Lo stop all'ingegnere è un caso politico. Quel patto anti-Meloni, più il curriculum light e lo sgarbo di La Spezia

Lo stop all'ingegnere è un caso politico. Quel patto anti-Meloni, più il curriculum light e lo sgarbo di La Spezia
Lo stop all'ingegnere è un caso politico. Quel patto anti-Meloni, più il curriculum light e lo sgarbo di La Spezia
di Andrea Taffi
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Mercoledì 16 Giugno 2021, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 08:50

ANCONA Che l’approdo di Matteo Africano all’Autorità portuale di Ancona non fosse una passeggiata di salute si era capito da un pezzo. Che le prime sbandate potessero arrivare già dai voti nelle commissioni parlamentari prima del decreto finale del ministro Giovannini invece no, questo non era nei programmi. Sono i prodromi del nuovo corso di Molo Santa Maria chiamato a stare sulla graticola sin dall’anticamera, visto che il nuovo presidente non si è nemmeno insediato. E non è un bel vedere considerato che Africano - per lo scacchiere del nuovo governo di centrodestra regionale - è anche la prima scelta, pardon intesa, pesante su cui il governatore Acquaroli si è esposto in prima persona.

 
I dubbi già espressi 
Scelta sul cui profilo il Corriere Adriatico aveva espresso i suoi dubbi in tempi non sospetti e che qualche settimana fa sono venuti a galla durante le audizioni: esperienze pregresse prevalentemente in campo urbanistico, consulenze dai contorni molto sfumati in materia portuale per agenzie di Singapore, un curriculum ritoccato a distanza dopo la sua esperienza nel comitato di gestione a Civitavecchia. E poi un dato da cui non si giudica un presidente di Autorità portuale ma che di certo andava negli occhi: quelle poche migliaia di euro dichiarate al fisco negli ultimi anni che prestavano il fianco alle critiche di statura professionale non eccelsa. Quali che siano le vicende personali, non bisogna comunque mai dimenticarsi che la matrice della candidatura di Africano resta squisitamente politica. Per cui oggi più che mai il filtro di quello che accade va accostato agli equilibri del governo Draghi, nel cui alveo è nata ed è maturata la scelta di Africano.

Una scelta blindata male e spiegata peggio, propiziata dai Cinque stelle, avallata da un ministro tecnico e condivisa da due governatori di Fratelli d’Italia, non poteva non finire in pasto alle polemiche alla prima curva del caso scoprendo sin da subito la sua natura di anello debole. E il caso ha presentato il conto al centrodestra quando Fratelli d’Italia con i sondaggi in ascesa in tutto il Paese ha scoperto gli alleati Lega e Forza Italia pronti a formare una federazione nuova di zecca pur di frenare la scalata di Giorgia Meloni come potenziale leader di coalizione. Anche per questo non stupisce che l’ordine di scuderia forzista (4 membri in commissione Lavori Pubblici del Senato) sia stato ieri quello di disperdere i voti nei rivoli quando si è trattato di dare un giudizio sulla nomina di Africano.

 
Le ruggini interne
Figuriamoci poi le quattro astensioni della Lega che da tempo aveva ammantato con il silenzio i commenti sulla scelta di Africano. Mentre dietro le quinte si sapeva benissimo che Rixi, l’uomo dei porti di Salvini, aveva già digerito la conferma di Giampieri a Molo Santa Maria. Ma trovarsi uno sconosciuto in casa poteva anche starci visto che il pallino era in mano ad Acquaroli. Il problema della Lega, secondo chi conosce di porti, pare sia stata un’altra nomina: quella di Mario Sommariva a presidente dell’Autorità Portuale del Mar Ligure Orientale. Scelta sgradita agli uomini del Carroccio che non avrebbero voluto l’ex segretario di Trieste e Bari a La Spezia. E per questo avrebbero aspettato il primo incrocio propizio per rendere la pariglia. Anche questo non è una novità: era successo in Abruzzo per la sanità dopo pochi mesi che Marsilio si era insediato. Magari sarà una tempesta in un bicchier d’acqua, magari invece sarà una cosa seria. Lo sapremo presto.

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