amici d’infanzia e di scuola della 17enne trascinata via insieme alla mamma Brunella Chiù, mentre tentavano di scappare in auto dalla loro abitazione, nelle campagne di Barbara. Contrada Coste non esiste più: il tratto più vicino al Nevola è stato cancellato dalla furia del fiume in piena, che ha raggiunto i 5-6 metri d’altezza, tanto da travolgere il ponte Mariani, uno dei tanti distrutti nell’alluvione, al punto da isolare il paese, rimasto senza luce, acqua e gas. «Ci diamo da fare - dicono i ragazzi - diamo una mano a Simone (il fratello di Noemi Bartolucci, sopravvissuto all’inondazione, ndr) a recuperare le cose. In casa ci sono documenti, portafogli, ricordi». Sotto il sole cocente che illumina i resti del disastro, si abbracciano, si fanno forza, mentre gli elicotteri sorvolano le campagne alla ricerca della studentessa scomparsa.  


I racconti 


Roberto Baraschi lavora in un supermercato a Corinaldo. Stava tornando a casa quando la sua auto è stata investita dallo tsunami sulla strada per Barbara. «L’acqua saliva e saliva...» racconta, sotto choc e ricoperto di fango. «Gli sportelli non si aprivano, così sono uscito dal finestrino e mi sono portato sul tettuccio della macchina». Lì ci è rimasto due ore, prima dell’arrivo dei pompieri. «Sentivo tutti urlare, intravedevo quel ragazzo aggrappato all’albero che gridava aiuto. Ma io non potevo fare niente. Era tutto buio, il ponte era sparito, sommerso dall’acqua che avrà raggiunto i 6 metri. Chi non c’era, non può capire cosa abbiamo vissuto». Gli abitanti della contrada che non c’è più sono tutti chini, a spalare fango. «Le auto galleggiavano, si vedevano solo i fulmini che si riflettevano nel mare sotto le nostre case», ricorda Donatella Petrolati. È la sorella di Massimo, titolare dell’azienda Map.

Il suo stabilimento, dove l’acqua ha raggiunto i due metri, è un cimitero di macchine agricole. «Non c’è più niente, è tutto distrutto - si dispera l’imprenditore - camion, saldatrici, schede elettroniche: tutto da buttare. Questi non sono danni da milioni di euro, questa è la mia vita. Avevo promesso a mio padre che avrei portato avanti la sua azienda fondata nel 1961 con tanti sacrifici. È tutto finito e se lo Stato non mi aiuta, qui chi ripartirà mai?». 

La devastazione di tre paesi


Da lassù, il borgo di Barbara guarda con pietà la devastazione della sua area rurale, un crocevia tra i comuni di Castelleone, Ostra Vetere e Arcevia. Ogni tanto scende un abitante, con galosce e guanti. «Posso dare una mano?». È la gara del cuore, della solidarietà per le famiglie che non hanno più niente. «Che ne sarà del molino?» si chiedono tutti. È quello di Paolo Mariani, che dà lavoro a molti giovani del paese. «Ero a casa - racconta l’imprenditore che vive sopra la sua creatura - alle 20,30 ho sentito un frastuono, mi son affacciato e ho visto un muro d’acqua che ha travolto il molino. Ho fatto in tempo a scendere e salvare il mio fuoristrada. I nostri camion galleggiavano come barche. L’acqua ha distrutto tutto, anche un carico di carta per la farina da 100mila euro arrivato il giorno prima. I danni? Inestimabili. È stata la fine del mondo». 
 

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