«La mattina del 1° gennaio mi sono svegliato eccezionalmente alle 8. È il primo anno, dopo più di 40, che non mi alzo alle 6 e non passo il Capodanno in ospedale accanto ai collaboratori e ai miei assistiti. Sì, infatti il tempo ha vinto, sono stato collocato in quiescenza per raggiunti limiti di età. È forse naturale in questi casi ripercorrere il passato. L’inizio quando, da poco laureato con il massimo dei voti, decisi di lavorare al Pronto Soccorso già allora vituperato e poco ambito dai giovani professionisti. Ho avuto la fortuna di incontrare colleghi più anziani pronti a svelarmi i piccoli segreti e le usuali manualità indispensabili al pronto soccorso, ma con le quali io, giovane accademico, avevo poca dimestichezza. Ma soprattutto colleghi disposti ad accettare le mie “corbellerie”: mi affannavo perché le anamnesi fossero più accurate così come la valutazione clinica in onore allo slogan “nulla è fatto se non scritto”.
Nella visita entrarono, oltre al tradizionale fonendoscopio, martelletto per l’esame neurologico, otoscopio, oftalmoscopio; l’elettrocardiogramma divenne la regola nell’assistito internistico, furono elaborati protocolli per uniformare i comportamenti e il ricorso agli specialisti si riduceva. Pensando a quegli anni mi tornano in mente gli “anziani” di allora: Ferdinando Corvaro il cerbero buono che si occupava dei turni di servizio; Flaviano Rabini sempre pronto ad intercettare i pazienti complessi per proteggere noi giovani; Giuseppe Romagnuolo, con il suo sogno dell’eliambulanza e del soccorso sul territorio; e infine, ma non ultimo Marcello Orlandini, il direttore, che assecondava tutte le mie “stramberie innovative”. Tutti ci hanno lasciato, ma porto con me per ognuno grande gratitudine e riconoscenza: se sono riuscito a realizzare qualcosa di utile per la nostra comunità, lo devo a loro e ai miei due maestri Giovanni Danieli e il compianto Carlo De Martinis.
La fase successiva fu di diffondere questa cultura nelle Marche e costituimmo un gruppo di lavoro guidato da Sofia Di Tizio, realizzando il famoso “libro giallo”. Intanto gli accessi ai pronto soccorso aumentavano, nella nostra realtà come in tutta Italia, e raddoppiavano ogni anno. Non era più possibile dare risposte in tempo reale e non era certamente etico seguire l’ordine di arrivo per la valutazione medica. Nei paesi Anglosassoni questo problema era stato risolto con i famosi codici colore di triage (rosso, giallo, verde, bianco) dove il rosso individuava il paziente in pericolo di vita e il bianco il paziente con problema banale.
Questa funzione ha subito un impulso importante nel ruolo e nella dimensione da quando nel 1994 ho assunto la direzione dell’unità operativa e soprattutto da quando ci siamo potuti trasferire nella attuale sede. Oggi ha assunto le caratteristiche di un’area assistenziale che realmente si colloca tra i reparti ordinari e le rianimazioni, con le caratteristiche organizzative ed operative dell’Intermediate Care Unit della letteratura anglosassone.
Ha mostrato tutte le potenzialità assistenziali e versatilità operativa nei momenti più difficili della pandemia grazie ai collaboratori medici ed infermieri disposti a rinunciare ai propri diritti pur di dare la miglior assistenza possibile: a loro va tutta la mia gratitudine anche per avermi assecondato nelle scelte che talvolta potevano sembrare azzardate. Il settore dell’emergenza-urgenza soffre oggi sicuramente per l’eccesso di richiesta, ma forse ancora di più per la difficoltà a collocare gli assistiti una volta stabilizzati. È necessario ripensare la risposta che l’ospedale riesce a dare all’area dell’emergenza, che è garanzia della sicurezza per chi è veramente malato e in quest’ottica va salvaguardata.
Quello che talvolta mi angoscia in questa fase della vita è di non poter più scendere in trincea con i miei collaboratori e affrontare le difficoltà fianco a fianco come tante volte in passato; mi conforta tuttavia il sapere che lascio il Pronto Soccorso (ormai da due anni diretto dalla dottoressa Susanna Contucci) e la Medicina Interna d’Urgenza e Subintensiva (da oggi diretta dalla dottoressa Cinzia Nitti) in mano a professioniste competenti. Il mio desiderio? Avere opportunità e capacità di contribuire a far si che l’emergenza sia più efficace per il cittadino e più vivibile per quanti ci lavorano».
* Primario uscente della Struttura complessa Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza
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