Bianconi (10 anni e mezzo di carcere) e gli altri: sei condanne su 12. Ecco chi ha affossato Banca Marche e i marchigiani

Banche Marche, sei condanne (e sei assoluzioni) per la bancarotta miliardaria. All'ex direttore generale Massimo Bianconi 10 anni e mezzo
Banche Marche, sei condanne (e sei assoluzioni) per la bancarotta miliardaria. All'ex direttore generale Massimo Bianconi 10 anni e mezzo
di Federica Serfilippi
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Martedì 24 Gennaio 2023, 02:35 - Ultimo aggiornamento: 18:33

ANCONA Sei condanne per il crac miliardario di Banca Marche. La più gravosa, quella inflitta all’ex direttore generale Massimo Bianconi: dieci anni e mezzo di reclusione. Ci sono volute quasi nove ore di camera di consiglio per far emettere al collegio penale di Ancona una delle sentenze più complesse e importanti, data la portata del processo, scandito da oltre 70 udienze, che il tribunale di Ancona ricordi negli ultimi anni. Alla fine, il crac della banca e della sua controllata Medioleasing è stato ricondotto al braccio operativo della gestione del credito. Ai sei imputati (in tutto erano 12) è stato riconosciuto il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione. 

Massimo Bianconi
 


Le pene


Il collegio, oltre a Bianconi, ha condannato Stefano Vallesi (ex direttore commerciale di Bdm e vice dg Area Mercato) a 9 anni di reclusione; Giuseppe Paci (capo servizio concessione crediti di Bdm) a 5 anni e 8 mesi; Massimo Battistelli (ex capo area crediti Bdm) a 4 anni e 10 mesi. Per Medioleasing condannati l’ex direttore generale Giuseppe Barchiesi a 7 anni e 6 mesi; e l’ex capo servizio commerciale Daniele Cuicchi a 4 anni e 6 mesi. Per quanto riguarda i reati di ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto, contestati dalla procura a vario titolo, è arrivata la prescrizione. Assoluzione per tutti e 12 gli imputati per il falso in bilancio: il fatto, hanno detto i giudici, non costituisce reato.

Dalla condanna per bancarotta delle due banche si sono salvati in 5, tutti ex componenti del Cda: Michele Giuseppe Ambrosini, Giuliano Bianchi, Bruno Brusciotti, Tonino Perini e Claudio Dell’Aquila. Sono stati assolti perché il fatto non costituisce reato. Paolo Arcangeletti (ex dirigente Bdm) assolto nel merito per falso in bilancio. Il collegio ha anche decretato il risarcimento alle parti civili da quantificare in separata sede.

Quelle costituite erano più di 3mila, tra associazioni di consumatori, azionisti, obbligazionisti, tre Fondazioni (Cassa di Risparmio di Jesi, Macerata e Pesaro) e risparmiatori. Un piccolo gruppo di beffati era presente alla lettura del dispositivo, letto dal collegio alle 17.47 di ieri. Assente in aula Bianconi.

 
L’iter


Quello di Banca Marche è stato un processo lungo, nato dalle indagini della Guardia di Finanza a partire nel 2013 e rafforzate dalla sentenza di fallimento della banca dichiarata nel marzo del 2016. Si è arrivati al verdetto di ieri a quasi cinque anni dal rinvio a giudizio degli imputati, che inizialmente erano 13 (Lauro Costa è nel frattempo deceduto). 
Nel corso del dibattimento la procura ha puntato soprattutto il dito contro le «concessioni di credito continuative e indiscriminate a soggetti non affidabili, perché non avevano le adeguate garanzie». Era stato ricordato come molte imprese fossero già «in difficoltà e in perdita (come quelle del gruppo Lanari) al momento dell’erogazione e della prosecuzione dei prestiti». E ancora, era stato tirato in ballo Michele Sindona: «Le condotte fraudolenti messe in atto sono molto simili, dal punto di vista strutturale e fattuale, a quelle della Banca Privata Italiana» aveva detto nella requisitoria il pool di pm. Ammonta a circa 400 milioni il valore delle linee di credito aperte e rinnovate finite nel mirino della pubblica accusa. Di circa 2 miliardi il default accertato e causa del fallimento di quello che era il principale istituto bancario della regione.


La strategia


La procura, inoltre, contestava una «strategia aziendale tesa a favorire un particolare segmento di clientela, prevalentemente legata da rapporti personali e, in alcuni casi anche economici, con il direttore generale Bianconi». Nel mirino delle concessioni del credito erano finite «istruttorie carenti», con delibere adottate in pochi giorni «senza considerare gli indicatori di rischio» e di fronte a garanzie non adeguate o supportate «da perizie non aggiornate» o da «valori sovrastimati». Emblematico il caso del Gruppo del costruttore Lanari: la procura è arrivata a rilevare come la banca era arrivata ad avere nel 2012 un’esposizione di 173 milioni di euro a fronte di soli 8 milioni di accantonamenti. Le difese hanno sempre respinto le contestazioni: non ci sarebbe stato dolo nelle condotte degli imputati. La crisi di Banca Marche sarebbe andata di pari passo con la crisi di mercato, legata soprattutto al comparto edilizio, laddove l’istituto era maggiormente esposto. 
 

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