In 3mila ad Ancona per la Meloni: «Marche, che esempio. Qui abbiamo dimostrato che possiamo governare»

In 3mila ad Ancona per la Meloni: «Marche, che esempio. Qui abbiamo dimostrato che possiamo governare»
In 3mila ad Ancona per la Meloni: «Marche, che esempio. Qui abbiamo dimostrato che possiamo governare»
di Martina Marinangeli
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Mercoledì 24 Agosto 2022, 01:05 - Ultimo aggiornamento: 10:42

ANCONA - Arriva alle 18:20, con il canonico quarto d’ora accademico di ritardo. Parla per quasi un’ora, arringando una piazza Roma gremita di gente. Almeno 3mila persone accompagnano ogni passaggio del suo discorso con applausi scroscianti, al grido di «Giorgia Giorgia». È lei, Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia che ha scelto proprio Ancona per dare avvio alla campagna elettorale.

E non è una campagna elettorale qualsiasi per colei che viene data come favorita per il ruolo di premier.

Perché il kick off marchigiano, dunque? A spiegarlo ci pensa la diretta interessata dal palco allestito già nel primo pomeriggio e blindato dalle forze dell’ordine. «Sono voluta partire da Ancona non a caso - puntualizza -: in certi salotti dicono che non abbiamo classe dirigente all’altezza di governare l’Italia. Invece in regioni come le Marche abbiamo dimostrato di saper fare quello che la sinistra non ha fatto per decenni. E questo perché c’è chi parla e c’è chi fa».

Le scuole

Ma i riconoscimenti per l’operato del governatore Francesco Acquaroli (suo fedelissimo di lunga data) e della giunta di centrodestra non si limitano ad un generico apprezzamento. Un esempio su tutti per declinare nel concreto il concetto di buon governo marchigiano, lo fa sulle scuole: «Mentre loro compravano i banchi a rotelle, qui Acquaroli - che è uno dei migliori di noi - con la sua squadra metteva nelle aule gli impianti per la ventilazione meccanica controllata (per abbattere la circolazione del Covid in ambiente chiuso, ndr). Le Marche sono state pioniere in questa sperimentazione e gli studi hanno dimostrato che avevano ragione». 


I temi


Mentre sciorina i temi forti della sua campagna elettorale, riempie il palco come una performer navigata, lasciandosi andare anche all’autoironia. Come quando, durante la lunga orazione, stava alzando il braccio destro per enfatizzare un concetto, salvo poi fermarsi ed esclamare in romano doc: «Oddio, che mano è? Famme sta attenta», scherzando sulle critiche degli avversari che la tacciano di retaggi fascisti. Dai rapporti con l’Europa - «che dovrebbe pensare meno a come si cucinano gli insetti e più a tutelare i suoi cittadini» - al price cap energetico, passando per il rilancio delle imprese e l’immigrazione. Tema, quest’ultimo, su cui si lancia anche in una battuta all’indirizzo della ministra dell’Interno «Lamorgese, reincarnazione di Caronte». C’è poi spazio per una replica al suo principale competitor in questa tornata elettorale, il segretario del Pd Enrico Letta, in merito alla polemica sulle devianze giovanili: «La Meloni dice che gli obesi sono dei deviati? Io sono stata bullizzata da ragazzina per questo. Un obeso è deviato? No, voglio cercare di aiutare chi ha disturbi del comportamento alimentare. Mi ha salvato lo sport, lo sport ha salvato un sacco di gente».

Il video

Un lungo passaggio lo dedica infine alla bufera che in questi giorni si è abbattuta su di lei per la pubblicazione del video dello stupro di Piacenza. «È già partita un’indagine come se il video l’avessi girato o fossi stata io la prima a pubblicarlo». E nel sottolineare questo, Meloni ha ricordato un altro video, quello che mostrava l’omicidio dell’ambulante nigeriano Alika a Civitanova, «reiteratamente pubblicato senza essere oscurato; il video di un uomo che moriva. Perché qualcuno non ha pensato di far partire avvisi di garanzia per un video di un uomo che moriva? Spaventoso quando ti rendi conto che se una cosa la fa uno di sinistra va bene, se la stessa cosa la fa uno di destra, rischia di finire in galera». Chiusura di rito con tutti i candidati di FdI con lei sul palco, mano sul cuore sulle note dell’Inno di Mameli. Se ne va in fretta come è arrivata. La piazza inizia a svuotarsi. Una decina di contestatori sfoggia cartelloni con slogan come «non ho paura dell’immigrato, mi fa paura il patriarcato».
 

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