Il mangime in salvo
Racconta che le bestie che pascolavano all’esterno si sono trovate in un attimo in un lago d’acqua e melma, che è stata la pendenza del fienile ad aver salvato il mangime, quanto ai campi, ancora non riesce a valutare i danni. «L’unica certezza è che si è salvato l’orzo che abbiamo trinciato venerdì scorso. Quanto all’erba medica, il mais, il grano, ad occhio vediamo che ci sono file che mancano ma solo al momento del raccolto capiremo quanto questo violento acquazzone ci avrà davvero penalizzato». Danni comunque che, nella misura del possibile, pensa di avere “aziendalmente” limitato. «Perché - precisa Trionfi Honorati - con i cambiamenti climatici in atto, abbiamo moltiplicato sui terreni i canali di regimentazione che hanno aiutato a fare defluire meglio le acque. Anche se i fossi stradali, invasi da una vegetazione fitta e alberi anche alti, purtroppo non sono stati in grado di recepire ma questo è un’altra storia». Per modo di dire. Perché gli eventi estremi hanno fatto nascere la nuova consapevolezza che il ritorno ad ancestrali pratiche agricole non sia sufficiente. Ci vuole un nuova gestione dei paesaggi con un approccio globale anzi olistico.
La protezione
«L’obiettivo - entra nel merito l’assessore Andrea Maria Antonini - è promuovere azioni di protezione del territorio dal rischio di dissesto idrogeologico e favorire la conservazione del suolo contenendo i fenomeni erosivi e tutelando la sostanza organica. Azioni su cui sono stati pilotati 9 milioni di euro». Ma è il metodo che fa la differenza. Coinvolge comprensori e mette a capofila i Comuni che incentivano le aziende a riunirsi per creare aggregazioni di terreni e realizzare progetti di gestione. «In queste aree - precisa il dirigente delle politiche agroalimentari regionali Lorenzo Bisogni - sono stati programmati corsi di gestione, opere di ingegneria naturalistica per consolidamento di scarpate, piccole frane e argini dei corsi d’acqua ed interventi sulle strade vicinali o interaziendali». Le aree sono Offagna, Ostra, Apiro, Castelplanio, Cupramontana, Montecarotto, Treia, Recanati, Acquasanta Terme, Pollenza, Altidona, Appignano del Tronto, Montalto delle Marche, Petriolo. Politica che collima con la visione di Confagricoltura che recentemente ha proposto alla Regione Marche un progetto pilota per la gestione e mitigazione del dissesto idrogeologico nei terreni dei propri associati. Con il supporto del geologo Andrea Dignani, prevede degli accumuli idrici con bacini di pianura e laghetti collinari; la gestione dei fossi e delle aree di versante e delle aree di laminazione. «Il progetto - incalzano il presidente anconetano dell’associazione Antonio Trionfi Honorati e il direttore regionale Alessandro Alessandrini - riconosce agli agricoltori la valenza multifunzionale come presidio funzionale ed economicamente sostenibile e del loro ruolo per la corretta gestione delle risorse idriche, della manutenzione del reticolo idrografico e delle pendici collinari».
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