Ancona, la Lampedusa silenziosa sulla rotta dei Balcani: fino al 2018 venivano intercettati 2.500 clandestini l'anno

Ancona, la Lampedusa silenziosa sulla rotta dei Balcani: fino al 2018 venivano intercettati 2.500 clandestini l'anno. Foto tratta da Wikipedia
Ancona, la Lampedusa silenziosa sulla rotta dei Balcani: fino al 2018 venivano intercettati 2.500 clandestini l'anno. Foto tratta da Wikipedia
di Lorenzo Sconocchini
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Mercoledì 11 Gennaio 2023, 04:45 - Ultimo aggiornamento: 11:56

ANCONA Questo adesso è un porto sicuro, dove i migranti del mare possono toccare terra accolti da viveri e coperte, vaccini e medicinali, braccia aperte alla speranza. Ma per quasi vent’anni nelle banchine d’approdo sotto il colle del Guasco è andata in scena la drammatica rappresentazione di una Lampedusa silenziosa, dove quasi ogni giorno si dipanavano “Storie di questo mondo”, come raccontava in un film del 2003 il regista Michael Winterbotton, ripercorrendo l’odissea di due ragazzi partiti dal campo profughi di Peshawar in Pakistan per arrivare in Europa.  


Curdi e afgani


Di parabole umane così, il porto di Ancona ne incrociava almeno duecento al mese, visto che fino a tutto il 2018 polizia di frontiera e guardia di finanza intercettavano tra i 2.300 e i 2.500 clandestini l’anno. Prima i profughi dell’ex Jugoslavia, poi iracheni di etnia curda, afgani, iraniani, cingalesi ed egiziani, figli di terre senza pace e senza fortuna. Cercavano di entrare in Italia avvinghiati ai semiassi o ai longheroni dei telai dei tir. Legati con le cinghie dei calzoni o aggrappati con la forza delle braccia e della disperazione. Ragazzi-ventosa che a volte morivano maciullati sotto le ruote di un camion, profughi morti di stenti e d’asfissia, intrappolati nella stiva di un traghetto sulla rotta Patrasso-Ancona. Storie quotidiane di vite sospese, almeno fino a quattro anni fa, prima che la rotta balcanica dei migranti piegasse più verso nord, preferendo la terra al mare e puntando al confine tra Slovenia e Italia, ai varchi di Trieste e Gorizia.


Sangue sull’asfalto


Nella placida Lampedusa che guarda l’Adriatico c’è chi è morto quando pensava di avercela fatta, come il ragazzo curdo che il 24 gennaio 2002 venne trovato maciullato sull’asfalto di via Conca a Torrette, caduto dal semiasse di un camion appena sbarcato dal traghetto Ellenic Spirit: i gas di scarico l’avevano stordito, facendogli perdere la presa.

Si moriva per mano dei compagni di viaggio, come toccò al pakistano Ahmed Arfan, poco più di 20 anni, soffocato nell’intercapedine di un tir olandese di passaggio al porto il 29 ottobre 2004 perché si lamentava mentre il camion era alla dogana e gli altri profughi per paura di essere scoperti gli tapparono la bocca fino a soffocarlo. Una scia di lutti con il suo piccolo martire: Arab Khalil Khalid, 15 anni, morto il 22 gennaio 2008 dopo essere entrato in Italia passando per il porto di Ancona: s’era legato con delle cinghie al semiasse di un Tir, ma venne straziato. Se ne accorse un automobilista che seguiva il camion, arrivato ormai a Forlì, il piccolo profugo sembrava un grosso straccio impigliato all’albero di trasmissione. Più o meno la sua stessa età aveva lo sventurato Shayan, afgano di 16 anni asfissiato il primo dicembre 2010 sul traghetto Cruise Europa. Il Tir che aveva scelto insieme a un altro ragazzino per nascondersi durante il viaggio da Patrasso, accovacciati in un enorme rotolo di rame, era parcheggiato nella stiva sopra la sala macchine. La temperatura salì, trasformando il nascondiglio in una fornace. E si moriva persino a Natale, come toccò nel 2018 a un 24enne clandestino trovato agonizzante a Torrette, maciullato dalle ruote del Tir a cui si era avvinghiato.

Tra le lattine di olive in salamoia


Viaggiavano sui traghetti nascosti tra le lattine di olive in salamoia. O stipati in 12 nel portabagagli di un pullman. Persino stretti in una gabbia di metallo coperta da grosse pietre, pagando un ticket medio di mille euro ai trafficanti di uomini. Poi, allo sbarco, si aggrappavano ai tir sperando di passare la frontiera. Ne arrivavano così tanti, di irregolari, che alla Polmare lavorava una squadra specializzata anti-clandestini, affiancata dalla Guardia di finanza e dal personale della Dogana. Sei per ogni turno, i poliziotti cercavano di combinare umanità e rispetto delle leggi sull’immigrazione. Adesso quella squadra non serve più. Di clandestini, nel 2022, ne hanno fermati sì e no una ventina, soprattutto con passaporti falsi, e l’ultimo arresto per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina risale all’estate scorsa. La Lampedusa silenziosa non è più qui e adesso i migranti non devono nascondersi.
 

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