Rifiuti, inchiesta choc della Dda con l'ipotesi di corruzione. Indagata la Casini, coinvolto anche l’ex sindaco Piero Celani

La discarica Geta
La discarica Geta
di Lorenzo Sconocchini
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Sabato 19 Marzo 2022, 02:05 - Ultimo aggiornamento: 20 Marzo, 09:45

ANCONA - Un traffico illecito di rifiuti, che in sette anni avrebbe generato profitti per quattro milioni e 350mila euro, in danno dell’ambiente intorno alla discarica di Alto Bretta, in comune di Ascoli Piceno, dove pare si chiudesse un occhio e anche più quando arrivavano i camion a scaricare rifiuti speciali, anche pericolosi. E intorno un sistema di compiacenze che stando alle ipotesi d’accusa - ancora da dimostrare nelle opportune sedi giudiziarie - coinvolgeva politici locali e pubblici amministratori (il nome più in vista è quello della consigliera regionale del Pd Anna Casini, indagata per corruzione) beneficiati di favori e a volte denaro dalla società che gestiva la discarica, la Geta Srl dell’imprenditore ascolano Ivan Brandimarte, sede ad Ancarano, provincia di Teramo.

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In questo Risiko di favori si sarebbero “messi a disposizione” persino alcuni appartenenti alle forze dell’ordine appassionati di sport che pur di ottenere un generoso obolo per la loro squadretta di dilettanti avrebbero violato elementari doveri di servitori dello Stato.


Lo scenario
È lo scenario inquietante ipotizzato da un’inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Ancona, competente a indagare in tutte le Marche quando si profilano reati come quello contestato ai titolari della Geta Srl e ai presunti complici, ovvero l’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti.

L’indagine, condotta sul campo dai carabinieri e coordinata dal sostituto procuratore Paolo Gubinelli, specializzato in reati ambientali, è giunta al capolinea con la notifica dell’avviso di chiusura indagini (l’atto che in genere prelude alla richiesta di rinvio a giudizio) a 22 persone fisiche e due imprese. Oltre alla Geta Srl, figura indagata una società della provincia di Parma, la R.G.L., i cui titolari avrebbero agito da procacciatori di clienti per la discarica di Brandimarte, convogliando su Ascoli migliaia di tonnellate di rifiuti speciali prodotti in aziende di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.


La parte principale dell’indagine riguarda proprio il modo in cui la Geta Srl avrebbe gestito tra il 2013 e il 2020 un impianto di declassamento e smaltimento rifiuti pericolosi e una discarica autorizzata al conferimento di rifiuti pericolosi e non pericolosi (Rsu) in località Alto Bretta. I risultati delle indagini portano la Procura distrettuale di Ancona a concludere che gli amministratori della Geta Srl e un gruppo di loro collaboratori e consulenti «al fine di introitare guadagni illeciti pari a circa 4.350.000 euro» avrebbero gestito illegalmente rifiuti non pericolosi e pericolosi (in alcune occasioni anche radioattivi) presso il loro impianto. L’indagine tratteggia un contesto di sistematiche violazioni delle prescrizioni Aia (autorizzazione integrata ambientale), a partire dalla «assenza totale di controllo visivo dei rifiuti che accedono in discarica» e dalla mancanza di esame di radioattività con apparato mobile, da usare al posto di quello fisso mai entrato in funzione. Si contestano anche illeciti smaltimenti di rifiuti pericolosi “camuffati” come idonei all’abbancamento. 


Il reato associativo
Un’attività talmente sistematica da far ipotizzare alla Procura il reato di associazione per delinquere nei confronti dei titolari della Geta Srl e della R.G.L, nonché dei loro più stretti collaboratori. Per Ivan Brandimarti e la sua cerchia ristretta, c’è anche l’accusa di disastro ambientale, per aver realizzato una vasca della discarica in una zona di calanchi.


Ma indagando sulle discariche la Procura, grazie anche a numerose intercettazioni telefoniche, ha illuminato un contesto di presunti favoritismi in cui tra il 2017 e il 2020 sarebbero stati commessi reati contro la pubblica amministrazione, come la corruzione. Scambi di denaro o altre utilità che nella primavera 2019 avrebbero anche avvelenato il clima delle elezioni per l’Arengo, sede del palazzo comunale di Ascoli Piceno, con dossieraggi e tentativi di ricatto.

Nell’avviso di chiusura indagini il pm descrive un accordo realizzato «allo scopo di creare un contesto complessivamente favorevole alle attività della Geta Srl, ottenendo la disponibilità generica al compimento di atti non predeterminati, ma di volta in volta utili alla società, o idonei a superare problematiche inerenti l’attività della stessa».


Gli imprenditori indagati miravano a ottenere «un atteggiamento compiacente o almeno non ostile, da parte di appartenenti alla pubblica amministrazione e alla politica locale, tradottosi anche in condotte specifiche secondo le necessità dei privati e le specifiche competenze dei pubblici ufficiali».


A libro paga
Per questo sarebbero stati gratificati, in vario modo, una serie di personaggi pubblici. Anna Casini, nome di spicco del Pd marchigiano, fino all’ottobre 2020 vicepresidente della giunta Ceriscioli con delega all’Urbanistica e Infrastrutture, e tuttora consigliera regionale, avrebbe ottenuto, quand’era ancora al governo regionale, l’assunzione di un suo collaboratore politico, messo a libro paga con un contratto a termine tra il 2016 e il 2019 dalla “Prestige Auto”, società ritenuta satellite del Gruppo Brandimarte.

Secondo la ricostruzione della Procura distrettuale - che la consigliera regionale potrà confutare chiedendo l’interrogatorio entro 20 giorni - in questo modo la Casini (una carriera prima di ieri senza ombre) avrebbe aggirato l’impossibilità di ingaggiare il collaboratore come portaborse, visto che era gravato da precedenti penali.


Pietro Celani, profonde radici democristiane poi trapiantate in Forza Italia, influente ex sindaco di Ascoli tra il 1999 e il 2009, poi presidente della Provincia e dal 2015 vicepresidente del consiglio regionale, avrebbe ottenuto mille euro in contanti e beneficiato politicamente di un’attività di dossieraggio nella primavera 2019, quando Celani, candidato di liste civiche, tentò di nuovo la scalata a Palazzo dell’Arengo, sconfitto poi al ballottaggio dall’attuale sindaco Marco Fioravanti. 


La banca dati riservata
Il titolare della Geta Srl Ivan Brandimarte e il suo braccio destro Francesco Maria Zilio avrebbero ottenuto sottobanco informazioni riservate, tramite un poliziotto della Squadra Mobile di Ascoli, l’assistente capo Pietro Pagliacci, per mettere in cattiva luce svelando vecchie pendenze con la giustizia Cristina Farnesi, una miltante ambientalista contraria alla discarica Geta di Alto Bretta e candidata di Fratelli d’Italia con l’aspirante sindaco Marco Fioravanti.
La Farnesi riuscì a entrare in consiglio comunale, ma dopo due mesi fu costretta a dimettersi proprio per gli strascichi di quel dossieraggio e di un esposto presentato alla Procura di Ascoli, mentre è ancora in consiglio comunale Alessio Pagliacci (figlio del poliziotto accusato di aver maneggiato informazioni riservate) eletto nella lista Forza Popolare a sostegno di Celani. 

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